Andrew Neil intervista Filippo Grandi, Alto Commissario ONU per i Rifugiati

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Di Cristiano Tassinari
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Intervista del popolare giornalista britannico Andrew Neil a Filippo Grandi, italiano, dal 2016 Alto Commissario ONU per i Rifugiati (UNHCR).

Per questa nuova puntata di UNCUT, edizione speciale del nostro programma "Global Conversation"; Andrew Neil intervista Filippo Grandi, italiano, classe 1957, dal 2016 Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR).

L'intervista

Andrew Neil:
Filippo Grandi, benvenuto!
Questa intervista non sarà tagliata, parleremo per 20 minuti e gli spettatori vedranno esattamente ciò che diciamo senza alcuna modifica.

Filippo Grandi:
Ottimo.

Andrew Neil:
Allora, vorrei iniziare chiedendo: c'è ancora la crisi migratoria che sta affrontando l'Europa?

Filippo Grandi:
Ce n'è mai stata una? Capisco che bisogna stare attenti quando si parla di queste cose, ma francamente guardando le cifre di riferimento si nota che dei profughi sfollati - circa 70 milioni di persone in tutto il mondo - circa l'85-90% non sono in Europa, in America, in Australia, ma in Paesi poveri o a medio reddito: ecco dov'è la crisi.
Ora, naturalmente, abbiamo visto persone arrivare in Europa in gran numero, tutto questo è stato complicato e non è stato gestito bene, ciò ha reso la crisi più difficile e la sua politicizzazione l'ha resa irreversibilmente acuta.

"Angela Merkel e la Germania rimasero soli"

Andrew Neil:
I politici hanno certamente pensato che fosse una crisi e l'hanno trattata come tale: è diventata una crisi anche per loro. Compresa Angela Merkel e la Germania.

Filippo Grandi:
Il problema c'è e di certo non incolpo Angela Merkel, che ha fatto a mio parere la cosa giusta, dimostrando che l'Europa dà ancora valore alla solidarietà.
Ma il problema c'è stato quando fece la famosa affermazione che i siriani sarebbero stati i benvenuti in Germania. Non dimentichiamo che i siriani stavano fuggendo da una guerra atroce in quel momento. Quando ha fatto quella dichiarazione, il resto d'Europa non l'ha seguita, non ha condiviso quella responsabilità con la Germania, che è rimasta sola: quello è stato il problema.

Andrew Neil:
E il messaggio che i politici sembrano aver colto è quello di una Merkel fuori combattimento. Ha dato il benvenuto a un milione di rifugiati o migranti, o qualunque cosa fossero: era il leader più potente in Europa ed ha praticamente distrutto la sua carriera politica. Questo è stato un messaggio anche per il resto dell'Europa: in altre parole, 'Noi non lo faremo'.

Filippo Grandi:
Sicuramente. Ma non sono d'accordo sul fatto di attribuirle quel fallimento, quando lo stesso va attribuito all'incapacità dell'Europa di occuparsi di questi argomenti. Sono anche convinto che l'Europa debba occuparsi di tali questioni: anzitutto, perché ha il dovere di accogliere le persone in fuga da guerre e persecuzioni, quindi non è una scelta, ma un valore europeo, un obbligo, anche in base al Diritto Internazionale. Tuttavia, così facendo, l'Europa deve essere più organizzata. E allora è qui che ritorniamo alla politicizzazione: l'argomento è diventato così politicizzato che ogni piccola barca che vaga nel Mediterraneo con 20 persone a bordo diventa un dramma europeo.

Andrew Neil:
O nel Canale della Manica.

Filippo Grandi:
O nel Canale della Manica.

Andrew Neil:
Dove sono impegnate la Royal Navy e la Royal Air Force.

