Il Bel Paese che non c'è più diventa riserva di pensionati

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Di Paolo Alberto Valenti
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L'Ocse aveva predetto per l'Italia il superamento della platea dei pensionati su quelli dei lavoratori attivi entro il 2050. Il CGIA di Mestre ha dato la sveglia: con la pandemia già dal maggio 2020 in Italia si erogano più pensioni rispetto al reale numero dei contratti ufficiali di lavoro

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Un rapporto abbastanza recente dell'OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) aggiungeva proprio l'Italia alla lista dei paesi che entro il 2050 avrebbero avuto più pensionati che popolazione attiva. Ebbene a dare la sveglia di un sorpasso ormai avvenuto, con l'aiuto della catastrofe socio-sanitaria della pandemia, è stata la veneta CGIA (Mestre) il cui acronimo risponde ancora alla Confederazione Generale Italiana dell'artigianato, facente parte a tutti gli effetti, di Confartigianato.

"A fronte dell'esplosione del Covid-19 a maggio - ci spiega Paolo Zabeo, Coordinatore dell' Ufficio Studi di CGIA - e quindi di una contrazione importante del numero degli occupati in Italia, c'è stato il sorpasso. Ovvero noi oggi abbiamo un numero delle pensioni erogate che è superiore al numero dei lavoratori attivi. Quindi parliamo dei lavoratori dipendenti nel settore privato, pubblico, più gli autonomi, una situazione abbastanza grave per il progressivo invecchiamento della popolazione italiana".

Con le culle vuote e un’età media della popolazione molto elevata, nei prossimi decenni l'Italia avrà meno dinamismo e meno risorse con una forte diminuzione della qualità dei consumi interni, argomenta ancora Zabeo.

Il rapporto giovani/anziani

Siamo quindi ad uno stadio peggiore di quello pronosticato dall'Istituto di statistica europeo con una prospettiva del rapporto di dipendenza della vecchiaia, definito come il rapporto tra il numero di persone anziane (dai 65 anni in su) rispetto al numero di persone in età lavorativa (15-64 anni), che per il 2100 parla di un indice del 57%, vale a dire quasi il doppio di quello del 2019 (31%). Ciò significa che “ci saranno meno di due persone in età lavorativa per ogni persona di età pari o superiore a 65 anni”.

Eurostat ha sottolineato la natura non certa delle stime. “Data l’incertezza intrinseca delle future dinamiche della popolazione, tali risultati dovrebbero essere interpretati come solo uno di una gamma di possibili sviluppi demografici”.

La fuga dei giovani

Naturalmente a questo risultato concorrono molteplici fattori interconnessi fra loro, primo fra tutti la fuga dei giovani. Ad andarsene dall'Italia sono tantissimi brillanti laureati che non hanno futuro a casa loro (verrebbe da dire che i loro padri non hanno pensato alle generazioni future e forse non hanno pensato neanche a loro stessi) mentre all'estero fanno carriera in tanti settori e contemporaneamente aiutano allo sviluppo di altri paesi. Dal 2006 al 2019 la mobilità italiana è aumentata del +70,2% passando, in valore assoluto, da poco più di 3,1 milioni di iscritti all’AIRE (l'anagrafe degli italiani all'estero) a quasi 5,3 milioni.

Lo scrive dettagliatamente l'ultimo rapporto degli Italiani nel mondo della Fondazione Migrantes sulla base di dati ufficiali. Su un totale di oltre 60 milioni di cittadini italiani a gennaio 2019, quasi il 9% è residente all'estero. In termini assoluti, gli iscritti all’AIRE, in data 1 gennaio 2019, sono stati 5.288.281 e non si calcolano coloro che anche in questi ultimi mesi se ne sono andati oltre a coloro che passano ormai sempre più frequentemente periodi di lavoro temporaneo all'estero e non hanno la necessità di iscriversi all'AIRE.

Italia, un paese da pensionati

Fermare l'emorragia della nuova emigrazione è diventato arduo e a quella dei giovani si associa il fenomeno dei pensionati che trovano molto più conveniente andare a vivere per esempio in Portogallo o in Marocco per garantirsi una migliore qualità della vita con una rendita mensile che consente un agio impensabile in Italia. Intanto i giovani italiani andando all'estero (facciamo il caso dell'Europa del nord) trovano paesi globalmente più efficienti. A fronte della relativa difficoltà dell'apprendimento della lingua o dell'inserimento sociale in Germania è più facile trovare occupazioni meglio remunerate, inoltre i cittadini europei sono ormai accolti molto meglio rispetto a quello che accadeva ai loro nonni che fuggivano dalla povertà della campagne nostrane con la classica valigia di cartone.

Nel 2018 addirittura l'esercito tedesco aveva aperto il reclutamento ad una serie di nazionalità europee fra cui gli italiani. Certo i giovani italiani di oggi possono contare su antichi esempi molto illustri, da Dante a Casanova (per non citare la ridda di attori e artisti che col cognome italiano hanno fatto fortuna non solo in America) molte delle star italiane di tutti i tempi sono state emigranti.

