Saint Nazaire, il cantiere gioiello conteso da Roma e Parigi

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Perché il cantiere di Saint Nazaire è così ambito dall'Italia e difeso con le unghie e con i denti dalla Francia?

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Saint Nazaire, l’oggetto del contendere degli ultimi mesi tra Francia e Italia, è niente meno che il più grande cantiere d’Europa, uno dei più grandi del mondo. 2.600 addetti diretti, 5mila nell’indotto.
Saint-Nazaire è un asset strategico, l’ultimo cantiere in grado di varare una portaerei di nuova generazione: una grande unità di cui gli italiani non dispongono. Il grande vantaggio di Stx rispetto ai cantieri del gruppo di Trieste, è l’estensione: 150 ettari che permettono la costruzione di navi da 200 e 227mila tonnellate, come quelle che sono state ordinate da Msc crociere e Royal Carribean. Saint Nazaire sarebbe dunque per Fincantieri l’occasione per dare vita a un nuovo colosso europeo delle costruzioni navali che si imponga a livello mondiale, per tenere testa allo strapotere asiatico
Ma proprio la Cina spaventa la Francia. Il rischio che Fincantieri possa mettere in atto una delocalizzazione è uno dei punti che ha dato origine al dietro front di Parigi. Macron vuole rivedere l’accordo per l’acquisizione di Saint Nazaire da parte del gruppo di Trieste perchè vuole garantire la tutela dei posti di lavoro ma soprattutto la sovranità della compagnia.
Un rischio che Fincantieri garantisce non esserci.
Una storia di passaggi di mano, quella di Saint Nazaire. Dai francesi di Alstom, negli anni ’70 il 75% del cantiere viene venduto ai norvegesi di Aker Yards che nel 2008 cedono il 39% ai sudocreani di Stx mentre lo stato francese acquista il 33% e si garantisce così il potere di veto sulle scelte strategiche.
Nel 2014 i coreani falliscono e mettono in vendita le attività europee. Nel gennaio del 2017 il tribunale di Seul stabilisce che la migliore offerta (nonchè l’unica) per l’acquisizione del 66% di Stx France è proprio di Fincantieri.
Cominciano i bilaterali. Ad aprile Parigi annuncia l’accordo: nelle mani italiane finirà il 54,7% del capitale. Il restante 45,3 resta francese: il 33% allo Stato, il 12% a una partecipata sempre dallo stato francese.
A mettere fine ai sogni di gloria del gruppo di Trieste, e del governo italiano, è il neo presidente Macron che a maggio comincia a ventilare l’ipotesi di rivedere l’accordo che les italiens avevano siglato con il governo Hollande. Ed ecco che qualche settimana dopo arriva l’annuncio dell’intenzione dell’Eliseo di far valere il suo diritto di prelazione e di voler nazionalizzare temporaneamente i cantieri.

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