​Filippo Grandi:
E sicuramente ha notato che al giorno d'oggi, in Europa, si fa a gara a chi non accetta e si occupa meno di queste persone, piuttosto che una gara di generosità: è il contrario di quanto si dovrebbe fare, il che è assurdo.Inoltre, è una gara a chi fa il meno possibile e a chi dà la responsabilità agli altri, poiché la cosa è divenuta politicamente dannosa, e questo, come sa, è un circolo vizioso.​ Questo è il problema.​

"Una crisi non paragonabile a quella in Libano e Bangladesh"

Andrew Neil:
Diamo un'occhiata alle dimensioni del problema e poi a ciò che sta accadendo ad alcune delle possibili soluzioni e risposte politiche. I numeri sono al ribasso dal 2015, quando Angela Merkel ha affrontato il problema. Si è spostato lungo il Mediterraneo, c'è stato un calo di circa l'85% nel Mediterraneo e in Italia. Tuttavia l'anno scorso 117mila hanno raggiunto l'Europa via mare. Soprattutto in Italia, Spagna e Grecia. I morti sono stati 200i. È ancora un grosso problema irrisolto.

Filippo Grandi:
Ovviamente è un grosso problema, non voglio che nessuno mi fraintenda quando affermo che non è una crisi: si può solo dire che non è paragonabile a quella che il Libano o il Bangladesh stanno affrontando con meno risorse rispetto all'Europa e numeri molto molto più grandi.
È una crisi non tanto nel Mediterraneo, a mio parere, ma soprattutto in Europa, che ha il dovere di salvare queste persone: ma ancora una volta occorre saper organizzare i soccorsi e condividere gli sbarchi. Bisogna riformare il sistema di asilo, in modo che non siano i Paesi ai confini a dover affrontare tutti i problemi, come adesso: Grecia, Italia e ora Spagna. Per fare tutto questo, serve una certa coesione, lavorare insieme e depoliticizzare l'intero fenomeno.​

Andrew Neil:
Notiamo che ciò non sta accadendo: c'è una nave, la "Sea-Watch 3", è una nave di salvataggio che ha soccorso 50 migranti, cui è stato rifiutato l'ingresso a Lampedusa, l'isola italiana più vicina alla costa libica: ora è diretta verso Malta.​ Non sappiamo se ce la farà ad approdare a Malta. Malta sostiene di essere una piccola isola, di dover accogliere troppi migranti, di essere troppo in prima linea: cosa succederà a queste persone?​

Filippo Grandi:
**Abbiamo visto, negli ultimi tre o quattro mesi, diversi casi come questo: l'ultimo ha riguardato quelle due navi che, nel periodo natalizio, hanno girovagato nel Mediterraneo in condizioni difficili per circa tre settimane. Parliamo di 49 anime rivolte ad un continente di 500 milioni di persone, una delle zone più ricche al mondo: quindi, qual è il problema?
Alla fine, si trovò una soluzione. 7-8 Paesi decisero di condividere questa responsabilità: sono d'accordo da tempo con gli italiani, i greci o gli spagnoli sul fatto che non dovrebbe essere solo un Paese a riceverli tutti, ma è necessario un sistema che funzioni, questo è chiaro, altrimenti diventa una trattativa molto difficile, nel clima attuale.**​

"Abbiamo il dovere morale di salvare le persone in difficoltà in mare"

Andrew Neil: Anche quella fu una soluzione ad hoc.​

Filippo Grandi:
Assolutamente, e sarà adottata anche per questa nave, può scommetterci.​

Andrew Neil:
Anziché una strategia o una vera linea di condotta.​ Diamo un'occhiata a una di queste linee: l'operazione Sophia è stata un'operazione navale europea che ha sorvegliato il Mediterraneo, salvando circa 50.000 persone dal 2015 e scoraggiando i trafficanti di persone. Sembra che l'operazione Sophia, gestita dagli italiani, contenga molte flotte di nazioni europee, inclusi i tedeschi: è stata ridimensionata e potrebbe finire. Cosa dice al riguardo?​

