Chi era Lee Kun-hee, presidente di Samsung Electronics

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Diritti d'autore Schalk van Zuydam/Copyright 2020 The Associated Press. All rights reserved.
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Di Giulia Avataneo
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L'uomo più potente della Corea del Sud è morto oggi a 78 anni

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Ha trasformato Samsung Electronics in un colosso globale della tecnologia con un giro d’affari pari a un quinto del Pil coreano.

La storia di Lee Kun-hee, presidente del conglomerato morto domenica a 78 anni, ricalca quella dell’intero Paese asiatico, che da un’economia post-bellica è diventato la dodicesima potenza mondiale grazie soprattutto all'high-tech. Allo stesso modo Lee ha fatto crescere l'azienda paterna fino a farla diventare leader mondiale per gli smartphone e tra i primi produttori di microchip e Lcd. 

 Una cavalcata che non gli ha risparmiato guai giudiziari, come le condanne per evasione e corruzione, e dispute societarie con i famigliari. Dall'infarto del 2014 il timone della società era nelle mani del figlio, Lee Jae-yong

Gli esordi

"Dobbiamo cambiare tutto tranne le nostre mogli e i nostri figli". La sua frase del 1993 è diventata celebre. Dopo quella dichiarazione d'intenti il manager coreano, che ha studiato in Giappone dagli 11 anni all'università prima di fare un MBA alla George Washington University, ha rivoluzionato l'azienda ereditata dal padre. 

Samsung era già la società più grande del Paese quando Lee ne ha preso le redini, ma era nota più che altro per i prodotti tecnologici a buon mercato e di scarsa qualità. 

Negli anni '90 Lee ha avuto il coraggio di gettar via i 150mila telefoni in magazzino per investire in innovazione inventando la fortunata gamma Anycall, protagonista della crescita di Samsung sul mercato. Oggi il conglomerato è il produttore numero uno al mondo per gli smartphone

Re eremita

Per decenni Lee è stato l'uomo più ricco in Corea del Sud. Ma conduceva una vita piuttosto riparata, dietro le mura impenetrabili della sua residenza di Seul, uscendo solo per raggiungere il quartier generale della società. 

Un'abitudine che gli è valsa il soprannome di "re eremita". Naturalmente aveva le sue passioni: le supercar, andare a cavallo e guardare film. Restio a concedere interviste, ogni sua apparizione pubblica era un evento, come il discorso d'inizio anno ai dipendenti. 

Sposato con Hong Ra-hee, figlia dell'ex ministro della Giustizia, ha avuto tre figlie e un figlio. In epoca più recente è stato trascinato in tribunale dai suoi fratelli e sorelle, che pretendevano la suddivisione delle azioni di Samsung per miliardi di dollari. 

Guai giudiziari

Nella fitta rete di relazioni economiche-politico-famigliari che caratterizza la Corea del Sud, incappare in grane giudiziarie è stato quasi inevitabile per Lee Kun-hee. Meno scontate sono le condanne, arrivate per corruzione, appropriazione indebita ed evasione fiscale, che lo hanno allontanato dalla guida del gruppo per un breve periodo, nel 2008. Fu comunque sempre condannato con pena sospesa, scampando il carcere, prima di ricevere due grazie presidenziali. 

Dal 2014, dopo un infarto, aveva lasciato definitivamente la guida del gruppo di cui rimaneva presidente. La sua malattia era avvolta nel mistero: circolavano pochissime notizie sul suo stato di salute. 

"Era un visionario che ha trasformato Samsung in protagonista dell'innovazione globale e uno stabilimento locale in una potenza industriale - è il commento dagli uffici di Seul - la sua eredità non avrà mai fine".

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