Tav Torino-Lione: 4 punti chiave per comprendere il dibattito sull'ambiente

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L'idea sembra allettante, eppure, dal suo annuncio circa 30 anni fa, il progetto ferroviario ad alta velocità Lione-Torino è stato oggetto di polemiche e divisioni

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Meno camion e più treni sulle Alpi. L'idea sembra allettante, eppure, dal suo annuncio circa 30 anni fa, il progetto ferroviario ad alta velocità Torino-Lione è stato oggetto di polemiche e divisioni.

Il progetto della linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione divide sin dal suo lancio, oltre 30 anni fa. Oltre ai ritardi nel finanziamento, l'impatto ambientale del progetto è oggetto di dibattito. I sostenitori della linea ferroviaria sottolineano che la nuova linea consentirebbe di ridurre le emissioni di CO2, diminuendo il numero di camion sulle strade alpine. In questo modo, 25 milioni di tonnellate di merci potrebbero transitare sulle rotaie.

Tuttavia, i detrattori del progetto sollevano importanti preoccupazioni ambientali. Scavare un tunnel sotto il Moncenisio, al confine tra Francia e Italia, minaccerebbe le risorse idriche e rovinerebbe i paesaggi alpini.

1. Il Tav Torino-Lione avrà un impatto positivo sulle emissioni di CO2?

"Il tunnel di base del Moncenisio è un intervento prioritario nell'ambito degli obiettivi di decarbonizzazione del Green Deal", si legge sul sito di TELT. La riduzione delle emissioni di CO2 è centrale nel progetto. L'obiettivo è duplice:

- Promuovere l'uso del treno riducendo di metà il tempo di viaggio tra Lione e Torino.

- Favorire il trasferimento di 25 milioni di tonnellate di merci l'anno dalla strada alla ferrovia. Un obiettivo cruciale poiché il trasporto merci rappresenterebbe l'80% del traffico sulla linea.

Attualmente, per raggiungere Milano da Parigi con il treno occorrono circa sette ore. Con la futura linea ad alta velocità, ci vorrebbero due ore in meno. "Con il Tav, si impiegheranno cinque ore. A quel punto, diventa allettante per i viaggiatori optare per il treno anziché l'aereo", ricorda Stéphane Guggino, delegato generale di Transalpine, la principale lobby a favore del progetto. Attualmente, il tragitto aereo Parigi-Milano (un'ora e trenta di viaggio) è frequentato da oltre 50.000 passeggeri al mese, uno dei più affollati d'Europa.

I sostenitori del progetto ritengono che la creazione di un'infrastruttura veloce, affidabile ed efficiente sia interessante per i trasportatori di merci. L'obiettivo è quello di trasferire circa la metà del traffico stradale sulle rotaie.

Tuttavia, la realizzazione di un tale progetto non è a impatto zero. La costruzione della linea causerà l'emissione di circa 10 milioni di tonnellate di CO2.

Secondo la Telt, queste emissioni dovrebbero essere compensate dopo 15 anni di utilizzo della linea. A partire da quella data, grazie al trasferimento delle merci dalla strada al treno, l'infrastruttura dovrebbe ridurre la quantità di CO2 emessa dai due Paesi. Nel corso dei 120 anni di utilizzo, la nuova linea permetterebbe quindi il risparmio di un milione di tonnellate equivalenti di CO2 all'anno.

Questi dati sono stati rivalutati nel 2020 da un rapporto della Corte dei conti europea, che stima che occorrerebbero almeno 25 anni, forse anche 50 anni in caso di un utilizzo insufficiente della linea, per compensare le emissioni legate alla costruzione. Un'analisi contestata da Transalpine, che accusa l'autore dell'analisi, Yves Crozet, economista e presidente del think tank dell'Unione stradale di Francia, di mancare di neutralità nei confronti del progetto ferroviario.

Per alcuni ecologisti contrari al progetto, l'impatto ambientale della linea supera la sua utilità. "Stiamo pensando di risolvere i problemi cambiando vecchie tecnologie con nuove tecnologie. Ma i nostri limiti planetari non lo permettono più", sostiene l'eurodeputata dei Verdi Gwendoline Delbos-Corfield. "Si tratta anche di ridurre, di essere sobri e di non costruire più cose inutili, perché la loro stessa costruzione provoca danni ambientali".

2. Perché non utilizzare la linea ferroviaria esistente?

Esiste già una linea ferroviaria che collega Lione e Torino. Passa attraverso un tunnel storico di 14 chilometri nel Moncenisio, scavato nel 1871 e rinnovato nel 2012 per agevolare il trasporto di merci. "È completamente conforme agli standard europei, completamente modernizzato e richiede solo alcune migliorie, il ché costerebbe molto meno che scavare nuove gallerie", spiega Philippe Delhomme, co-presidente dell'associazione Vivre et agir en Maurienne.

Secondo i detrattori del progetto, questa "linea storica" sarebbe quindi sottoutilizzata. In un comunicato del 25 febbraio 2023, l'Ong "Les Amis de la Terre", l'associazione "Vivre et agir en Maurienne" e il partito francese "La France insoumise" sostengono che la linea già esistente potrebbe "assicurare un massiccio trasferimento modale di 16 milioni di tonnellate all'anno, equivalente al peso trasportato da un milione di camion pesanti", cioè l'obiettivo dichiarato dalla società franco-italiana Telt, promotrice del progetto.

Secondo la Telt, infatti, nel nuovo tunnel potrebbero transitare ogni giorno 162 treni merci, rispetto alla cinquantina di treni che viaggiano attualmente quotidianamente sulla linea esistente.

