Gaza, l'Oms entra nell'ospedale settentrionale di al Shifa. Gli USA attaccano ancora in Yemen

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Di Michela Morsa
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Gli Stati Uniti avrebbero distrutto due missili antinave degli Houthi che erano puntati sul Mar Rosso e rappresentavano "una minaccia imminente per le navi mercantili e per le navi della Marina statunitense". Attaccati anche obiettivi legati all'Iran in Iraq

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Nella notte le forze armate statunitensi hanno effettuato altri due attacchi in Yemen che, a detta loro, hanno distrutto due missili antinave degli Houthi che erano puntati sul Mar Rosso e rappresentavano "una minaccia imminente per le navi mercantili e per le navi della Marina degli Stati Uniti nella regione". 

Nelle stesse ore gli Stati Uniti hanno effettuato una serie di attacchi in Iraq contro obiettivi legati alle milizie sostenute dall'Iran. L'Associated Press riferisce che l'esercito statunitense ha colpito tre strutture nel Paese. Il segretario alla Difesa Lloyd Austin ha dichiarato che è stata una rappresaglia per gli attacchi missilistici e con droni contro le truppe statunitensi in Iraq e Siria negli ultimi giorni.

La riunione del Consiglio di sicurezza dell'Onu

Martedì al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha dichiarato che il "chiaro e ripetuto rifiuto della soluzione dei due Stati ai più alti livelli del governo israeliano è inaccettabile", e ha lanciato un ulteriore appello per il cessate il fuoco, soprattutto per consentire un maggiore accesso agli aiuti nella Striscia di Gaza. 

"L'intera popolazione di Gaza sta sopportando una distruzione di dimensioni e velocità senza paragoni nella storia recente. Nulla può giustificare la punizione collettiva del popolo palestinese", ha detto, descrivendo una situazione umanitaria "spaventosa". 

"Nessuna operazione di aiuto umanitario efficace può funzionare nelle condizioni in cui sono stati costretti i palestinesi di Gaza. È fantascientifico pensare che 2,2 milioni di persone possano sopravvivere solo con gli aiuti", ha continuato Guterres, aggiungendo che "i prodotti di base del settore privato devono entrare in quantità significative come hanno fatto per molti anni" per scongiurare che ci sia un "completo collasso e un numero di morti sempre più alto". 

Il segretario ha poi insistito sul fatto che "il diritto del popolo palestinese a costruire il proprio Stato pienamente indipendente deve essere riconosciuto da tutti. E qualsiasi rifiuto di accettare la soluzione dei due Stati da parte di qualsiasi partito deve essere fermamente respinto". 

Anche perché, ha detto, la soluzione dei due Stati è l'unica via d'uscita e questo rifiuto "prolungherebbe indefinitamente un conflitto che è diventato una grave minaccia per la pace e la sicurezza globale", "aggraverebbe la polarizzazione e incoraggerebbe gli estremisti ovunque".

Durante l'intervento dell'inviato israeliano all'Onu Gilad Erdan alcuni ambasciatori arabi sono usciti dall'aula. A coloro che sostengono un cessate il fuoco Erdan ha detto che l'unico effetto sarebbe permettere a Hamas di rimanere al potere, riorganizzarsi e riarmarsi, "e presto Israele dovrà affrontare un altro tentativo di olocausto".

Ha parlato davanti al Consiglio anche il ministro degli Esteri palestinese Riyad Al Maliki, che ha detto che i leader al comando in Israele "non vedono il nostro popolo come una realtà empirica e politica con cui coesistere, ma come una minaccia demografica di cui sbarazzarsi attraverso la morte, il trasferimento o la sottomissione. Queste sono le scelte che ci offrono: genocidio, pulizia etnica o apartheid".

Visite in Medio Oriente

Questo mercoledì il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani è volato in Medio Oriente per una missione di due giorni tra Beirut, Tel Aviv, Gerusalemme e Ramallah. Nella stessa giornata arriverà in Israele anche il ministro degli Esteri britannico David Cameron, dove si prevede che solleverà le preoccupazioni per l'alto numero di palestinesi uccisi e spingerà per un cessate il fuoco "sostenibile" nella guerra di Gaza.

Gli aggiornamenti sulle operazioni militari

Nel suo ultimo aggiornamento l'Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha) sottolinea quanto sta accadendo a Khan Younis, con l'intensificarsi dei combattimenti.

Martedì "le ostilità sono state particolarmente intense a Khan Younis, con le forze israeliane che hanno circondato e lanciato un'operazione su larga scala nella città. Sono stati segnalati pesanti combattimenti in prossimità degli ospedali di Khan Younis, tra cui al Aqsa, Nasser e al Amal, con segnalazioni di palestinesi che hanno cercato di fuggire verso la città meridionale di Rafah", si legge nel report. 

Martedì pomeriggio il commissario generale dell'Unrwa Philippe Lazzarini ha riferito su X, precedentemente noto come Twitter, che uno dei rifugi dell'agenzia dell'Onu a Khan Younis è stato colpito. "Circa una decina di persone sfollate sono morte e molte altre sono state ferite durante gli intensi combattimenti intorno al rifugio", ha scritto Lazzarini.  

I bombardamenti continuano anche a Gaza City. Martedì il quartiere occidentale di Rimal è stato bombardato più volte: decine di edifici sono parzialmente o completamente distrutti, compreso un edificio che ospitava il Comitato internazionale della croce rossa. Un residente ha detto all'Associated Press che le forze israeliane sono state nel quartiere "per una settimana", e durante questo periodo "hanno distrutto tutto".

Finora l'offensiva israeliana nella Striscia ha ucciso almeno 25.490 persone e ne ha ferite più di 63mila, secondo il ministero della Sanità di Gaza. 

L'Oms entra nell'ospedale di al Shifa

Lunedì l'Organizzazione mondiale della Sanità e i suoi partner hanno portato a termine una missione ad alto rischio rifornendo di carburante l'ospedale di al Shifa, nel nord della Striscia di Gaza, dove centinaia di migliaia di persone rimangono tagliate fuori dagli aiuti

Sono stati consegnati 19mila litri di carburante e si è constatato che la funzionalità della struttura è migliorata rispetto all'ultima visita di dieci giorni fa. È stata osservata una significativa diminuzione del numero di sfollati rifugiati nella struttura, passati da quarantamila a diecimila. I pazienti sono 300 per 120 operatori. 

I servizi essenziali, come le strutture di laboratorio e radiologiche di base, rimangono operativi, così come le cure di emergenza, un'unità chirurgica con tre sale operatorie, le cure post-operatorie e un'unità di dialisi. Nei prossimi giorni è prevista la riapertura di un'unità di terapia intensiva con nove posti letto. Non ci sono servizi di maternità o pediatrici e mancano medici specializzati, farmaci e forniture mediche come le attrezzature ortopediche. 

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