Due anni fa a Smolensk l'incidente all'aereo del presidente polacco Kaczynski

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Due anni fa, il 10 aprile 2010, alle 10 e 41, ora locale, l’aereo del presidente polacco Lech Kaczynski si schianta al suolo dopo un fallito tentativo di atterraggio all’aeroporto di Smolensk, in Russia.

Nessun superstite. Tra le novantasei vittime, il capo dello stato, sua moglie, il capo di stato maggiore dell’esercito, dei membri del governo e del parlamento, e anche il governatore della Banca di Polonia.

La delegazione perita nel tragico incidente stava andando a commemorare il 70. anniversario del massacro di Katyn, un triste episodio che per anni ha avvelenato le relazioni tra Varsavia e Mosca.

Ancora oggi non si è fatta piena luce sull’incidente di Smolensk, vissuto come una catastrofe nazionale.

Inchiesta russa, inchiesta polacca: i rapporti sullo schianto del Tupolev elencano i fattori critici: un errore umano del pilota, la fitta nebbia, la velocità alta, la scarsa illuminazione della pista d’atterraggio, informazioni errate dai controllori russi… una girandola di ipotesi che i polacchi seguono con attenzione.

Le ultime rivelazioni si trasformano in una bomba a tempo per il governo di Varsavia. Due anni dopo, lo schianto continua a pesare, e tanto, nei dibattiti della vita politica.

A Donald Tusk, rieletto di recente, si rimprovera che la Polonia non abbia potuto avere accesso ai resti del Tupolev, rimasto ancora in mano ai russi.

Nessun investigatore polacco si è mai recato sui luoghi dell’incidente, e nessuno ha partecipato alle autopsie sul corpo delle vittime.

E non si è mai approfondita l’ipotesi degli errori nella comunicazione tra gli uomini radar russi e i piloti polacchi.

Per il fratello gemello del presidente una buona occasione politica. Col suo partito di destra, Diritto e Giustizia, il secondo del paese, punta a correre per le presidenziali nel 2015. Parla perfino di attentato, e considera Tusk responsabile della morte del fratello.

Secondo un sondaggio recente il 32 per cento dei polacchi pensa che lo schianto sia stato causato dai russi, il 28 per cento crede che sia stata colpa dei piloti.

Per il 27 per cento ci sono responsabilità del governo di Varsavia e secondo il 18 per cento si è trattato di un attentato.

Maciej Mikos, euronews: Ospite di euronews il professor Bartlomiej Biskup analista politico dell’Università di Varsavia. la prima domanda è: la tragedia di Smolensk è ancora al centro del dibattito politico in Polonia?

Bartlomiej Biskup: Il dibattito politico ruota attorno a quel caso. Ma è la società civile che vuole sapere cosa è realmente accaduto quel giorno di due anni fa.

euronews: Un politico può ottenere un vantaggio da una tragedia simile?

Bartlomiej Biskup: Io credo che sia utile tentare di spiegare ogni dettaglio della tragedia. Ci sono molti lati oscuri sul versante russo. La carcassa dell’aereo è ancora in Russia, anche se appartiene alla Polonia. Le indagini stanno andando per le lunghe e, conoscendo la storia comune di Russia e Polonia, potrebbe passare molto tempo, anche perché in Russia questo caso è molto importante.

euronews: Quindi non è da escludere la pista dell’attentato?

Bartlomiej Biskup: Da quello che sappiamo non si trattò di un attentato, ma non conosciamo tutto quello che c‘è da sapere. Non tutto è stato spiegato.

euronews: Chi avrebbe potuto trarne vantaggio?

Bartlomiej Biskup: Ci sono molti gruppi di interesse nella politica e negli affari, come le multinazionali del gas e del petrolio. Dovremmo anche ricordare che Lech Kaczynski stava cercando di creare un gruppo unito con i paesi dell’Europa centrale e orientale, anche nelle repubbliche dell’ex Unione sovietica. Stava sostenendo i loro interessi sia sul piano dell’indipendenza, sia sul piano della crescita economica. Anche la Polonia aveva forti interessi in questa regione.

euronews: Secondo lei il resto del mondo come giudica la tragedia di Smolensk e la battaglia per attirare l’attenzione sul caso? I media di tutto il mondo sembrano ignorarla. Vuol dire che nessuno se ne interessa più?

Bartlomiej Biskup: Il mondo la ignora perché non ha alcun interesse. E lo stesso vale per l’Unione europea che non ha alcun interesse politico o economico. L’Unione non è formalmente coinvolta in questo caso, perché la Polonia non ha mai chiesto alcun sostegno all’Europa sul caso di Smolensk. Quindi Bruxelles non può fare molto e inoltre non avrebbe alcun tornaconto intervenendo sul caso. Questo si può spiegare anche con la politica di un’Europa a due velocità. La Polonia non ha mai chiesto formalmente aiuto, e l’Unione dice ‘occupatevene da soli’. E siccome la Polonia è un vicino di casa della Russia, preferiscono che la vicenda resti nell’ambito di un confronto bilaterale.

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