Navi ong, in primo piano la sollecitazione italiana sulla responsabilità degli Stati di bandiera. La posizione degli operatori umanitari
Dopo la recente disputa tra Roma e Parigi, i ministri degli Interni dell'Unione europea si riuniscono oggi per discutere le proposte della Commissione europea sulla riduzione dei flussi di migranti diretti verso il Continente.
Il piano d'azione invita gli Stati membri ad accelerare un piano di ricollocazione che alcuni Paesi europei hanno concordato a giugno.
Ma il documento propone anche un finanziamento di 600 milioni di euro per i Paesi del Nord Africa.
Ora, la questione più controversa è il ruolo delle navi delle ong e se i Paesi debbano assumersi la responsabilità delle navi che battono la loro bandiera e dei migranti che soccorrono.
Italia, Cipro e Malta sostengono che gli Stati di bandiera di queste imbarcazioni ong debbano svolgere un ruolo.
Abbiamo chiesto a Juan Matías Gil, capo missione di MSF Search and Rescue, qual è il suo punto di vista sul piano per quanto riguarda il ruolo delle navi di soccorso delle ong?
"Il governo italiano si riferisce a qualcosa che non è scritto da nessuna parte nella legge. Nella legge non c'è scritto che sono gli Stati di bandiera a doversi occupare delle emergenze che si verificano in mare e che coinvolgono le navi che battono la loro bandiera. Noi insistiamo nel rispettare al 100% la legge. Facciamo tutto quello che dobbiamo fare secondo la legge. Chi non rispetta i propri obblighi sono gli Stati membri. Non coordinano i soccorsi e non assegnano automaticamente il porto di sicurezza come dovrebbe essere. Quindi non abbiamo bisogno di una nuova legge, ma solo che gli Stati membri o i firmatari della Convenzione internazionale rispettino gli impegni presi".