Attentato Falcone: da Roma agli Stati Uniti passando per il cratere di Capaci

Attentato Falcone: da Roma agli Stati Uniti passando per il cratere di Capaci
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Di Simona Zecchi
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Come davanti a una partita da ping pong - ma che gioco non è - ricostruiamo alcuni dei filoni di indagine che sono rimbalzati negli anni della strage di Capaci, il cui processo è ancora in corso e di cui oggi ricorrono 26 anni

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Sabato 23 maggio 1992. L'attenzione del Paese è polarizzata sul Parlamento che deve eleggere il Capo dello Stato. Alle ore 16,50 un ''Falcon 50'' della CAI (Compagnia Aeronautica Italiana di cui si servivano e tuttora si servono i nostri servizi segreti) decolla dall'aereoporto di Ciampino diretto a Palermo. A bordo due soli passeggeri, Giovanni Falcone e sua moglie, Francesca Morvillo, magistrato di Corte d'appello, commissaria d'esame al concorso per uditori giudiziari. Il ''Falcon'' atterra alle 17,49 e ad attenderlo sulla pista ci sono tre ''Croma'' blindate della polizia. Falcone a Roma esercitava il ruolo di direttore degli affari penali del Ministero della giustizia chiamato dall'ex ministro Claudio Martelli: si era allontanato da Palermo ma non dalle indagini.

Quella bomba che squarcia l'autostrada

I coniugi salgono sul sedile anteriore della Croma di centro: Falcone al volante, la moglie accanto, dietro l'agente Giuseppe Costanza. Sulla prima vettura prendono posto Antonio Montinaro, Rocco di Cillo, Vito Schifani (autista) tutti morti; sulla terza Angelo Corbo, Paolo Capuzzo, e Gaspare Cervello (altro autista).

Le tre ''Croma'' blindate escono dall'aereoporto, e, a una velocità di 110/120 chilometri orari, si dirigono verso Palermo. A 250 metri dallo svincolo autostradale di Capaci (Palermo) una carica esplosiva apre d'improvviso una voragine sulle due corsie dell'autostrada. Il killer aziona il radiocomando mentre fuma delle sigarette merit blu: era in agguato sulla montagna sovrastante lo svincolo. Moriranno insieme a Falcone e a Francesca Morvillo anche tre degli uomini della scorta. Sopravviverà a Falcone, il suo autista Costanza, che sedeva dietro i coniugi. Ventitré in tutto i feriti tra i quali gli altri agenti.

Oltre questi dettagli di cronaca ufficiali e confermati dalle varie fasi giudiziarie, necessari per fermare le tragiche immagini di 26 anni fa, si estendono una serie di altre indagini, processi e stragi altre, soprattutto quelle che avvengono di lì a poco e durano un biennio intero (92-93), e che comprendono quella di Paolo Borsellino e la sua scorta dopo soli 57 giorni, oltre alla bombe di Roma, Firenze e Milano. Siamo in Sicilia, ma in realtà l'isola in quegli anni, e fino almeno ai primi anni 2000, è il centro di molte dinamiche tutte nazionali. La Sicilia prima di quegli anni (a iniziare almeno dalla fine degli anni 70 (quando Riina prende le redini di Cosa Nostra) e fino ad allora è l'Italia. Ma oggi a questi fatti vanno ad aggiungersi anche la strage dei carabinieri sulla quale è in corso il processo Ndrangheta stragista.

Le indagini sulla strage e quel furgone bianco Fiat Ducato

A un anno dalla strage, i giudici della Procura di Caltanissetta, titolari da allora delle indagini e dei processi, interrogheranno poi a Roma il questore del Sisde (allora branca civile dei nostri servizi segreti, oggi AISI), Bruno Contrada, come ''indagato di reato connesso'' ai fatti di Capaci. Contrada era stato arrestato alla vigilia del Natale precedente, con l'accusa di concorso in associazione mafiosa. Contrada ha finito di scontare la sua pena nel 2012, nel 2014 la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo condannò lo Stato Italiano per non aver concesso gli arresti domiciliari, per motivi di salute, all'ex numero tre del Sisde. Condanna che non subentra e non sostituisce quella emessa dalla giustizia italiana.