Filippo Grandi: [00:07:14]
Sono preoccupato, non solo in riferimento all'operazione, che è già stata ridimensionata l'anno scorso, tra l'altro, ma in generale per il meccanismo di salvataggio nel Mediterraneo.
Le ONG hanno avuto un ruolo molto importante, ma sono state attaccate pubblicamente, criticate, limitate nel loro campo d'azione, accusate di fomentare ed aumentare il traffico di esseri umani, mentre in realtà svolgono un ruolo indispensabile insieme alle Guardie Costiere nazionali e alle navi dell'operazione Sophia nel salvare le persone.​
Secondo la legge del mare, che è molto antica e risale al XVII secolo, e non secondo la legge sui rifugiati o le norme sulla migrazione, abbiamo un dovere globale che include il salvataggio delle persone in difficoltà in mare.​

Andrew Neil:
Ora sembra che si stiano riducendo le risorse invece di incrementarle: i tedeschi dicono che le loro navi sono state inviate dagli italiani in zone dove non ci sono rifugiati.​

"Meno arrivi, ma più morti"

Filippo Grandi:
Lei sa quello che abbiamo visto, come ha correttamente detto prima: una diminuzione del numero di persone che arrivano. in effetti un netto calo. Tuttavia, la percentuale di coloro che muoiono è in aumento, se proporzionata al numero di coloro che arrivano.​

​ Andrew Neil:
Nonostante gli sbarchi siano in calo, abbiamo avuto un certo numero di morti, quest'anno.

Filippo Grandi:
In realtà, tra il 2017 e il 2018 la percentuale di coloro che stimiamo abbiano perso la vita è raddoppiata, il che significa che ci sono meno salvataggi, ma tralasciando ogni altra considerazione in virtù della complessità di questo problema, tutto ciò è assolutamente inaccettabile, specialmente per l'Europa, e parlo da cittadino europeo, non solo come Alto Commissario per i Rifugiati.​

Andrew Neil:
Ha detto che questi movimenti di migranti e rifugiati - cito le sue parole - dovrebbero essere gestiti in modo pragmatico e con sani principi.​ Ok, ma cosa significa in pratica?

Filippo Grandi:
In pratica, significa avere quello che potremmo definire un sistema di asilo che funzioni meglio.​ Prima di tutto, una migliore distribuzione degli arrivi, non solo in alcuni Paesi e, secondo, un sistema più efficiente e rapido nel giudicare chi è un rifugiato e chi no. Abbiamo fatto innumerevoli proposte all'Unione Europea per adottare un sistema migliore, stiamo promuovendo un sistema molto solido con misure di salvaguardia. Tuttavia, stiamo anche dicendo che dev'essere un metodo efficiente, altrimenti la gente soggiorna a lungo e poi perde impatto e valore. Naturalmente, in questo contesto è difficile avere un sistema tale da non riconoscerli come rifugiati.
Sono migranti e la migrazione è assolutamente legittima, ma ha un'altra logica e un'altra dinamica, alcune persone potrebbero dover essere rimpatriate, ma il tutto non sta funzionando per mancanza di accordi vigenti tra Paesi europei e Paesi di provenienza, il che rende tutto molto complesso.
Non sto sottovalutando la complessità di tutto questo, ma proprio a causa di questa complessità l'Europa deve essere unita, ed al momento non c'è unità.​

"Rifugiati politici o migranti economici?"

​Andrew Neil:

Molta gente gente pensa stia diventando sempre più difficile, in questo mondo moderno, fare una distinzione tra un rifugiato, su cui ci sono obblighi legali di asilo, ed un migrante economico, che è qualcuno che vuole solo provare a scappare per una vita migliore. Possono sentirsi insicuri anche nel Paese da cui provengono, ma non sono proprio dei rifugiati e cercano migliori prospettive: perché si dovrebbero biasimare? La distinzione, però, non è netta e non funziona più.​

