È un'avventura piena di tesori, un viaggio alla scoperta delle immersioni per la raccolta delle perle.
Più di 7000 anni fa, solo poche persone coraggiose decisero di stabilirsi in un luogo duro ma affascinante come la penisola araba. Sui suoi fondali, c'era una fortuna da scoprire, l'inafferrabile perla.
Per Euronews Evan Bourke ha incontrato il maggiore Ali Alsuwaidi, dell'Emirates Marine Environmental Group, su una tradizionale barca per le immersioni vicino alla costa di Dubai.
- Suo padre e suo nonno sono stati pescatori di perle. Quanto è importante mantenere viva questa tradizione?
"Sì, per me è molto importante perché è necessario trasmettere questa tradizione alle nuove generazioni. Voglio che sappiano quanto i nostri padri e nonni hanno sofferto per fare questo lavoro molto difficile, immergendosi a 20 o 30 metri. Prima, a Dubai, c'erano 400 barche che andavano a fare le immersioni. La maggior parte di loro stava in mare per tre mesi. Ed è così che si mantenevano e si prendevano cura delle loro famiglie. È l'unico modo a Dubai. Per questo tutti vanno a fare la raccolta".
L'immersione (pearl diving) costituisce una pagina importante dell'identità culturale di Dubai. La raccolta delle perle avveniva con immersioni giornaliere, sino a 300 per un estenuante viaggio a caccia della preziosa struttura sferica, costituita da carbonato di calcio in forma cristallina.
Chi si immergeva, lo faceva grazie al supporto di 'al hessa', la roccia che fungeva da zavorra per scendere in profondità, legata a una corda ricavata da una palma.
La fune era poi ritirata con una paletta di legno, chiamata 'al mejdaf'.
Le ostriche venivano raccolte in un cesto che il pescatore di perle teneva intorno al collo. Una tirata alla fune e il compagno di raccolta, che aspettava sulla barca, agevolava il ritorno in superficie. I bivalvi venivano poi portati in superficie, aperti e ispezionati.
- Cosa rende una perla più preziosa?
"La dimensione e il colore", risponde Ali Alsuwaidi, mostrando tutti gli attrezzi della tradizione per classificare le perle, in particolare sulla base della dimensione.
Al fine di trovare abbastanza ostriche perlifere, i free-divers erano spesso costretti a scendere a profondità di oltre 30 metri, esponendosi a tutti i pericoli del mare e senza i mezzi di cui si dispone al giorno d'oggi. Per esempio, come raccontato da Ali Alsuwaidi, i raccoglitori di perle ungevano i loro corpi per conservare il calore, mettevano del cotone nelle orecchie, indossavano un fermaglio a guscio di tartaruga per chiudere le narici, afferravano un grande oggetto come una roccia per scendere senza lo sforzo dispendioso di nuotare verso il basso, e avevano un cesto o una rete a bocca larga per contenere le ostriche.
Un modo estenuante di guadagnarsi da vivere.