La libertà d'espressione in Francia. Il caso Charlie Hebdo e il processo Dieudonné

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Libertà d’espressione sì, ma fino a dove? E’ l’interrogativo che anima e attraversa la Francia, a poche ore dal processo che si aprirà mercoledì

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Libertà d’espressione sì, ma fino a dove? E’ l’interrogativo che anima e attraversa la Francia, a poche ore dal processo che si aprirà mercoledì contro il comico e polemista Dieudonné. Già noto in patria per le vicende giudiziarie che hanno fatto seguito al crescendo di battute e affermazioni, che da tempo ha orientato contro gli ebrei.

Apologia del terrorismo il reato che gli viene ora contestato, per un messaggio con cui l’11 gennaio aveva storpiato su Facebook lo slogan di solidarietà per gli attentati a Charlie Hebdo, scrivendo di sentirsi “Charlie Coulibaly”. Un riferimento all’autore della strage nel supermercato kosher di due giorni prima, che in base alla legge francese potrebbe pagare con un’ammenda di un massimo di 100.000 euro e sette anni di reclusione.

Chi è però anzitutto Dieudonné? Quali i suoi precedenti con la giustizia francese? E cosa prevede esattamente la legge?

1) Chi è Dieudonné?

Nato nel febbraio del 1966 da madre francese e padre camerunense, Dieundonné M’bala M’bala frequenta una scuola cattolica e cresce all’ombra dei riflettori nella banlieu parigina. Il pubblico francese impara a conoscerlo negli anni ’90 quando, insieme al comico Elie Semoun, dà vita al duo “Elie et Dieudonné”.

Più o meno negli stessi anni, la morte di un giovane di origini africane, aggredito da alcuni militanti del Front National, lo induce a manifestare pubblicamente la sua opposizione all’estrema destra francese e a ogni forma di razzismo.

Quando nel 2002 gli viene rifiutato un finanziamento per realizzare un film sulla tratta degli schiavi, Dieudonné accusa “i sionisti del CNC” – il Centro Nazionale di Cinematografia francese – di applicare “due pesi e due misure” nel trattare la storia dei neri e quella degli ebrei.

L’immagine del polemista comincia a prendere corpo. E con lei, una lunga storia di vicende giudiziarie che accompagnano Dieudonné fino a oggi.

2) I trascorsi giudiziari di Dieudonné

Allora candidatosi polemicamente alle presidenziali francesi, in un'intervista alla rivista "Lyon Capitale" del gennaio 2002, Dieudonné assimila gli ebrei a “una setta” e a una “frode”. Rovesciando un precedente verdetto, la Corte di Cassazione francese ravvede nei suoi propositi un’offesa diretta a un gruppo di persone, in virtù della loro origine.

Cinque anni dopo, il sindacato degli studenti ebrei manifesta a Lione in occasione di un suo spettacolo. Dieudonné replica a mezzo stampa e al “Journal du Dimanche” dice: “Coloro che mi accusano hanno costruito imperi e fortune sulla tratta dei neri e degli schiavi (…). Mi accusano di essere antisemita, ma non ha senso. (…) E’ Israele che ha finanziato l’Apartheid e i suoi piani di soluzione finale”.

Affermazioni che a Dieudonné valgono una condanna a 5.000 euro d’ammenda per “incitazione alla discriminazione, all’odio e alla violenza razziale o religiosa”, poi confermata nel 2007 anche dalla Cassazione.

Da allora è un crescendo di toni e di ammende: 10.000 euro quella che gli viene comminata nel marzo 2011 per aver consegnato, nel corso di uno spettacolo, il “premio dell’infrequentabilità” allo storico Robert Faurisson, in passato a più riprese condannato per negazionismo.

Due anni dopo gli euro dell’ammenda che gli viene comminata salgono a 28.000. L’accusa è di aver istigato all’odio razziale, attraverso la parodia di una canzone, che Dieudonné trasforma da “Chaud cacao” a “Shoahnana”. Lui si difende senza successo, sostenendo che il senso della storpiatura fosse piuttosto “Chauds ananas”, ananas caldi.

Ancora in corso è poi il processo per affermazioni antisemite e istigazione all’odio razziale, seguito alle sue affermazioni sul giornalista Patrick Cohen. “Se il vento gira – aveva detto Dieudonné, con riferimento alle sue origini ebraiche – credo che non avrà neanche il tempo di fare le valigie. Quando lo sento parlare mi dico: ‘Vedi, le camere a gas…’”.

Nel corso dello stesso spettacolo “Le Mur”, poi vietato lo scorso anno, Dieudonné aveva anche detto: “Non devo prendere posizione tra ebrei e nazisti. Non ero neanche nato e non so chi ha provocato chi e chi ha rubato a chi. Ma una mia ideuzza ce l’ho…”.
La Procura ha chiesto per Dieudonné un’ammenda di 30.000 euro. Il verdetto è atteso il 19 marzo.

3) Che cosa prevede la legge francese?

In base alla legge francese, la libertà d’espressione non è incondizionata ma sottoposta a un duplice ordine di limitazioni. Il primo si configura in caso di eventuali diffamazioni e ingiurie, il secondo qualora si istighi all’odio contro una categoria di persone, sulla base di elementi di ordine religioso, razziale o sessuale.

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Il testo legislativo di riferimento è in Francia quello della legge del 29 luglio 1881 , poi aggiornata nel corso delle legislature.

Limitazioni alla libertà d’espressione erano però già iscritte nella “Dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1789” che all’art. 11 recitava: “La libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell’uomo: ogni cittadino può parlare, scrivere e dare alle stampe liberamente, salvo rispondere poi degli eventuali abusi, nei casi previsti dalla legge”.

In merito all’umorismo e alla satira, la legge francese vieta poi di fatto l’accanimento gratuito e ripetitivo contro una specifica categoria di persone. Il carattere laico dello Stato non vieta però di indirizzare la satira contro una religione, ma vieta l’istigazione all’odio contro i suoi fedeli e l’apologia di crimini contro l’umanità.

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