Non c'è pace in Myanmar, Aung San Suu Kyi davanti al giudice

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Di redazione italiana
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Domenica più di 38 persone sono state uccise. Sono oltre 2000 gli arresti dall'inizio delle repressioni. Legge marziale a Yangon

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All'indomani della giornata più sanguinosa dal colpo di stato dei militari in Myanmar, la leader del partito maggioritario, la Lega nazionale per la democrazia, Aung Saan Suu Kyi, è comparsa davanti al giudice in video conferenza: un'audizione che segue quella del 1 marzo, a un mese dal golpe che ha rovesciato il governo il 1 febbraio scorso.

In realtà, dopo le prime battute, l'udienza è stata rinviata alla settimana prossima a causa di problemi tecnici con la connessione Internet. Lo ha annunciato l'avvocato di Saan Suu Kyi. Nel Paese la connessione Internet via telefonia mobile è stata interrotta nelle ultime ore, mentre quella via cavo funziona a singhiozzo.

Agli arresti domiciliari nella sua residenza a Naypyidaw, l'ex Nobel per la Pace deve rispondere di una serie di capi d'accusa, tra cui figurano l'importazione illecita di walkies talkies, il mancato rispetto delle misure anti Covid, l'incitazione ai disordini e l'incasso di una tangente di circa 600 mila dollari.

La leader birmana, 75 anni, rischia sino a tre anni di reclusione. Conseguenze indirette: il possibile scioglimento del suo partito e l'esclusione dalle prossime elezioni, annunciate dai militari entro un anno.
Saan Suu Kyi non ha ancora potuto incontrare il suo avvocato, denuncia il suo legale.

Domenica, intanto, nella sola Yangon, le forze di sicurezza birmane hanno ucciso 59 manifestanti e ferito altri 129. Lo riferisce il sito di informazione birmano Myanmar Now, citando fonti di tre ospedali dell'ex capitale e aggiungendo che gli stessi dottori credono che il bilancio sia ancora più alto. Oltre 2000 gli arresti. Nonostante la repressione, la protesta del “Movimento di disobbedienza civile" continua a manifestare contro il putsch delle forze armate del generale Min Aung Hlaing.

Il bilancio, approssimato per difetto, è di oltre 1.200 arresti, tra politici e giornalisti prima e manifestanti poi.
La giunta militare birmana ha dichiarato la legge marziale in due municipalità della città di Yangon, dove - nel quartiere di Hlaing Tharyar - è stato aperto il fuoco sui dimostranti che fronteggiavano la Polizia. La giunta "conferisce potere di legge marziale amministrativa e giudiziaria al comandante regionale di Yangon per garantire la sicurezza, mantenere lo stato di diritto e la tranquillità in modo più efficace", ha detto un annunciatore di Stato in televisione.

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