Le proteste si allargano, dalla Tripolitania alla Cirenaica. Intanto l'operazione europea Eunavfor Med Irini ha intercettato un carico di carburante inviato dagli Emirati Arabi Uniti ad Haftar per uso militare
Il malcontento della popolazione, che fa i conti con un conflitto ormai decennale, infiamma la Libia. Ad agosto contestazioni erano esplose in Cirenaica; negli ultimi giorni si diffondono in Tripolitania. Sia il capo del governo di accordo nazionale al-Serraj sia il generale Khalifa Haftar, che controlla la zona orientale, sono fiaccati dalle proteste.
"La nostra richiesta è semplice - dice un manifestante - Vogliamo una vita decente. Non abbiamo né elettricità, né acqua, né medicinali".
Intanto si è concluso il primo round del Dialogo libico in Marocco, Paese che fa da mediatore.
Agli incontri intralibici partecipano le delegazioni del governo di Tripoli e del parlamento di Tobruk. L'accordo per un cessate il fuoco è stato raggiunto il 21 agosto e - nonostante il portavoce di al-Serraj denunci la violazione da parte delle milizie vicine ad Haftar - la tregua tutto sommato regge. Le due parti si sono accordate per incontrarsi di nuovo a fine settembre.
Il generale della Cirenaica ha promesso all'ambasciata statunitense di sbloccare presto la produzione di petrolio nel paese.
Il dialogo quindi va avanti, mentre l'Unione europea fa la sua parte per far rispettare l'embargo sulle armi. Qualche giorno fa l'Operazione Irini ha bloccato un cargo di carburante per scopi militari, proveniente dagli Emirati e destinato ad Haftar.