Come stessimo guardando una partita di ping pong rimpallandoci i fatti l'uno di fronte all'altro, saltando da un anno all'altro, fino a oggi, nel corso di questi 26 anni ad affiancare le prime righe di ricostruzione ufficiale che abbiamo appena lette, per quasi ogni evento scorre un'altra versione.

Oppure, è il caso di dire un doppio passaggio. E' cosi, a esempio, per la vicenda della presenza di un furgone bianco che sarebbe stato avvistato nel pressi del luogo in cui avvenne quel giorno la strage, pochi giorni prima dell'esplosione. Un fatto che emerge dopo ben 23 anni, nel 2015, quando due testimoni durante il Capaci bis, che si svolge a un anno dai fatti a Caltanissetta parlano di questo Ducato, il furgone bianco presente il giorno prima dell'attentato.

Poco dopo aver superato lo svincolo Capaci-Isola delle Femmine, un poliziotto e Francesco Naselli Flores, il cognato del generale Dalla Chiesa (ucciso anche lui forse solo dalla mafia il 3 settembre del 1982) si accorgono della presenza di un furgone bianco Fiat Ducato il giorno prima la strage sulla corsia opposta dell'autostrada, quella che conduce a Palermo. Era un mezzo privo di targa anteriore, con la targa posteriore che recava la sigla di Ravenna, testimonierà Naselli Flores. Non c'erano occupanti, i portelloni erano aperti e all'interno c'erano attrezzi da lavoro, vanghe e picconi e alcuni cartelli stradali.

Sotto la sede stradale, sempre secondo il racconto di Naselli Flores, c'erano due uomini che sembrava stessero arrotolando dei fili. La testimoninza dell'ex poliziotto invece è più controversa e ha trascinato con sé anche querele e contro-querele. Questo squarcio di dinamica accompagna e non sostituisce quella che abbiamo letto all'inizio di questo articolo, mentre osserviamo dalla montagna, dove è in agguato un uomo della mafia, una parte dell'autostrada Palermo-Capaci andare in mille pezzi. La montagna sopra il manto stradale quindi e il furgone bianco sotto: eventualmente due livelli, due dinamiche che avrebbero agito insieme. Su quest'ultima vicenda del furgone ancora non si è chiarito fino in fondo.

Le tracce di dna femminile e di un altro uomo

Sempre a un anno di distanza dalla strage di Capaci, per restare sul nostro "tavolo da ping pong", alle indagini verranno acquisiti i fascicoli dell'inchiesta sull'attentato fallito dell'Addaura (1989) e sugli omicidi dell'agente Nino Agostino e del collaboratore del Sisde Emanuele Piazza (rispettivamente 89-90). Due omicidi che si verificano a distanza di un anno l'uno dall'altro, anche questi insieme allo stesso tentativo di strage all'Addaura, contro Falcone e i giudici svizzeri con lui presenti, parte di un groviglio tuttora inestricabile e che precede le stragi del biennio di cui scriviamo. Un tentativo di morte perpetrato già contro Falcone, quello avvenuto nei pressi di una villa che il giudice aveva affittato per l'estate, per cui lo stesso giudice indicò in "menti raffinatissime" quelle che lo realizzarono.

Come in molti eventi tragici di questo tipo avvenuti nel nostro Paese non sono mancati i contributi d'indagine americani che arriveranno a pochi mesi dalla strage. Alcuni esperti dell'Fbi, infatti, collaborarono con i colleghi italiani, anche riproducendo in un poligono l'esplosione di Capaci. Dalle attività d'indagine emergeranno i Dna (ovvero il codice genetico) di tre attentatori. Trenta cicche di sigarette lasciate dai killer che azionarono il telecomando mortale a Capaci. Anche questo aspetto delle indagini, in quello che è il lungo corso della giustizia italiana, ha un suo "gemello" negli anni più recenti quando, nel 2017, durante le nuove indagini di Caltanissetta a processo ancora in corso sulla strage (Capaci Bis), evidenzieranno la presenza di tracce genetiche femminili su due reperti recuperati dalla polizia scientifica nei pressi del luogo dove avvenne la strage (reperti 4S e 4B, due guanti in lattice).

