Giordania: tre militari uccisi e decine di feriti in attacco con droni su base militare statunitense

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden Diritti d'autore Jacquelyn Martin/AP
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Di Euronews
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Un blitz con droni ha colpito la base militare Usa Tower 22 nel nord della Giordania uccidendo tre soldati e ferendone 34. Sale la tensione in Medio Oriente mentre l'ultra destra religiosa israeliana riunita a Gerusalemme pensa all'occupazione permanente di Gaza

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Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha promesso di "rispondere" all'attacco in cui sono rimasti uccisi tre soldati statunitensi nel nord-est della Giordania, non lontano dalla frontiera con la Siria e l'Iraq. I droni hanno colpito la base militare statunitense Tower 22, ferendo almeno 34 persone. Per otto di loro le cure hanno richiesto il trasferimento fuori dal Paese.

Nella base sono presenti circa 350 membri dell'esercito e dell'aeronautica statunitense dei circa tremila di stanza nel Paese. Tower 22 svolge "funzioni di supporto fondamentali, anche per la coalizione internazionale, contro il gruppo jihadista dello Stato Islamico", ha spiegato il Comando centrale degli Stati Uniti (Centcom).

Secondo Biden, i responsabili sono "gruppi armati radicali sostenuti dall'Iran" che operano in Siria e in Iraq. Un'accusa respinta da Teheran: in una dichiarazione all'agenzia Irna la missione iraniana presso le Nazioni Unite ha negato ogni coinvolgimento nell'operazione. 

“L’Iran non ha alcun collegamento e non ha nulla a che fare con l’attacco alla base statunitense”, ha affermato la missione, aggiungendo: “C’è un conflitto tra le forze statunitensi e i gruppi di resistenza nella regione, che rispondono agli attacchi”.

I primi militari statunitensi uccisi in Medio Oriente dal 7 ottobre

Questo è il primo caso di militari uccisitra le truppe statunitensi in Medio Oriente dall'inizio della guerra tra Hamas e Israele, nonostante le basi statunitensi nella regione siano state attaccate decine di volte dal 7 ottobre. "Erano tre patrioti, il loro sacrificio non sarà dimenticato. Chiederemo conto a tutti i responsabili nel momento e nel modo che sceglieremo", ha detto il presidente Biden.

Diversi gruppi radicali si sono mossi per "vendicare" gli Stati Uniti, che sostengono Israele, il quale, a sua volta, non esita a colpire i Paesi vicini. Domenica, una nuova serie di attacchi aerei e di bombardamenti d'artiglieria sono stati effettuati sul Libano. 

L'Idf ha riferito di aver colpito diversi "oggetti dell'infrastruttura del terrorismo" appartenenti a Hezbollah. Il movimento ha confermato che almeno tre suoi membri sono stati uccisi negli attacchi.

Il Blitz aggrava le tensioni in Medio Oriente

Il portavoce di Hamas Sami Abu Zuhri ha definito l'attacco "un messaggio all'amministrazione statunitense che, se non cessa l'uccisione di persone innocenti a Gaza, potrebbe trovarsi di fronte l'intera nazione musulmana". Ha poi avvertito: "La continuazione dell'aggressione statunitense-sionista a Gaza rischia di provocare un'escalation regionale".

Mentre Biden ha invitato a "rispondere", domenica il capo della Cia Bill Burns ha tenuto a Parigi un incontro multilaterale con funzionari dei servizi segreti di Israele, Egitto e Qatar. Al centro dell'incontro un piano per raggiungere una tregua dei bombardamenti di due mesi su Gaza per permettere la liberazione di tutti gli ostaggi israeliani ancora prigionieri a Gaza.

L'accordo, che sembrava vicino, prevederebbe una prima fase di trenta giorni entro cui dovrebbero essere rilasciati tutti i feriti, le donne e gli anziani ancora nelle mani di Hamas.

Israele pensa all'occupazione di Gaza

Allo stesso tempo diversi gruppi israeliani stanno già pianificando i cambiamenti del dopoguerra. Domenica migliaia di nazionalisti religiosi si sono radunati a Gerusalemme per partecipare a un conferenza per la colonizzazione ebraica di Gaza. Una manifestazione a cui, secondo la radio dei coloni Canale 7, presenziano 12 ministri, tra cui i ministri del Likud Miki Zohar, Haim Katz e May Golan, e 15 dei 120 deputati.

''Gaza farà parte della Terra d'Israele. Laddove l'aratro ebraico scava il suo solco, là passa il nostro confine'', ha detto uno degli oratori. Sul podio è stata esposta una grande carta geografica che mostra gli insediamenti ebraici rimossi da Gaza nel 2005 da Ariel Sharon e quelli che i nazionalisti vorrebbero edificare ora.

Ben Gvir: tornare a Gaza e nel nord della Cisgiordania, è nella Torah

Nel suo intervento il ministro per la sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir, che è anche leader del partito di estrema destra Potere ebraico, si è espresso in favore della ''emigrazione volontaria'' dei palestinesi da Gaza. ''Dobbiamo incoraggiarla, che se ne vadano da qua'', ha detto tra gli applausi della folla. 

"Noi dobbiamo tornare al Gush Katif (l'area di insediamento ebraico nel sud della striscia di Gaza sgomberata da Sharon) e nel nord della Cisgiordania. Dobbiamo farlo perché questa è la Torah, questa è la morale, questa è la giustizia storica e questo è quanto opportuno fare''. Alla conferenza hanno preso parte fra gli altri i rabbini Dov Lior ed Elyakim Levanon, due dirigenti storici del movimento dei coloni.

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