Guyana e Venezuela: "nessun uso della forza" nella disputa territoriale sulla Guayana Esequiba

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Di Michela Morsa
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I presidenti dei due Paesi si sono incontrati per la prima volta dal referendum unilaterale di Caracas del 3 dicembre che approva l'annessione dell'area contesa da secoli

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Guyana e Venezuela hanno concordato di astenersi dall'uso della forza nella disputa territoriale per la Guayana Esequiba, un territorio ricco di petrolio e altre risorse naturali che fa parte della Guyana ma che Caracas rivendica come proprio da circa due secoli. 

Giovedì i leader dei due Paesi, Nicolas Maduro e Mohamed Irfaan Ali, si sono incontrati per la prima volta da quando il 3 dicembre si sono riaccese le tensioni a causa dell'approvazione del referendum indetto unilateralmente dal Venezuela per annettere il territorio. Dopo la vittoria del sì, il governo Maduro ha ordinato la creazione di una divisione militare nei pressi dell'area contesa. 

Al termine dell'incontro nel Paese caraibico di St. Vincent e Grenadine, durato circa due ore, i due presidenti hanno pubblicato un comunicato congiunto in cui hanno detto che si impegneranno a non usare la forza "in nessuna circostanza" e che "qualsiasi controversia" sarà risolta "in conformità con il diritto internazionale, compreso l'Accordo di Ginevra" del 1966, uno strumento che impone il dialogo come strumento di risoluzione dei conflitti. 

Il documento congiunto prodotto alla fine della riunione è però piuttosto vago. Di fatto i due Paesi non si sono accordati su come risolvere la disputa. Il presidente della Guyana ha detto di avere piena fiducia nei procedimenti della Corte internazionale di giustizia delle Nazioni unite, che dal 2018 sta esaminando la richiesta di Georgetown di considerare i confini attuali legittimi e vincolanti. Maduro ha però affermato di non riconoscere la giurisdizione della Corte su questa materia.

I due presidenti hanno comunque detto che tra tre mesi si incontreranno di nuovo in Brasile per discutere della questione, e che nel frattempo verrà formata una commissione congiunta di ministri degli Esteri e tecnici che opereranno insieme per trovare una soluzione.

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