La Commissione europea lancerà un'indagine sui sussidi alle auto elettriche cinesi

La Commissione europea intende indagare sugli effetti delle auto elettriche cinesi a basso costo sul mercato europeo.
La Commissione europea intende indagare sugli effetti delle auto elettriche cinesi a basso costo sul mercato europeo. Diritti d'autore Matthias Schrader/Copyright 2019 The AP. All rights reserved
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Di Jorge LiboreiroVincenzo Genovese
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Questo articolo è stato pubblicato originariamente in inglese

È stata la grande sorpresa del discorso sullo Stato dell'Unione: la Commissione europea lancerà un'indagine sui sussidi statali alle auto elettriche cinesi

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"La concorrenza è vera solo se è equa", ha dichiarato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. "Dobbiamo essere lucidi sui rischi che abbiamo di fronte".

L'annuncio di un'indagine formale antisovvenzioni sulle auto elettriche prodotte in Cina che arrivano sul mercato europeo, ha suscitato gli applausi degli eurodeputati nell'emiciclo di Strasburgo mercoledì. Ma ora bisognerà far seguire i fatti alle parole.

"I mercati globali sono inondati da auto elettriche cinesi a basso costo, il cui prezzo è tenuto artificialmente basso da enormi sussidi statali. Questo sta distorcendo il nostro mercato".
Ursula von der Leyen
Presidente della Commissione europea

Le regole anti-sussidi

La Commissione europea ha la competenza esclusiva di definire la politica commerciale comune dell'Ue e avvia regolarmente indagini sulle importazioni dall'estero che potrebbero danneggiare il mercato unico.

Un'indagine antisovvenzioni viene avviata quando si sospetta che un Paese straniero sovvenzioni un'azienda o un gruppo di aziende per la produzione di un determinato prodotto e che tale sovvenzione provochi un danno all'industria europea.

Grazie a questi aiuti di Stato, infatti, i costi di assemblaggio vengono notevolmente ridotti e l'azienda è in grado di vendere il proprio prodotto a un prezzo inferiore. Ma questo mette in posizione di svantaggio le imprese europee concorrenti, che non ricevono lo stesso livello di sostegno dai governi nazionali e si trovano di fronte a una scelta: vendere la merce a un prezzo più basso e perdere profitti, o venderla a un prezzo più alto e perdere clienti.

Questo scenario sembra realizzarsi sul mercato dell'auto elettrica: il governo di Pechino è stato a lungo accusato dai Paesi occidentali di immettere una quantità eccessiva di denaro pubblico nell'industria nazionale. Gli aiuti sono difficili da rintracciare e possono assumere diverse forme, tra cui prestiti preferenziali, tassazione agevolata e trasferimenti diretti di fondi.

Con l'iniezione di sussidi, la Cina si assicura che le sue aziende nazionali rispettino gli obiettivi fissati nei suoi piani economici quinquennali. Il piano attuale (2021-2025) cita esplicitamente i "veicoli alimentati con nuove forme di energia" come uno dei pilastri del sistema industriale.

Secondo la Commissione europea, la continua elargizione ha portato a una differenza di prezzo media del 20% tra le auto elettriche prodotte in Cina e le loro equivalenti assemblate nell'Ue.

La Cina ha l'ulteriore vantaggio di detenere una posizione dominante nelle materie prime necessarie per la produzione di batterie, come litio, cobalto, nichel e manganese, riuscendo in questo modo a controllare praticamente ogni aspetto della catena di fornitura. Il risultato è stato un'impennata nell'assemblaggio di auto elettriche in Cina e una conseguente ondata di esportazioni in tutto il mondo.

Il mercato dell'Ue, inoltre, è considerato particolarmente attraente a causa del divieto di vendita di veicoli con motore a combustione dal 2035 e del dazio del 10% applicato a tutte le auto importate. Gli Stati Uniti, invece, applicano un'aliquota del 27,5% e l'India una tariffa del 70%.

Secondo le stime della Commissione, i marchi cinesi, come BYD, Nio e Xpeng, hanno già conquistato l'8% del mercato europeo delle auto elettriche, rispetto al 4% del 2021, e potrebbero arrivare al 15% nel 2025.

