I tre dirigenti erano accusati di negligenza sulle misure adottate per prevenire il disastro nucleare del marzo 2011, in seguito alla scossa di magnitudo 9 e al successivo tsunami
"Non colpevoli": così la Corte distrettuale di Tokyo ha giudicato i tre dirigenti del gestore dell'impianto di Fukushima, la Tokyo Electric Power (Tepco), accusati di negligenza sulle misure adottate per prevenire il disastro nucleare, nel nord est del Giappone del marzo 2011, in seguito alla scossa di magnitudo 9 e al successivo tsunami. Il più grave disastro nucleare della storia recente.
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Il presidente 79enne Tsunehisa Katsumata e i due vicepresidenti Ichiro Takekuro, 73 anni, e Sakae Muto, 69 anni, i tre massimi dirigenti della Tepco, erano stati accusati della morte di 44 persone, e delle ferite riportate da altre 13 persone durante l'esplosione di idrogeno alla centrale nucleare di Fukushima Daichi.
La decisione della corte di Tokyo "cozza" tuttavia con quella adottata da un altro tribunale giapponese (corte distrettuale di Matsuyama, nella prefettura di Ehime) che, lo scorso luglio, ha ordinato proprio alla società di gestione Tepco e al governo di ricompensare oltre 20 persone costrette ad abbandonare le proprie abitazioni subito dopo la catastrofe. una decisione che era andata ad aggiungersi alle precedenti 9 che hanno penalizzato la Tepco in circa 30 casi legali sollevati in Giappone. La sesta volta in cui lo stato viene chiamato in causa e giudicato colpevole. In particolare, ecco il collegamento contrario alla sentenza di oggi di Tokyo, secondo quella sentenza, la Tepco avrebbe potuto adottare misure più efficaci contro lo tsunami - quali porte più resistenti all'acqua impedendo l'allagamento degli alternatori, mentre il governo avrebbe fallito nella sua attività di vigilanza sul gestore della centrale.