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Coronavirus: la dimensione del contagio

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Di Paolo Alberto Valenti
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Sulle criticità del nuovo coronavirus parla il Dottor Emanuele Nicastri Direttore della sezione Malattie Infettive dell'ospedale Lazzaro Spallanzani di Roma

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Mentre in Cina gli ospedali delle città colpite dal nuovo coronavirus sono presi d'assalto da pazienti che svengono nelle lunghe file di attesa abbiamo intervistato il dottor Emanuele Nicastri, Direttore della sezione Malattie Infettive dell'ospedale Lazzaro Spallanzani di Roma. Gli abbiamo chiesto come evolveranno i casi di contagio da coronavirus.

I casi in Europa potranno moltiplicarsi?

"L'Europa ha già avuto i suoi primi casi. È solo questione di tempo e avremo altri casi in diversi paesi europei. Probabilmente anche in Italia. Non credo che dobbiamo sottovalutare il pericolo di nuovi casi ma dobbiamo sottolineare che ogni singolo paese ha messo in atto delle strategie di contenimento dell'infezione. Per questo è molto importante lo screening dei viaggiatori europei che giungono dalle zone di infezione".

Ma secondo lei dottore le autorità sanitarie cinesi hanno inizialmente trascurato il problema?

"Probabilmnete all'inizio è difficile capire che un' epidemia abbia un potenziale di trasmissione così importante come quella che si è rivelata essere nella fase iniziale, ma è difficile, ci vogliono dei sistemi e degli infettivologi che notifichino, con un sistema molto ben sviluppato, che indichi come un insieme di polmoniti abbiano tutte un denominatore comune e questo non è stato semplice. All'inzio il primo caso non aveva un legame epidemiologico col famoso mercato del pesce di Wuhan, solo i casi successivi lo hanno avuto, quindi non è stato semplice capire che ci trovavamo davanti ad una serie di casi di polmonite aggregati. Peraltro i primi dati parlavano di 41 pazienti e dai bolletini cinesi nei primi giorni avevamo solo questi dati come se non ci fosse una trasmissione maggiore e il numero dei contagiati non aumentasse. Questo probabilmente ha determinato un ritardo nell'attivazione del sistema, ma ora è diverso, c'è la massima trasparenza. Tutti i giorni abbiamo informazioni delle autorità sanitarie cinesi col numero dei decessi, il numero dei ricoverati e delle persone messe in quarantena. La Cina ha messo in quarantena quasi 50 milioni di persone ma la quarantena spesso non è così semplice, ci sono delle informazioni che milioni di persone si sono spostate prima che le città venissero isolate. Questo può partare a quella che è attualmente l'infezione delle altre aree cinesi. Penso che in questo momento la Cina stia facendo tutto quello che può fare, probabilmente adesso non c'è molto altro da fare. Quello che invece dobbiamo fare noi è controllare chi torna dalla Cina una cosa che deve coinvolgere le autorità aeroportuali dell'intera Europa; ci vuole un protocollo comune per gestire questa emergenza. Fino ad ora ogni singolo stato europeo ha identificato gli aeroporti a valenza internazionale con voli diretti con la Cina".

I focolai quanti sono stati?

Non sappiamo quanti sono stati i focolai. Il primo caso non era identificato con un legame epidemiologico con quello che è certamente il focolaio epidemiologico e cioè il mercato del pesce di Wuhan ma quale sia stata la sede d'infezione del primo caso non è noto. È come se questo virus circolasse già negli animali a prescindere dal mercato del pesce e che il mercato del pesce abbia giocato il ruolo di moltiplicatore a livello della fase iniziale dell'infezione ma non nel primo caso.

L'Italia è stata reattiva?

"L'Italia per prima ha iniziato a fare uno screening attraverso un corridoio sanitario per tutti i voli di ritorno prima da Wuhan e poi dall'insieme della Cina. È necessario che questo sforzo venga fatto in modo omogeneo da tutti i paesi europei".

Come si può curare questa infezione?

"I coronavirus sono virus comuni. Il 10 o 20 % delle infezioni respiratorie sono causate da coronavirus. Noi non abbiamo alcun vaccino nè per i vecchi coronavirus nè per i nuovi cioè SARS e MERS o questo nuovo coronavirus di Wuhan, certo abbiamo le piattaforme tecniche per poterlo sintetizzare ma non credo che riusciremo a proporlo in maniera estremamente rapida, non è questione di settimane anche perchè poi vanno fatti degli esperimenti in vitro sugli animali e poi sull'uomo; una serie di fasi che pur se accorciate e contratte, vista l'emergenza, non possono essere realizzate troppo in fretta perchè bisogna garantire che il vaccino non crei danno e poi che sia realmente efficace. La terapia antivirale non esiste, le immunoglobuline non sono efficaci, vi sono alcuni dati iniziali e assolutamente preliminari e da verificare sull'utilizzo di alcuni farmaci per l'HIV che sembrerebbero efficaci contro questo nuovo coronavirus ma, ripeto, sono dati ancora molto aneddotici".

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