Rischio inflazione: gli attacchi nel Mar Rosso mandano alle stelle i costi di spedizione

I ribelli Houthi hanno lanciato un attacco con i droni contro la nave Genco Picardy, di proprietà degli Stati Uniti, all'inizio di gennaio.
I ribelli Houthi hanno lanciato un attacco con i droni contro la nave Genco Picardy, di proprietà degli Stati Uniti, all'inizio di gennaio. Diritti d'autore Indian Navy
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Di Piero Cingari
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Questo articolo è stato pubblicato originariamente in inglese

Gli attacchi degli Houthi nel Mar Rosso hanno interrotto rotte commerciali cruciali tra Europa, Medio Oriente e Asia, facendo temere nuove pressioni inflazionistiche

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I recenti avvenimenti nel Mar Rosso, con gli attacchi del gruppo Houthi con base in Iran, hanno creato disagi al settore della navigazione marittima, fondamentale per il commercio tra Europa, Medio Oriente e Asia, sollevando preoccupazioni sul potenziale riemergere di pressioni inflazionistiche.

Le deviazioni a cui sono state costrette le principali compagnie di navigazione e le potenziali interruzioni del Canale di Suez rappresentano una sfida per l'Europa: l'inflazione e le fluttuazioni dei prezzi dell'energia sono le principali preoccupazioni.

La paura che ne è derivata ha portato le principali compagnie di navigazione a modificare le loro rotte per evitare il Mar Rosso e il Canale di Suez, optando invece per il più lungo viaggio intorno al Capo di Buona Speranza. Questa decisione ha avuto ripercussioni significative, in particolare un drastico aumento dei costi e dei tempi di trasporto.

All'inizio del mese, in risposta a questi attacchi, gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno condotto attacchi aerei contro più di 60 obiettivi Houthi nello Yemen. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha dichiarato che gli attacchi continueranno "se necessario" per salvaguardare i flussi commerciali internazionali.

Tuttavia il costo della spedizione di merci dal Sud-Est asiatico all'Europa è salito a oltre 6.000 dollari (5.500 euro), quasi triplicato rispetto al mese precedente, con il rischio di interruzioni della catena di approvvigionamento e di un aumento dei prezzi al consumo.

Cosa significano i blocchi nel Mar Rosso per il commercio

Il Canale di Suez, passaggio vitale per il 18% del commercio globale, è attualmente a rischio. È fondamentale per il transito di circa il 20% del petrolio mondiale e del 25% del commercio globale di gas naturale liquefatto (Gnl). Il 40% del commercio Europa-Asia passa solitamente per il Mar Rosso, mentre la rotta alternativa intorno al Corno d'Africa costa circa 1 milione di dollari (920.000 euro) in più di carburante per un viaggio di andata e ritorno.

Il direttore generale dell'Organizzazione mondiale del commercio, Ngozi Okonjo-Iweala, ha avvertito che i conflitti geopolitici, compresi quelli nel Mar Rosso e nel Canale di Suez, potrebbero interrompere sostanzialmente la ripresa del commercio globale nel 2024. Il direttore finanziario di DP World, Yuvraj Narayan, in occasione del Forum economico mondiale di Davos della scorsa settimana, ha dichiarato: "Il costo delle merci in Europa dall'Asia sarà significativamente più alto. I consumatori europei ne risentiranno".

Ewa Manthey, stratega delle materie prime di ING Group, ha sottolineato la vulnerabilità del mercato europeo, soprattutto nel settore del Gnl. Nel 2023 il Qatar ha inviato in Europa oltre 20 miliardi di metri cubi di Gnl, pari a circa il 16% delle importazioni europee di Gnl. "Questi flussi passano tutti attraverso il Mar Rosso e il Canale di Suez", ha affermato.

Velina Tchakarova, stratega geopolitico, ha sottolineato che le esportazioni indiane sono più che raddoppiate di valore grazie agli attacchi nel Mar Rosso. Circa l'80% del commercio indiano con l'Europa, che ammonta a quasi 14 miliardi di dollari al mese (12,8 miliardi di euro), passa attraverso questa rotta.

Simone Tagliapietra, professore all'Università Cattolica di Milano, ha messo in guardia da una potenziale escalation regionale che coinvolga l'Iran: potrebbe portare a uno shock dell'approvvigionamento energetico e complicare ulteriormente gli sforzi delle banche centrali per il controllo dell'inflazione.

Il commercio con la Cina e l'Europa potrebbe subire notevoli perturbazioni

Il trasporto marittimo costituisce la spina dorsale dei corridoi commerciali tra Unione europea e Cina, rappresentando il 90% dei loro scambi. Secondo i dati Eurostat nel 2022 le importazioni dalla Cina sono state pari a 626 miliardi di euro, mentre le esportazioni si sono attestate a 230 miliardi di euro.

I Paesi Bassi sono stati i maggiori importatori di beni dalla Cina tra gli Stati membri, con importazioni per un totale di 138,8 miliardi di euro. Seguono la Germania con 130 miliardi di euro e l'Italia con 57,5 miliardi di euro. La Repubblica Ceca ha fatto registrare la più alta percentuale nelle sue importazioni extra-Ue verso la Cina, pari al 47,7%.

I tre maggiori esportatori verso la Cina sono stati la Germania (106,85 miliardi di euro), la Francia (23,7 miliardi di euro) e i Paesi Bassi (18,7 miliardi di euro). Anche per la Germania la Cina ha rappresentato la quota maggiore delle sue esportazioni extra-Ue (15%).

Le principali importazioni dalla Cina comprendono apparecchiature per le telecomunicazioni, macchine automatiche per l'elaborazione dei dati, macchinari elettrici e composti organici-inorganici. Le categorie di beni più significative esportate dall'Ue in Cina sono state i macchinari e i veicoli (52%), seguiti da altri manufatti (19%) e dai prodotti chimici (16%).

Conclusioni

I nuovi rischi inflazionistici che emergono dalle perturbazioni del Mar Rosso potrebbero segnalare una recrudescenza delle sfide economiche per l'Europa. Come indicato in un recente studio del Fondo monetario internazionale, i prezzi delle importazioni sono stati responsabili del 40% delle variazioni complessive dell'inflazione al consumo in Europa negli ultimi due anni.

Di conseguenza è probabile che i maggiori costi associati all'importazione di beni dall'Asia si trasferiscano ai consumatori finali, generando preoccupazioni per l'inflazione. È fondamentale tenere sotto controllo le fluttuazioni dei prezzi delle materie prime energetiche nelle prossime settimane. Sebbene i beni energetici rappresentino circa il 10% della spesa dell'area dell'euro, le loro fluttuazioni di prezzo potrebbero avere un impatto significativo sull'inflazione europea complessiva.

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