Camere oscure portatili artigianali e non solo: la fotografia secondo Fabrice

Camere oscure portatili artigianali e non solo: la fotografia secondo Fabrice
Di Diego Giuliani
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Agli antipodi rispetto alle ultime tecnologie, per il recupero di origini e tradizioni: sulle orme di un fotografo"sui generis", che per un anno ha colonizzato i tetti di una chiesa parigina, con centinaia di apparecchi fatti in casa (che registrano anche il meteo)

Con la tenda, il treppiedi e il taccuino: passeggiata fotografica sulla Senna

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Apparecchi sottomarini adattati in casa, tende trasformate in camere oscure da passeggio, e poi ancora un centinaio di macchine artigianali lasciate per un anno sulle terrazze di una delle più celebri chiese di Parigi per immortalare la città al cambio delle stagioni. E la fotografia vista (e praticata) da Fabrice Lassort: con tanta pazienza, un gusto un po’ retrò e un’indispensabile dose di manualità. Da anni è infatti lui stesso a costruire gli apparecchi che utilizza per la sua ricerca: nella maggior parte dei casi vere e proprie scatole in legno, all’interno delle quali colloca la carta fotografica, che espone poi alla luce proveniente da un minuscolo foro. Esperti e appassionati li conoscono come "apparecchi stenopeici" o "scatole stenopeiche": variazioni sul tema di un principio, che rimanda alla fotografia delle origini.

Un apparecchio sottomarino, un po´di scotch e tanta, tantissima immaginazione: tecniche antiche sposano soluzioni innovative

Ma se la sperimentazione di Fabrice passa per il recupero di tecniche in via d’estinzione, non esita al contempo a sposare la modernità. Lo scopriamo in occasione della "passeggiata fotografica" a cui ci invita a partecipare. All’appuntamento si presenta con uno zaino sulle spalle. Qualche metro appena e all’altezza del Pont des Arts, a due passi dal Louvre, ne estrae il suo sorprendente armamentario : una piccola tenda con due maniche per inservi le braccia, che monta in qualche minuto appena ; un cavalletto di piccole dimensioni e uno strano apparecchio cilindrico giallo. "È un vecchio apparecchio per la fotografia sottomarina – ci spiega Fabrice -, che ho adattato con le mie mani. Lo si apre, all’interno si mette la carta fotografica e il risultato è una foto rotonda". La carta fotografica va però caricata al buio. Ecco quindi la funzione della tenda con i "manicotti", che permette di realizzare l’operazione al riparo dai raggi del sole. Tra le particolarità di questo apparecchio, dei tempi d’esposizione più lunghi della norma. Fabrice li calcola come ai vecchi tempi : con un orologio e a seconda del meteo. "Qui siamo al Pont des Arts di Parigi – riassume annotando il tutto sul quaderno a cui affida i dettagli di ogni suo scatto - , il cielo è un po’ coperto… Mettiamo quindi un’esposizione di un minuto e 45 secondi" .Il risultato di questo scatto lo ritroviamo, insieme ad altri, incorniciato a casa di Fabrice. Con lui c'è per l'occasione Laurent, oggi suo primo assistente, che l'ha seguito e ispirato fin dai primi passi della sua carriera. "Quando ho incontrato Fabrice negli anni ’90 - ci racconta -, lavorava molto sugli spazi urbani e in particolare sui graffiti, i tag, che erano sui muri della città". Poi la sperimentazione con gli apparecchi stenopeici. E fin dalla prima opera, Fabrice fa le cose in grande. A testimoniarlo e un negativo a grandezza naturale, che sul muro del salone ritrae in primo piano un camion. "L’elemento interessante - ci dice ancora Fabrice - è che questo negativo, che misura 50x60 cm, corrisponde alle dimensioni dell’apparecchio stenopeico, utilizzato e costruito da Fabrice".