Ma i sostenitori del progetto respingono questo argomento. "La linea esistente è un tunnel obsoleto", sostiene Stéphane Guggino, delegato generale di "La Transalpine Lyon-Turin". "Solo una sessantina di treni vi passano... 60 treni sono ridicoli se vogliamo puntare ad un massiccio trasferimento modale", spiega il delegato generale. "La linea esistente non permette di attuare il trasferimento massivo del trasporto merci sulle rotaie".

3. Qual è l'impatto dei cantieri sulle risorse idriche?

L'aspetto più controverso di questo progetto riguarda le risorse idriche. Durante le manifestazioni del 17 e 18 giugno scorsi, che hanno radunato 5.000 persone nella valle della Maurienne, la protezione dell'acqua è stata al centro delle proteste.

Una delle principali sfide riguarda la limitata disponibilità di questa risorsa vitale nelle regioni attraversate dal progetto. Infatti, i luoghi coinvolti nei cantieri devono già affrontare una diminuzione del flusso delle sorgenti a causa del cambiamento climatico.

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Da un lato, un cantiere di tale portata richiede molta acqua. Questa richiesta ha un impatto significativo sulle riserve esistenti.

"Tuttavia, il fabbisogno di acqua per la costruzione del tunnel è insignificante rispetto alla quantità di acqua sprecata a causa dell'intercettazione delle risorse naturali durante gli scavi", spiega Alberto Poggio, ingegnere e membro della Commissione tecnica dell'Unione Montana della Valle di Susa.

Forando le montagne, si rischia di prosciugare le riserve naturali di acqua. Per evitare l'inondazione delle gallerie, l'acqua deve essere evacuata. "Le stime della TELT indicano quantità d'acqua da 600 a 1.000 litri al secondo che verranno espulse dalle gallerie durante i lavori. Si parla di un volume d'acqua di 20-30 milioni di metri cubi all'anno, che corrisponde ai bisogni annuali di una città di diverse centinaia di migliaia di abitanti. È un po' come se una grande fetta di Torino o un pezzo di Lione rimanesse senza acqua", spiega Alberto Poggio.

In un rapporto del 2021, la Telt conferma che alcune di queste risorse sono minacciate. "Ci sono già impatti significativi sulle risorse idriche in diversi comuni, come ad esempio Villarodin-Bourget, vicino a Modane. Lì, una decina di sorgenti sono già prosciugate o hanno perso parte del loro flusso", continua il co-presidente di "Vivre et agir en Maurienne", Philippe Delhomme. "Ci sarà una vera competizione, una sfida molto forte sull'acqua. Chi avrà la priorità? Saranno gli abitanti, il turismo, la neve artificiale, l'inverno, le dighe idroelettriche? Saranno i prati falciati? Ecco, tutto questo è a rischio con il Tav", conclude l'attivista.

Ma per il delegato generale di Transalpine, Stéphane Guggino, i vantaggi della linea superano i danni alle fonti d'acqua: "Attualmente, questo drenaggio rappresenta l'1% del flusso del fiume Arc che passa vicino al tunnel. Quindi si potrebbe considerare che sia totalmente inaccettabile e  pericoloso per l'ambiente. È un modo di vedere le cose. Si può anche considerare che l'1% del flusso dell'Arc, rispetto a tutti i benefici ecologici (...), come il trasferimento modale dei camion su strada, meno incidenti stradali, meno usura delle infrastrutture, l'affidabilità degli scambi, l'avvicinamento tra popoli e territori... Tutto cià ci fa dire che è un investimento che possiamo fare."

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4. Come il paesaggio sarà alterato?

Il paesaggio alpino che attraversa la frontiera franco-italiana è già visibilmente compromesso. "Nella Valle di Susa, la qualità della vita è diventata problematica sotto molti punti di vista", spiega Alberto Poggio. "La presenza dei cantieri inizia a diventare fastidiosa, sia per quanto riguarda la presenza dei materiali sia per l'impatto ambientale riscontrato dai controlli, che sono piuttosto timidi ma che iniziano a indicare criticità", continua l'esperto. "Inoltre, c'è un problema parallelo che purtroppo non è di natura tecnica, ma è legato alla gestione politica della zona dei cantieri. C'è una forte componente di militarizzazione che fa sì che il clima delle relazioni tra la popolazione e i cantieri sia molto pesante".

Secondo l'ingegnere, il paesaggio è compromesso anche dalla presenza di discariche dove vengono stoccati i materiali utilizzati nei cantieri: "Quando faccio una scavo, ciò che ne esce, la roccia frantumata, dev'essere eliminato in modo permanente. Una parte di questa eliminazione è stata fatta versando i materiali in zone identificate nella stessa valle. Ciò è già accaduto in Maurienne e anche nel sito di Maddalena di Chiomonte, dove è stato scavato un tunnel ausiliario e i rifiuti utilizzati sono stati versati accanto ad esso in modo permanente".

Stessa scena anche in Francia: "I prati sono stati devastati, le foreste sono già state abbattute per stoccare i futuri rifiuti", spiega Philippe Delhomme. "I paesini sono attraversati dai camion di trasporto (ndrl: i camion impiegati nella costruzione del Tav), di rifiuti o di merci e siamo ovviamente disturbati dalla polvere, dal rumore... Io abito a 1,4 chilometri da un cantiere di deposito di rifiuti. Ebbene, sento i camion, sento il rumore delle macchine. Oggi non è più accettabile."

Per coloro che difendono il progetto, questi disagi sono relativi se messi a confronto con i futuri benefici. "Quando si realizza un'infrastruttura, c'è sempre un impatto ecologico, è ovvio. È una realtà", riconosce Stéphane Guggino. "Ma bisogna misurare questi impatti ecologici rispetto ai benefici ecologici su lungo termine e da questo punto di vista, è sempre positivo."

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