Insieme al Dna di una donna, le indagini individuano anche quello di un uomo: le tracce, come si vedrà poi, non appartengono a nessuno dei mafiosi condannati per la strage. I due guanti in lattice vennero trovati a 63 metri dal cratere provocato dall'esplosione assieme a una torcia e a un tubetto di mastice. Più collaboratori di giustizia hanno evidenziato come quegli oggetti non fossero assimilabili agli strumenti utilizzati solitamente da Cosa Nostra. La componente femminile del codice genetico individuato tra gli altri è quella maggiormente presente nei reperti.

Di presenza femminile si cominciò a parlare già nel 2014, quando spuntano sulla scena del cratere un ex dirigente di polizia con la "faccia da mostro", il cui volto è stato riconosciuto unicamente dal padre di uno dei due agenti ammazzati, Nino D'Agostino, e una donna legata alla struttura paramilitare segreta Gladio, per ora indicata come la "segretaria Antonella". L'ex poliziotto a cui poi sono stati dati un nome e un cognome, lo stesso uomo che spunterà poi nel 2017, Giovanni Aiello, è morto colto da un malore nell'agosto dello stesso anno, mentre stava cercando di portare a riva la propria imbarcazione in Calabria dove viveva da tempo. Morte avvenuta a indagine in corso su di lui: la Direzione Antimafia di Caltanissetta aprì infatti un fascicolo a parte sulla strage, per individuare responsabilità oltre a quelle di Cosa Nostra.

Il ruolo della destra eversiva

Sia Aiello sia la donna sarebbero legati a settori della destra eversiva. "Antonella", sarebbe stata addestrata in una struttura di Gladio in Sardegna. E' notizia proprio di ieri, inoltre, 22 maggio, data dal "Fatto quotidiano", che alcuni dei magistrati che hanno lavorato a stretto contatto con Falcone, tra i quali Roberto Scarpinato, hanno consegnato al Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) delle deposizioni che rivelerebbero nuovi dettagli sui fatti che si sono mossi attorno al magistrato Paolo Borsellino, massacrato da una bomba il 19 luglio 1992 insieme alla sua scorta. Deposizioni che Caltanissetta ha di recente acquisito.

Secondo i magistrati, Borsellino aveva puntato gli occhi e le sue indagini sulle vere motivazioni che hanno portato alla morte Falcone. Tra queste anche le indagini su Gladio, fatto che insieme al DNA della donna spuntata dalle nuove recenti indagini cominciano a comporre un quadro nuovo sulla strage di Capaci. Una partita infinita quella che abbiamo provato a ricostruire qui su questo nostro tavolo dei fatti che va a collegarsi con un altro filone di indagine aperto, quello sulle stragi tutte del biennio 92-93 in cui sono anche indagati Marcello Dell'Utri (già condannato per associazione esterna di stampo mafioso per la quale sta scontando la pena a 7 anni di carcere) e Silvio Berlusconi. Filone aperto e chiuso, archiviato più volte: l'ultima nel 2011. Lo scorso 20 aprile, infine, come abbiamo scritto e ricostruito, si è concluso il primo grado di giudizio del processo trattativa Stato-mafia.

NOTA:Il primo grado del primo processo istruito per la strage di Capaci, denominato in seguito “Capaci uno”, si concluse nel 1997 quando la corte d’assise di Caltanissetta inflisse 24 ergastoli agli uomini ritenuti esecutori e mandanti della strage, tra cui Totò Riina e Bernardo Provenzano. Il processo proseguì in appello e in Cassazione fino al 2008. In quell’anno, il mafioso Gaspare Spatuzza, iniziò a collaborare con la giustizia rilasciando dichiarazioni ritenute tanto attendibili da dare vita a un nuovo processo, denominato “Capaci bis”. Lo stesso Spatuzza ha riscritto le verità sulla strage di Via D'Amelio portando alla revisione dello stesso processo costellato da grandi depistaggi, come anche riconosciuto in sede giudiziaria. Nel luglio del 2016 la corte d’assise di Caltanissetta condannò all’ergastolo 4 dei 5 mafiosi imputati in questo processo.

AGGIORNAMENTO: Il 7 luglio 2018 Marcello Dell’Utri ha lasciato il carcere di Rebibbia dopo che il tribunale di Sorveglianza di Roma aveva deciso di concedergli il differimento della pena per gravi ragioni di salute.

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