Anche se uscito qualche anno fa va consigliato il volume "Casanova per giovani italiani" edito da Utet e firmato dai brillanti Lia Celi e Andrea Santangelo che più che ripercorrere le prelibatezze erotiche di quel personaggio diventato emblema del latin lover, si soffermano sulla vita quotidiana di un uomo colto ed estroverso che ha saputo sempre reinventarsi un destino, proprio a indicare quello che è il compito più difficile che viene richiesto ad un essere umano. Ed anche nel Settecento, con le dovute distinzioni, l'Europa del nord divenne la Mecca di tanti italiani.

La dolce Francia

In Francia, paese notoriamente più caro dell'Italia, gli aiuti di stato per le famiglie non sono mai stati aboliti e gli studenti universitari possono contare su un assegno mensile non lauto ma fondamentale per potersi garantire qualche anno di studio in più dopo la maturità e questo non riguarda solo le classi meno abbienti.

Banche, assicurazioni e in generale il mercato immobiliare costano meno che in Italia. In Francia il bollo auto non esiste più da decenni e la benzina costa meno che nel "Bel Paese". Una visita dal medico di base, costa 25 euro (rimborsati dalla mutua), una visita specialistica poco di più ed è difficile finire in ospedali fatiscenti (in generale) in quasi tutta la Francia.

Il settore ospedaliero italiano devastato

Naturalmente non si possono fare paragoni puntuali con la crisi della sanità al momento della pandemia risultata devastante in tutta Europa ma, per fare degli esempi concreti, chi finiva al pronto soccorso - comunque efficiente - dell'Ospedale Sant'Eugenio a Roma Eur non poteva non rendersi conto che la struttura, come molte altre in Italia, è oberata di una massa di pazienti che non può in alcun modo reggere.

Nel caso specifico il Sant'Eugenio - famoso per la sua specialità relativa ai grandi ustionati - finisce per coprire urgenze che risalgono da tutto il basso Lazio e i pazienti moribondi non si riesce spesso a collocarli adeguatamente in corsia in tempi ragionevoli. Questo non significa che Francia e Germania siano il paradiso ma le condizioni generali che questi paesi offrono ai loro giovani e alle loro popolazioni sono mediamente migliori di quelle che scontano i cittadini italiani stando a casa loro in quasi tutto il paese (il caso delle Rsa della Lombardia probabilmente diventerà il più inaccettabile e sorprendente modello di incapacità nel salvaguardare la salute dei cittadini più fragili).

La sterilità dell'Italia

Rafforzare la solidità di una nazione significa rendere tutto più efficiente. Ogni indice che va in negativo trascina al ribasso la generale qualità della vita del paese e lo fa per tutti. La crisi demografica è una conseguenza di questo sistema. Il declino demografico Italiano era iniziato nel 1995 con un tasso di natalità che oggi viene considerato il più basso al mondo a tal punto che il nostro Paese è caduto in quella che è stata definita la "trappola demografica".

Il paese che era considerato il più cattolico e quindi teoricamente orientato a sostenere la famiglia si ritrova con meno donne in età fertile cosa che significa l'inesorabile crollo della natalità da cui è molto difficile uscire se non si ricorre velocemente ai ripari con la messa in atto di politiche a sostegno dei giovani che vogliono riprodursi, con azioni anche a tutela delle donne che scelgono di essere madri fuori dal matrimonio, con impegni reali a garantire per esempio quello smart working di cui pure la pandemia ha rivelato tutti i limiti.

Due milioni di famiglie in povertà

Una politica litigiosa e inconcludente che negli ultimi anni aveva trasformato il problema dei migranti nello spauracchio che affliggeva l'intera Italia (per nascondere le questioni veramente importanti e neglette da decenni) dimostra quanto ritardo affligga i maggiori dossier nazionali, non ultimo quello della povertà collegata anche all'erogazione delle pensioni. Le ultime statistiche parlano di quasi due milioni di famiglie italiane in povertà assoluta per un totale di 5 milioni di individui di cui oltre 2 milioni e 350 mila nel Mezzogiorno. Persone che fanno fatica a mettere insieme il pranzo con la cena e che sono il bacino di reclutamento delle mafie da sempre.

Le interpretazioni della pandemia

In questo scenario poco rassicurante nel marzo di quest'anno sono apparse in Lombardia e non solo le polmoniti anomale che il servizio sanitario nazionale ha fatto fatica a riconoscere come infezione da Covid-19. In poche settimane tutto l'assetto economico sociale dell'Italia e del resto del mondo, a partire dalla Cina che era già stata infettata, sarebbe cambiato.

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Ma la sorpresa straordinaria che ha svegliato l'insieme dell'umanità sta piuttosto nel fatto che il sistema economico non è in grado di affrontare agevolmente la pandemia. In una economia votata strettamente al profitto, il consumo e lo smaltimento dei rifiuti, che sono diventati il problema maggiore della sopravvivenza del pianeta, il Covid-19 ha svelato l'assoluta debolezza del sistema capitalista. Qualunque soluzione realistica non potrà mai passare solo da un aggiustamento del sistema ma da una radicale trasformazione delle dinamiche e degli equilibri generali delle società.

Quando il crollo del muro di Berlino sembrava spalancare al neoliberismo il potere assoluto, tanto da invitarlo a calpestare nelle regioni più sfortunate anche i diritti elementari dell'uomo, nessuno avrebbe immaginato che la forza della natura avrebbe scatenato (autonomamente) una rivoluzione globale probabilmente parzialmente indotta anche dal miraggio di onnipotenza scientifica che l'ingegneria genetica ha fatto baluginare in questi ultimi anni.

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