Dalla Catalogna a Minsk passando per la Polonia: storia dell'inno dell'opposizione bielorussa

Manifestanti vs polizia nel giorno delle presidenziali a Minsk, Bielorussia, il 9 agosto  2020
Manifestanti vs polizia nel giorno delle presidenziali a Minsk, Bielorussia, il 9 agosto 2020 Diritti d'autore AP Photo
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Di Naira Davlashyan
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Una canzone antifranchista composta in Catalogna è diventata l'inno dell'opposizione a Lukashenko in Bielorussia. Com'è possibile? E cosa c'entra Solidarność in Polonia? Vi raccontiamo la storia de "L'Estaca"

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Per settimane, l'opposizione bielorussa al presidente Lukashenko - uscita sconfitta dalle urne nonostante i sospetti di brogli ed elezioni truccate -  ha fatto risuonare ai cortei e per le strade due canzoni, diventate inno di tutti i detrattori del regime dell'"ultimo dittatore europeo". 

Si tratta di  "Peremen" ("Cambiamento_"_), del rocker sovietico Viktor Tsoï, ma soprattutto della versione bielorussa di una ballata catalana antifranchista, "L'Estaca" ("Il Palo"), ripresa nel tempo anche dal movimento polacco Solidarność e dai giovani della rivoluzione tunisina del 2011.

Il testo, composto dal cantautore catalano Lluís Llach nel 1968, evoca la necessità di unirsi e lottare per la libertà. Evoca la metafora di due schiavi incatenati ad un palo piantato in terra. Il ritornello dice: "se tu tiri forte per di là e io tiro forte per di qua, sicuramente cade... e ci potremo liberare"

Llach scrisse la canzone in catalano in un'epoca in cui la lingua catalana e altre manifestazioni dell'identità locale erano proibite nella Spagna franchista. 

Come molti altri musicisti, intellettuali e politici, anche Llach fu costretto a lasciare la sua terra natia e vivere in esilio a Parigi fino alla morte del dittatore, nel 1975.

Nonno Siset, il personaggio emblematico della canzone, si ispira a Narcís Llansa i Tubau di Tortella, noto anche come nonno Llansa, barbiere nella città di Besalú. Narcís Llansa era repubblicano, catalanista e anticlericale, ma nel dopoguerra fu costretto dal regime di Franco a lavorare in chiesa e perfino ad andare a messa. 

Conobbe nei primi anni '60 l'ancora adolescente Lluís Llach, amico del nipote: la canzone si ispira alle conversazioni avute in prima persona proprio con il vecchio Siset.  Il "palo" è allegoria del franchismo e di ogni dittatura. 

Oggi Llach ha oltre 30 album all'attivo, è stato decorato dal parlamento catalano nel 2007 e ha ottenuto un dottorato onorario dall'Università di Girona nel 2017. Nel dicembre dello scorso anno, le autorità catalane hanno deciso di festeggiare il 70° compleanno dell'artista dedicandogli la mostra Like a Bare Tree. La prima sala era dedicata proprio a "L'Estaca" ed era possibile ascoltare una versione della canzone in molte lingue, incatenati ad un palo.

Nel 1979, "L'Estaca" inizia la sua marcia trionfale verso l'Europa orientale. Il fu cantante e compositore polacco Jacek Kaczmarski la riadattò in lingua locale con il titolo "Mury" ("Muri"). 

Nella nuova versione si racconta la storia di un uomo che chiede ai suoi amici di distruggere la prigione: 

"Tirate i denti delle sbarre dal muro,
strappate le catene, rompete la frusta
e i muri cadranno anch'essi
a bruceranno il vecchio mondo"

dice il ritornello. La canzone diventa ben presto popolare tra i lavoratori del sindacato NSZZ Solidarność, simbolo dell'oppressione del regime comunista e viene cantata ad ogni marcia o corteo negli anni '80. 

Risuona durante gli scioperi ai cantieri navali di Danzica, nei concerti o nei campi di lavoro durante la legge marziale. In seguito, l'autore ha più volte affermato che intendere "Mury" solamente come metafora del regime comunista è un'interpretazione quantomeno restrittiva. Si riferirebbe infatti anche ad altri "muri di pregiudizio, menzogne ​​e odio" che vengono "eretti sempre nuovi al posto di quelli che sono crollati". 

"L'Estaca" è stata adattata in russo nel 2012 dal poeta, traduttore e attivista politico Konstantin Medvedev. 

Medvedev è partito dal testo di Llach, ma, come Kachmarsky, si è concentrato piuttosto sull'immagine della prigione.

Una delle sue prime esibizioni risale all'aprile di quell'anno, quando il tribunale Tagansky di Mosca stava valutando l'arresto dei membri del gruppo punk Pussy Riot. Il gruppo "Arkady Kots", creato da Medvedev due anni prima (dal nome dall'autore della traduzione russa dell'inno dell'Internazionale socialista), è stato ad un certo punto arrestato. 

Nel furgone della polizia, i musicisti del gruppo sono però riusciti a registrare una versione della canzone. La potete ascoltare qui. 

In bielorusso la canzone si chiama "Mury", così come in polacco. 

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L'autore della traduzione è Andrey Khadanovich di Minsk. 

Si ritiene che sia stata suonata per la prima volta il 19 dicembre 2010 nella stessa capitale Plošča, dove sono stati arrestati sette candidati alla presidenza, e dove un'azione di protesta spontanea è stata dispersa dalla polizia in assetto antisommossa. Anche il cantante locale Zmitser Voityushkevich la suona.

Il 25 maggio di quest'anno, in un incontro con i sostenitori a Slutsk, il blogger e potenziale candidato alla presidenza Sergei Tikhanovsky - marito della candidata Svetlana - ha esortato i sostenitori a imparare la canzone in bielorusso ed eseguirla durante le manifestazioni. 

Ha rielaborato "L'Estaca"  aggiungendo dei versi nella terza e quarta strofa. Ora fa così: 

“In tutta la Bielorussia le persone sono aumentate
Per difendere la tua libertà.
Il nostro spirito è risorto con un unico scopo:
Disperdi l'oscurità con la luce"

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Da quando "L'Estaca" venne suonata per la prima volta, 53 anni fa, sono state registrate più di 150 versioni. Si segnalano quella in occitano di Patrick (1972), quella del francese Jacques-Emile Deschamps (1974), del basco Gorka Knor (1976), degli svedesi Visgrupp e dei greci Tora tora (1978).

“Per decenni i popoli di Bielorussia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Paesi della penisola balcanica, Lituania, Lettonia, Polonia, Romania, Slovacchia, Ucraina sono stati costretti a lottare per i valori più importanti: libertà, indipendenza, rispetto dell'uomo e rispetto della verità. Valori che costituiscono la base di tutti gli Stati democratici del mondo ”, hanno scritto i membri di Solidarność, guidati dall'ex presidente Lech Walesa, in una lettera agli amici bielorussi inviata alla vigilia delle elezioni presidenziali del 9 agosto.

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