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Quanto perdono le imprese italiane se non ripartono subito

Quanto perdono le imprese italiane se non ripartono subito
Diritti d'autore MTI
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Di Sergio Cantone
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Quanto perdono le imprese italiane se non ripartono subito

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La fase due in Italia ha la ripresa lenta. Le aziende mordono il freno per rimettersi a produrre, soprattutto le piccole e medie imprese, attività artigiali spina dorsale anche della grande industria italiana. Proprio qualche giorno fa Confindustria aveva lanciato un'allarme, mettendo in guardia contro il rischio fallimenti per i piccoli, che sarebbe un disastro pure per le società più grandi. Cesare Fumagalli, segretario generale di Confartigianato, spiega la ragione di questo anelito di dinamismo: 

“abbiamo la grave preoccupazione che ogni ulteriore ritardo rappresenti davvero un differenziale difficile da sopportare per le imprese italiane. Perchè le imprese italiane, come ormai tutte quelle europee sono ormai fortemente integrate dentro le stesse filiere, per cui rimanere assenti significa la possibilità di essere sostituiti”.

In poche parole, sempre secondo stime informali di Confartigianato, i loro affiliati, soprattutto nel Nord e in Lombardia avrebbero perso un 30% di quote sul mercato europeo. Con un danno di ben 14 miliardi di salari pagati, a vuoto, a marzo, perché la cassa integrazione non era ancora stata disposta

E proprio per questo, la task force governativa, coordinata da Guido Colao, considera seriamente l'ipotesi di  rimettere in moto alcuni settori sensibili dell'economia italiana come moda e componentistica auto prima del 4 maggio, forse già nella settimana del 20 Aprile.  

Eppure, secondo i dati Istat, il 55% della forza lavoro italiana sarebbe già in azienda. Ma sono i settori essenziali, che non si sono mai fermati, e che avevano deroghe ben precise anche in regioni ad alto rischio Covid-19 come la Lombardia. 

Il problema è che i prodotti legati al design, come moda e arredamento, non sono considerati formalmente irrinunciabili dalle autorità e quindi sono ancora fermi, sottolineano le loro associazioni di categoria. 

B&B, Bisazza, Boffi, Cappellini, Cassina, Flexform, Giorgetti, Molteni e Poltrona Frau, mobilifici di tutti rispetto, hanno lanciato un appello per entrare nella fase 2 il 20 Aprile. 

Grandi firme italiane dell'abbigliamento hanno paura di perdere la collezione autunno/inverno. Per loro sarebbe una grave sconfitta perché i concorrenti invece ci saranno. 

E non c'è solo il design e l'artigianato di lusso ad essere legato a ritmi stagionali.

_“_Le macchine agricole hanno una loro stagionalità legata all'andamento dell'agricoltura e al meteo. Non far riaprire adesso significa davvero azzoppare una filiera con l'evidente rischio di sostituzione. I competitor dei produttori italiani di macchine agricole stanno in Germania, E la Germania ha abbondantemente ripreso”. 

Ma per la ripresa ci vuole liquidità e la Commissione Ue ha dato il via libera al Decreto legge che permette all'Italia di foraggiare le imprese bloccate con flussi di denaro straordinari che permettano alle imprese di superare questo periodo di chiusura e di assenza dal mercato. 

E qui si tocca un tasto sensibile. Conclude Fumagalli: ”Il problema è maggiore da noi perché lo era anche prima del Coronavirus, in quanto il credito per le piccole imprese è stato sempre difficile, non come per i nostri colleghi in Francia e in Germania. Anche il decreto attuale non riduce tutte le istruttorie creditizie che un'impresa italiana dve affrontare per ottenere liquidità.

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