Pene pesanti per boss e affiliati delle cosche della provincia di Vibo Valentia. Condannati anche nomi illustri della politica e delle forze dell'ordine locali legati al clan dei Mancuso
Oltre duemila anni di carcere inflitti a 207 dei 338 imputati del processo Rinascita-Scott, arrivato oggi a sentenza di primo grado nell'aula bunker di Lamezia Terme in Calabria.
Il processo contro alcune delle principali cosche della provincia di Vibo Valentia è durato quasi tre anni e ha messo alla sbarra capi e affiliati della 'Ndrangheta e nomi illustri della politica e delle forze dell'ordine locali.
I giudici hanno comminato28 anni di reclusione a Pasquale Bonavota, il capo clan di Sant’Onofrio catturato ad aprile scorso dopo cinque anni di latitanza, 26 anni al boss Nicola Bonavota e 30 anni a Domenico Bonavota e Saverio Razionale.
Pene pesanti da venti a trent'anni di carcere anche per molti degli affiliati alle cosche vibonesi.
CONDANNATI POLITICI E UFFICIALI DELLE FORZE DELL'ORDINE
Tra i politici che hanno fiancheggiato in vario modo Luigi Mancuso, il boss di Vibo che sarà giudicato in un altro processo, figurano: l’avvocato Giancarlo Pittelli, ex senatore e coordinatore regionale di Forza Italia condannato a undici anni di reclusione, l'avvocato Francesco Stillo che ne ha ricevuti quattordici e Pietro Giamborino, già consigliere regionale condannato a un anno e sei mesi.
Dieci anni invece per l'ex maresciallo della Finanza, Michele Marinaro, quattro all'ex comandante dei Vigili urbani di Vibo Valentia Filippo Nesci, due anni e sei mesi all'ex tenente colonnello dei Carabinieri, Giorgio Naselli.
I reati contestati agli imputati includevano: abuso e rivelazione di segreti d'ufficio, associazione mafiosa o concorso esterno, estorsione, intestazione fittizia di beni, omicidio, ricettazione, riciclaggio, traffico di droga e usura.
"E' solo il primo gradoma conferma come non vi fosse alcun aspetto della vita e del tessuto economico-sociale della provincia di Vibo Valentia che non fosse condizionato da questa organizzazione criminale" ha dichiarato Vicenzo Capomolla, procuratore della Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Catanzaro, commentando la sentenza.
Proprio l’inchiesta della Dda di Catanzaro ha chiarito la collaborazione della rete criminale con logge massoniche, ma anche i dissidi interni alle cosche che hanno causato decine di omicidi negli ultimi anni.
Ad avviare le indagini e a rappresentare l'accusa è stato il procuratore Nicola Gratteri, già protagonista dei maxi processi di Palermo contro la mafia a cavallo degli anni '80 e '90 e oggi procuratore capo a Napoli.
A fine 2019 le indagini erano sfociate in una maxi-operazione tra Italia, Germania, Svizzera e Bulgaria con centinaia di arresti e sequestri di beni per milioni di euro.
Decisiva per le indagini e per le condanne è stata la collaborazione di alcuni pentiti, tra cui Emanuele Mancuso, uno dei nipoti del boss di Vibo.
La 'Ndrangheta è oggi considerata la più potente organizzazione criminale con ramificazioni in ogni continente, avendo conquistato il controllo del narcotraffico in Europa.
Le tre giudici del processo Rinascita-Scott hanno raggiunto il proprio verdetto dopo oltre un mese di camera di consiglio, durante cui sono rimaste in un luogo segreto sotto protezione.
La lettura delle sentenze ha richiesto un'ora e quaranta minuti.
Oltre alle condanne, generalmente inferiori alle richieste della procura, un centinaio di assoluzioni. Spicca quella dell'ex sindaco di Pizzo Calabro Gianluca Callipo, per lui l’accusa aveva chiesto vent'anni di reclusione e che è stato assolto per non aver commesso il fatto.
388 IMPUTATI, 400 AVVOCATI, 900 TESTIMONI
Il processo è stato uno dei più grandi contro la criminalità organizzata in Italia, con oltre 400 avvocati e 900 persone chiamate a testimoniare. Per celebrarlo è stata costruita appositamente un'aula di massima sicurezza a Lamezia Terme capace di ospitare fino a 350 imputati.
Il nome del processosi deve alla rinascita auspicata per la Calabria e al cognome dell'agente speciale americano Scott Sieben che ha collaborato con la polizia italiana sui collegamenti tra la 'Ndrangheta e i cartelli della droga colombiani.