I sopravvissuti del Bataclan

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Il processo di Parigi riporta in superficie il vissuto di tanti che hanno visto il loro destino incrociarsi con gli attentati del 13 novembre

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Il processo di Parigi riporta in superficie, sei anni dopo, il ricordo della più cruenta aggressione in territorio francese dalla seconda guerra mondiale. Per storici e giornalisti è l'occasione di fare bilanci, per vittime e sopravvissuti anche il momento in cui la memoria acutizza il dolore.

"Abbiamo il dovere di rimanere positivi e continuare ad andare avanti in nome di coloro che non sono stati così fortunati e sono morti. È l'eredità che ci hanno lasciato. Bisogna continuare a vigilare. Non vogliamo che i terroristi vincano", dice non senza emozione Stéphane Toutlouyan, sopravvissuto all'attentato al Bataclan.

Per chi è sfuggito al peggio, lo stesso resta qualcosa di incancellabile. "Ero in piedi al bar e seguivo il concerto. Ho visto le armi sparare. E a un certo punto uno di loro ha puntato l'arma verso di me. Sono scappato", dice Franck, chitarrista, che la sera dell'attentato era al bar. Una fuga salvifica, simbolicamente sconfiggendo i terroristi. 'Sono qui. Potete aver sconvolto la mia vita, ma sono ancora un essere umano. Non ho paura. Avete perso. Questo è il mio messaggio.

Nel corso degli anni, sono diverse centinaia le vittime degli attentati del 23 novembre, e loro familiari, che hanno dovuto ricorrere al sostegno di psicologi e psichiatri.

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