Libia, una poltrona per due. La nomina del primo ministro libico Bashaga apre la porta a un potere parallelo che mina i fragili equilibri del paese
Il neo nominato primo ministro della Libia, Fathi Bashaga, è arrivato a Tripoli, accolto da centinaia di sostenitori.
Il Parlamento, con sede nella Libia orientale, lo ha nominato, mettendo a rischio il debole equilibrio di potere nel paese . La tensione nasce dal fatto chel'attuale primo ministro, Abdul Hamin Dbeibah,sopravvissuto giovedì a un attentato, ha ribadito che non si dimetterà.
Bashaga dal canto suo ha chiesto una transizione pacifica del potere:
"Ringraziamo il governo della missione nazionale unita per i suoi sforzi, e non vediamo l'ora di cooperare positivamente e lavorare insieme . Infine, ringrazio il governo di unità nazionale guidato da Abdul Hamid Dbeibah, che ha assunto le sue responsabilità in un periodo difficile".
La nomina di Fathi Bashaga come primo ministro ad interim delinea dunque una situazione anomala con due poteri paralleli (est e ovest) che rivendicano la guida del paese anche se la sua elezione viene considerata una farsa dai suoi oppositori. Il Consiglio dei deputati, situato a Tobruk (est), ha approvato all'unanimità la candidatura di Bashagha dopo che il suo unico rivale, l'uomo d'affari Khaled Bibas, ha scelto di ritirarsi, denunciando immediatamente il trattamento di favore riservato al presidente eletto.
Per l'insediamento definitivo di Bashaga c'è un ulteriore ostacolo. L'ONU infatti riconosce ancora Dbeibah come primo ministro, pur ammettendo che spetta ai libici decidere per il proprio futuro.
"Alla fine, i leader libici dovranno riunirsi per accordarsi o ri-accordarsi su un percorso da seguire" ha dichiarato Stephane Dujarric, portavoce del segretario generale delle Nazioni Unite .
La Libia si trova dunque al momento con due premier che rivendicano la leadership.
Le elezioni parlamentari e presidenziali in Libia erano previste per il 24 dicembre, ma sono cambiate le condizioni politiche Dbeiba le ha rinviate a oltranza . Ora il Parlamento lo incolpa del fallimento.