Gaza, l'Egitto minaccia Israele: se invadete Rafah sospendiamo la pace. Allarme anche di Usa e Ue

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Di Michela Morsa
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Il Cairo risponde così ai piani del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che ha ordinato l'evacuazione della città vicina al confine egiziano dove si rifugia più della metà degli abitanti della Striscia

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Domenica Il Cairo ha minacciato di sospendere il suo trattato di pace con Tel Avivnel caso in cui le truppe israeliane invadessero Rafah, la città più a sud della Striscia di Gaza a due passi dal confine con l'Egitto. È la risposta egiziana alle parole del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu che ha dichiarato che Rafah è l'ultima roccaforte di Hamas ed entrare nella città è necessario per vincere la guerra

Il leader israeliano ha ordinato all'esercito di pianificare l'evacuazione della zona in vista di un'invasione di terra. Ma nella città palestinese, dichiarata finora "zona sicura" da Tel Aviv ma comunque bombardata regolarmente, è rifugiata almeno la metà dei 2,3 milioni di abitanti di Gaza sfuggiti ai combattimenti e ai bombardamenti israeliani in tutte le zone più settentrionali della Striscia. Normalmente Rafah ospitava 300mila persone e attualmente gli sfollati vivono in condizioni di grave sovraffollamento

Nel caso di un'offensiva di terra a Rafah, ai civili non rimarrebbe nessun altro posto dove fuggire, nonostante Netanyahu abbia dichiarato a Fox news sunday che "c'è un sacco di spazio a nord di Rafah dove andare". Il primo ministro israeliano ha anche detto che l'esercito indirizzerà gli sfollati "con volantini, con cellulari e con corridoi sicuri e altre cose". 

I timori del Cairo

L'Egitto invece teme un'afflusso massiccio di centinaia di migliaia di sfollati palestinesi verso il confine: se venisse violato, l'esercito non sarebbe in grado di fermare una marea di persone in fuga verso la penisola del Sinai. E Il Cairo è consapevole che, una volta entrati, Israele potrebbe impedire loro di tornare a casa

Il Cairo inoltre ha avvertito che lo scoppio dei combattimenti nell'area di confine pregiudicherebbe l'ingresso degli aiuti umanitari dal varco di Rafah, praticamente l'unica via di accesso all'enclave palestinese assediata. L'eventualità preoccupa anche le organizzazioni umanitarie, che da giorni mettono in guardia dai piani di Israele. 

Anche gli altri Paesi ammoniscono Israele

La Casa Bianca è intervenuta nella questione ammonendo Tel Aviv, che non dovrebbe procedere con un'operazione militare nella città senza un piano "credibile" per proteggere i civili perché sarebbe "un disastro", ha detto il presidente Joe Biden al primo ministro israeliano Netanyahu. 

Anche il Qatar, l'Arabia Saudita e altri Paesi hanno minacciato "gravi ripercussioni" se Israele entrerà a Rafah. "Un'offensiva israeliana a Rafah porterebbe a un'indicibile catastrofe umanitaria e a gravi tensioni con l'Egitto", ha scritto il capo della politica estera dell'Unione europea Josep Borrell su X.

Da parte sua Hamas ha dichiarato che un'offensiva contro Rafah "farebbe saltare" i colloqui per un cessate il fuoco mediati da Stati Uniti, Qatar ed Egitto e porrebbe fine a qualsiasi possibilità di trattativa per la restituzione dei circa 100 ostaggi ancora detenuti nella Striscia. 

L'offensiva israeliana nel resto della Striscia

L'esercito israeliano non ha smesso di espandere la sua offensiva nella Striscia di Gaza. Domenica sono continuati i combattimenti e i bombardamenti nel nord e nel centro dell'enclave palestinese, in particolare nella principale città meridionale di Khan Younis

Qui l'Idf ha dichiarato che nelle ultime settimane ha "eliminato circa 100 terroristiin combattimenti ravvicinati, oltre che con attacchi di carri armati, imboscate di cecchini e attacchi aerei".

Sembra che sia stato un giorno di relativa calma a Gaza City. Il corrispondente di Al Jazeera Ismail al-Ghoul riferisce che le squadre di soccorso sono riuscite a recuperare i corpi di circa 100 palestinesi dai quartieri Tal al-Hawa e al-Rimal, dopo il ritiro delle forze israeliane. La maggior parte delle vittime sarebbero state uccise dai proiettili dei cecchini. 

Il ministero della Sanità di Gaza ha dichiarato domenica che nelle ultime 24 ore sono stati portati negli ospedali i corpi di 112 persone uccise in tutto il territorio, oltre a 173 feriti. Le vittime hanno portato il bilancio dei morti nella Striscia a 28.176 dall'inizio della guerra.

L'Oms entra nell'ospedale Al Aqsa di Deir Al Balah

L'Oms e i suoi partner hanno avuto accesso all'ospedale Al Aqsa di Deir Al Balah, nella zona centrale di Gaza, per la prima volta dal 13 gennaio. L'Oms ha fornito materiale traumatologico, medicinali e vaccini antitetanici per rispondere alle esigenze sanitarie di 3.700 pazienti. Inoltre, l'Unfpa, un'altra agenzia dell'Onu, ha fornito forniture e medicinali sufficienti per circa tremila parti sicuri

L'ospedale ha gradualmente ripristinato la sua funzionalità, passando da soli cinque medici a gennaio a circa 300 medici e 400 infermieri. Nonostante i progressi, persistono immensi bisogni. 

La struttura, che attualmente ospita 400 pazienti e oltre cinquemila rifugiati, ha urgente bisogno di letti, materassi, materiale e attrezzature chirurgiche, anestesia, antidolorifici e materiale per la dialisi. Hanno anche richiesto di agevolare il trasferimento dei pazienti al di fuori della Striscia di Gaza.

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