Filippo Grandi:
Concordo in parte e sono d'accordo sul fatto che è diventato più difficile fare questa distinzione, non perché le persone non fuggano per ragioni valide. In effetti, tutti loro si spostano per una sacrosanta ragione o perché c'è una combinazione di ragioni.
Si prendano ad esempio i venezuelani, pronti ad arrivare anche in Europa: io ero lì ad ottobre ed è stato molto interessante. Stimiamo che circa tre milioni di persone abbiano abbandonato il Paese negli ultimi due anni e si muovano per motivi che vanno dal non essere in grado di mettere il cibo in tavola per i loro figli alla persecuzione politica, ed altro ancora. So che è difficile, ma quando si giudicano questi casi occorre essere cauti, perché riportare le persone nel loro Paese, dove potrebbero essere minacciate o mettere a repentaglio la loro vita, è qualcosa che non possiamo rischiare.​
Ed è qui che si definiscono i parametri per la protezione internazionale. E poi ci sono diversi tipi di protezione internazionale si puo fornire: protezione temporanea, protezione umanitaria, e lo status di rifugiato, che è il più solido. Quindi penso che quelle distinzioni siano ancora valide e importanti. Se vogliamo preservare l'istituzione dell'asilo, abbiamo bisogno di investimenti e di un nuovo progeto internazionale, è necessario che l'unanimità degli intenti in Europa sia applicata in modo coerente.

Andrew Neil:
E una delle risposte politiche dell'Europa è stata quella di investire denaro in Libia da dove molti migranti e rifugiati lasciano l'Africa per partire per l'Europa attraverso il Mediterraneo. Per metterli nei campi, per aiutare a finanziare i campi, per farli tornare nei campi, a volte, se vengono raccolti in mare... e tutto quello che leggo è che questi campi in Libia sono dei luoghi infernali.

Filippo Grandi:
Sì, sono stato in quei campi.

Andrew Neil:
E ho ragione?

"Campi libici orrendi, pericolosi, umilianti"

Filippo Grandi:
Ha assolutamente ragione. Lo sa che ho detto di recente che se fossi un rifugiato o un migrante o una persona in uno di questi campi rischiereidi uscire e attraverserei il mare, anche se so che metterò in pericolo la mia vita. Questi campi sono così orribili, così pericolosi e umilianti per le persone, che è comprensibile. Ora devo dire qualcosa sul fatto dei soldi in Libia...se la comunità internazionale avesse investito correttamente in Libia non sarebbe una brutta cosa.
In primo luogo, per risolvere il conflitto, che ha bisogno di una fine, perché è la fonte di tutti gli altri problemi in Libia. E poi, naturalmente, per ricostruire il paese. Il problema è che la maggior parte delle risorse sembra essere stata messa in una sola direzione, la Guardia costiera libica. Perché? Perché la Guardia Costiera controlla la costa e serve allo scopo dell'Europa per limitare gli arrivi...di per sé, questa è una buona cosa per rafforzare la Guardia Costiera e salvare le persone lungo la costa. Il problema è che se non si affronta tutto il resto, quello che succede è che la gente continua a sbarcare in Libia, sognando l'Europa. Sono messi in questo centro di detenzione e quindi dobbiamo ricominciare da capo: tirarli fuori da li e salvarli, almeno alcuni
.

Andrew Neil:
...stavo guardando...144 rifugiati e/o migranti salvati da una nave mercantile, ma che sono stati poi portati in un centro di detenzione. A Misurata, nel nord ovest della Libia. E in questi centri ci sono state storie di torture, violenze sessuali, estorsioni, lavori forzati. Voglio dire che sicuramente non può essere la soluzione della politica migratoria europea.