"La Cina ha puntato lo sguardo sul mercato europeo, con il potenziale di cambiare radicalmente il volto delle industrie europee così come le conosciamo", ha dichiarato Sigrid de Vries, direttore generale dell'Associazione europea dei costruttori di automobili (Acea), in un post pubblicato il mese scorso. "Sembra che la decisione strategica della Cina di investire tempestivamente e lungo l'intera catena del valore stia dando i suoi frutti".

Come funziona l'indagine

Di fronte a questa situazione preoccupante, Bruxelles è pronta a prendere provvedimenti.

"L'Europa è aperta alla concorrenza, ma non a una corsa al ribasso. Dobbiamo difenderci dalle pratiche sleali", le parole di von der Leyen.

A dimostrazione della gravità della minaccia, la Commissione ha avviato l'indagine di propria iniziativa, ex-officio, anziché attendere che uno Stato membro presentasse una denuncia formale, come avviene di solito in questo tipo di casi commerciali.

Una volta che l'indagine è stata notificata nella Gazzetta ufficiale dell'Ue, il tempo inizia a scorrere: la Commissione avrà un massimo di 13 mesi per decidere se imporre i cosiddetti "dazi compensativi" (in altre parole, tariffe commerciali) sulle auto elettriche cinesi o chiudere l'indagine senza prendere ulteriori provvedimenti.

Le tariffe si aggiungerebbero all'attuale dazio dl'importazione del 10% per compensare l'ingiusto vantaggio dato dalle sovvenzioni. La loro portata dipenderebbe dalle prove raccolte dall'esecutivo e dal feedback fornito dalle aziende europee.

Se approvate, le tariffe si applicheranno a tutti i veicoli elettrici a batteria (BEV) prodotti in Cina. Ciò significa che pure le case automobilistiche europee e americane che gestiscono fabbriche in Cina, come Volkswagen, BMW, Mercedes-Benz e Tesla, potrebbero potenzialmente rientrare nei dazi, se beneficiano di aiuti di Stato cinesi.

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Gli Stati membri avranno la possibilità di bloccare l'imposizione delle tariffe, ma solo se otterranno una maggioranza qualificata (15 Paesi con almeno il 65% della popolazione dell'Ue).

Jean-Francois Badias/Copyright 2023 The AP. All rights reserved.
Ursula von der Leyen announced the investigation during her State of the Union speech in Strasbourg.Jean-Francois Badias/Copyright 2023 The AP. All rights reserved.

Una scelta complicata

A prescindere dall'esito finale, l'avvio dell'indagine segna una significativa escalation nelle relazioni tra Unione europea e Cina, già molto tese dai tempi della pandemia da Covid19 e dallo scoppio della guerra in Ucraina. L'indagine sarebbe anche il primo esempio tangibile del cosiddetto "de-risking", la strategia auspicata da von der Leyen nei confronti della Cina, per gestire l'aggressività commerciale cinese senza rompere i legami con Pechino.

Per Simone Tagliapietra, analista del think tank Bruegel, la decisione segnala la volontà di utilizzare gli strumenti commerciali della Commissione "in modo più proattivo", per difendere l'industria nazionale ed evitare gli errori del passato: il riferimento è all'industria solare europea, surclassata dalla concorrenza cinese.

"Questo è l'inizio di un lungo percorso, che alla fine potrebbe funzionare, ma deve andare di pari passo con una politica industriale attiva per far sì che l'industria europea sviluppi rapidamente la propria competitività".

La Vda, l'associazione tedesca dell'industria automobilistica, ha offerto una valutazione più attenta e chiesto un quadro più ampio per stimolare gli investimenti e aiutare le aziende a far fronte agli alti costi energetici, alle tasse, alle imposte e all'eccessiva burocrazia.

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"I danni devono essere misurati in modo causale e l'interesse comune deve essere preso in considerazione. Si devono considerare anche le possibili reazioni della Cina", ha dichiarato un portavoce: il rischio infatti è che Pechino adotti a sua volta tariffe commerciali sulle auto europee, danneggiando le esportazioni tedesche in Cina.

Intanto la Camera di commercio cinese presso l'Ue ha espresso la sua ferma condanna, affermando che il "sostanziale vantaggio industriale" dei veicoli cinesi non è il risultato di sussidi, ma di "innovazione" e "partnership di cooperazione" e avvertendo che le tariffe potrebbero essere in contrasto con le regole stabilite dall'Organizzazione mondiale del commercio.

La battaglia economica tra Bruxelles e Pechino è appena cominciata.

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