L'apparecchio sottomarino adattato da Fabrice lo ha accompagnato in "passeggiate fotografiche" anche decisamente esotiche

Dalla cripta ai tetti: gli apparecchi "fatti in casa" da Fabrice invadono la chiesa parigina di Saint Sulpice

Da allora sempre fedele a questa tecnica, Fabrice ha però spinto oltre la sua ricerca. O meglio: più su. Per la precisione a 75 metri d'altezza. Quelli della "Torre Nord" della chiesa parigina di Saint Sulpice. È qui, e sulle terrazze del primo piano, che ha installato 118 apparecchi stenopeici, realizzati con le sue mani. La maggior parte sono rimasti qui oltre un anno: insieme al paesaggio della piazza sottostante e alla vista sui tetti di Parigi, la carta fotografica che contengono ha registrato anche le variazioni del meteo attraverso le stagioni. Scorrendo le foto da sinistra a destra, una serie di striature bianche nel cielo testimonia infatti di quantità di giorni di sole e di brutto tempo. È il principio della "solargrafia", letteralmente "scrittura con il sole": altra tecnica cara a Fabrice, che consiste nello sposare l'impiego di apparecchi stenopeici a tempi di esposizione lunghi anche mesi. E proprio dopo una tale attesa, per Fabrice è arrivata l'ora della verità: è oggi, infatti, che recupererà gli ultimi apparecchi stenopeici, ancora installati a Saint Sulpice. Per farsi aiutare ha convocato una decina di amici, con cui ci inerpichiamo sulla scala a chiocciola che conduce sui tetti della chiesa. I gradini da scalare sono 400, a tratti larghi appena una quarantina di centimetri. In cima troviamo tre apparecchi stenopeici, da mesi orientati sui tetti della città , per ritrarre paesaggi che spaziano dal Pantheon a Notre Dame. 

Muffe, licheni e paesaggi da sogno: quando a "scattare" la fotografia sono anche pioggia e neve

Appena staccato il primo, per Fabrice è subito la "doccia fredda": il suo peso rivela che ha imbarcato acqua e lascia temere che la carta fotografica al suo interno sia fortemente danneggiata. Valérie conosce bene questo genere di problemi. Amica ed estimatrice di Fabrice, per finanziare questo progetto l’anno scorso aveva "adottato" uno dei suoi apparecchi: un contributo in denaro e una scommessa al buio, su una fotografia letteralmente "in balia degli elementi". Neve e pioggia ne hanno infatti rovinato il negativo. Ma a risultarne è stata comunque una foto soprendente. "Non si vede Parigi - ci racconta Valérie -, non si vede la Torre Eiffel… ma è una foto bellissima ! La muffa che si è creata sulla carta fotografica ha dato risultati completamente astratti". Astratti, ma assolutamente definiti: a stagliarsi sulla carta fotografica rovinata dall'acqua è infatti in un angolo un alberello, disegnato fin nei minimi dettagli dalle forme che il caso ha dato a muffa e licheni.

Per saperne di piu su Fabrice Lassort: in questo video una lunga intervista rilasciata nel suo studio di Bordeaux.

La sperimentazione della "solargrafia": scatti onirici che ritraggono cambio delle stagioni ed evoluzione del meteo

Per scoprire se la stessa sorte toccherà agli apparecchi stenopeici appena ritirati da torre e terrazze di Saint Sulpice, accompagnamo Fabrice nell'atelier che ha allestito nella cripta della chiesa. Per prima cosa bisogna aprirli e ritirare la carta fotografica che contengono, per sviluppare i negativi: un'operazione che va fatta al buio e che in principio rivela forme e tinte appena accennate. Quelle definitive appariranno dopo almeno 24 ore. La tecnica elaborata da Fabrice prevede poi una scansione e una digitalizzazione delle immagini, che in questa fase intermedia hanno una forte dominante blu. E sono molto diverse, a seconda della pioggia che hanno preso. "Gli apparecchi dell’ultimo piano, che erano i più esposti alle intemperie - ci racconta, mostrando al computer i risultati di altri apparecchi stenopeici, già ritirati da Saint Sulpice - hanno reso immagini nebulose, in cui si possono vedere diverse forme : della vegetazione, dei personaggi…". Ma dalle forme astratte che colonizzano alcune foto, forme e immagini dei paesaggi emergono sempre piu chiaramente, a seconda di dove erano collocate le scatole stenopeiche. "Al primo piano, che era più riparato, troviamo invece foto come queste - ci dice ancora Fabrice, facendo scorrere le foto sul suo computer - immagini nitide, senza imperfezioni… E a prendere corpo sono i monumenti, la campagna parigina…".

Progetti sperimentali come questo stentano però in Francia a trovare finanziamenti. Dopo oltre un anno, Fabrice ha da poco sgombrato la cripta della chiesa di Saint Sulplice che gli era stata messa a disposizione per allestire il suo atelier. Materiali e apparecchi stenopeici sono finiti in tanti scatoloni, molti dei quali lo seguiranno in Quebec. È qui che, grazie al sostegno dell'ambasciata canadese, proseguirà la sua ricerca nei prossimi mesi.

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