Filippo Grandi:
Sicuramente no. Ma è anche vero che dobbiamo guardare il problema realisticamente. Ci sono decine di migliaia di persone bloccate in Libia e chiaramente non tutte possono venire in Europa. Questo è chiaro. E sappiamo che molti di loro vogliono tornare nei loro paesi. Conosco persone che si sono trasferite per motivi economici e poi hanno capito che è troppo difficile e pericoloso. Vogliono tornare indietro.
Ora, circa un anno fa, l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM), una nostra agenzia amica, ha iniziato a lavorare lì. Siamo riusciti a fare un po' di progressi. IOM risponde alle persone che accettano di tornare nei loro paesi e per quelli che non possono perché sono rifugiati, li aiutiamo ad uscire dalla Libia. Ma è ancora una piccola parte.
Tuttavia, se potessimo espandere quel lavoro, sarebbe utile perché ciò darebbe loro protezione in Libia e sicurezza fuori dalla Libia, in un modo che non li esponga alla tratta e ai pericoli di attraversare il mare. Ma per farlo abbiamo bisogno di più spazio. In Libia, lo spazio è limitato. Molti di questi centri di cui parliamo non sono in realtà gestiti dalle autorità, sono gestiti da militari. Queste milizie non sono gruppo organizzati, sono solo criminali, sono solo bande che traggono profitto da ogni tipo di traffico, comprese quelli di esseri umani.

"In Italia, un passso indietro"

Andrew Neil:
Ecco la Libia, Alto Commissario, ma 500 persone sono state cacciate da un centro di accoglienza per rifugiati vicino a Roma. Dal governo italiano. Non dalla Libia. Non in Nord Africa. Ma in Europa, vicino a una delle più grandi città europee. Voglio dire, non voglio essere troppo pessimista qui, ma se guardiamo queste cose penso che queste storie umanizzino davvero la vicenda. Ti dice cosa sta realmente accadendo. È difficile essere ottimisti.

Filippo Grandi:
Forse potrei aggiungere qualcosa di diverso. Sono storie che aiutano a umanizzare, evidenziando quanto sia diventata disumana la politica. Quello che è successo in Italia è il risultato di una nuova legge. Che ha voluto il governo. Abbiamo detto al governo che quella legge non sarebbe stata buona per chi deve proteggere e aiutare i migranti e avrebbe solo causato più problemi, soprattutto riducendo il sostegno che viene dato ai richiedenti asilo, non permettendo loro di avere accesso a questi centri di accoglienza. La situazione non era perfetta prima, aveva certamento bisogno di miglioramenti. Ma questo è un passo indietro, non un passo avanti.

Andrew Neil:
Ora la sua agenzia penso che stia facendo un ottimo lavoro, ma lei stesso ha detto: "i politici devono smettere di usare gli esseri umani per il risultato elettorale"...è una cosa giusta da dire, ma vorrei ricordarvi che si svolgeranno le elezioni europee, in cui il problema-immigrazione sarà al centro dell'attenzione. E i partiti populisti guadgneranno voti. Questo è ciò che accadrà e che peggiorerà le cose.

"L'Europa si merita un dibattito serio sull'immigrazione"

Filippo Grandi:
Purtroppo sono d'accordo con lei. Non sono preoccupato per l'immigrazione al centro del dibattito. È importante. È un importante problema globale che deve essere affrontato correttamente. Ma urge affrontarlo seriamente, non solo facendo una battuta su chi prenderà le prossime 20 persone su una nave, perché questo è l'attuale livello del dibattito sull'immigrazione. Ecco a cosa si riduce il dibattito sull'immigrazione. Invece di essere una discussione sulle cause profonde di perche le persone si muovono: motivi politici, cambiamenti climatici, povertà, guerre e così via. Questo è il tipo di discussione sulle migrazioni che l'Europa dovrebbe fare e che invece non sta facendo. Quindi tutto ciò che dobbiamo fare a questo punto è sperare che dopo queste elezioni possiamo entrare in una fase in cui potremo riprendere finalmente questa seria discussione. L'Europa lo merita. Gli europei lo meritano. E milioni di persone in movimento se lo meritano sicuramente.

Andrew Neil: Sappiamo che anche lei deve andare, sempre in movimento, Filippo Grandi. Grazie per essere stato con noi.

**
LINK UTILI**
Alto Commissariato dell'ONU per i Rifugiati**
Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM)**

Risorse addizionali per questo articolo • Traduzione: Roberto Alpino

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