Cile, 50 anni fa il golpe che instaurò la dittatura militare

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Cile, 50 anni fa il golpe che instaurò la dittatura militare. Le commemorazioni, i commenti e i ricordi di quel giorno

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Cinquant'anni fa il colpo di Stato in Cile. A ricordarlo questo 11 settembre manifestazioni e cortei, a margine anche qualche disordine, che non hanno impedito lo svolgimento della cerimonia presieduta dal presidente Gabriel Boric.

Boric rivolgendosi ad un pubblico di un migliaio di invitati, fra cui quattro presidenti latinoamericani, il premier del Portogallo Marcelo Costa ed anche l'ex presidente del consiglio italianoMassimo D'Alema, ha presentato il documento 'Democrazia oggi e sempre', firmato dai quattro ex presidenti cileni viventi (Eduardo Frei, Ricardo Lagos, Michelle Bachelet e Sebastian Pinera). Tra gli invitati anche l'ex presidente colombiano, Juan Manuel Santos e l'ex capo di Stato dell'Uruguay José Alberto Pepe Mujica.

La cerimonia di commemorazione del 50/o anniversario del colpo di Stato  a Santiago del Cile è stata  sospesa alle 11,52 (le 16,52 in Italia) per osservare un minuto di silenzio.

Fu esattamente a quell'ora dell'11 settembre 1973 che comincia il colpo di Stato contro il presidente Salvador Allende con un bombardamento del palazzo presidenziale.

 Gabriel Boric ha ricordato quei tragici momenti:

"Oggi ricordiamo coloro che hanno difeso la Costituzione e le leggi quando, 50 anni fa, lo Stato di diritto veniva rovesciato dalla forza degli aerei, dei carri armati e dei cannoni. Portiamo nel cuore anche coloro che, fin dal primo giorno, sono stati perseguitati per le loro idee, sono morti o sono stati fatti sparire, sono stati imprigionati, torturati, relegati ed esiliati. Ecco perché è molto importante ((affermare chiaramente)) che il colpo di Stato non può essere separato da ciò che è venuto dopo". 

Le cerimonie sono iniziate ieri, tra le altre il tradizionale corteo  annuale del Coordinamento nazionale per i diritti umani e sociali, durante cui un gruppo di infiltrati incappucciati hanno causato disordini e gravi danni all'edificio della Moneda e al Cimitero nazionale, e una marcia di migliaia di donne vestite di nero che, convocate dall'organizzazione 'Mujeres por el Nunca Mas' , si sono raccolte in silenzio davanti al palazzo presidenziale.

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Boric ha parlato a lungo dell'importanza della democrazia, illustrando inoltre il suo Piano nazionale di ricerca di verità e giustizia, che si propone di arrivare a conoscere il destino finale delle 1.162 persone che in Cile sono catalogate come desaparecidos". 

Nello spazio allestito di fronte alla Moneda ha preso la parola anche la figlia di Allende, Isabel Allende Bussi, che ha ricordato i profondi principi democratici del padre.

Un Paese ancora diviso

Un Cile attraversato da tensioni e divisioni commemora il 50/o anniversario del colpo di Stato dell'11 settembre 1973 e ricorda la figura di Salvador Allende, il presidente socialista che pagò con la sua vita, si suicidò, la rottura della democrazia voluta dal generale Augusto Pinochet.

Da tempo il governo progressista di Boric è confrontato da una crescente opposizione da parte della coalizione tripartita Chile Vamos di centro-destra e dell'estrema destra del Partito republicano di José Antonio Kast, ma l'appuntamento dei 50 anni dal golpe ha ulteriormente accentuato le divergenze fra le parti.

Forti della bocciatura nel referendum della prima bozza di nuova Costituzione, considerata "esageratamente progressista", il centro-destra cileno ha  vivamente criticato il progetto di desegretare le testimonianze della Commissione Valech (sugli abusi commessi in Cile tra il 1973 e il 1990 dagli agenti del regime militare). 

È anche per queste ragioni che i leader di Chile Vamos non hanno voluto aderire al 'Compromiso de Santiago' sulla democrazia, proposto da Boric e firmato dai quattro ex presidenti cileni viventi. 

Il ricordo di Massimo D'Alema

"In questi 50 anni tra Italia e Cile si è¨ creato un legame speciale, al tempo stesso politico,umano, culturale. La vicenda del Cile ha avuto un'influenza sulla storia italiana: il compromesso storico e la solidarietà nazionale nascono in gran parte a partire da una riflessione sul tragico epilogo della esperienza di Unidad popular". Lo dice, in un'intervista a La Stampa, l'ex presidente del Consiglio Massimo D'Alema.

"Il Cile era un Paese evoluto, aveva un sistema politico molto legato a quello europeo: c'erano la Dc, i comunisti, i socialisti. Per noi del Pci rappresentava l'esperimento di un'avanzata democratica verso il socialismo non solo in un Paese occidentale ma collocato addirittura nel 'cortile di casa' degli Stati Uniti", ricorda D'Alema.

"Allende era un democratico ma l'esperienza di Unidad popular fu segnata anche da spinte radicali, che favorirono gli argomenti della destra e il colpo di Stato avvenne sull'onda di un'ondata reazionaria, che ebbe anche una base popolare".

"Dal 1973 la politica del Pci si muove a partire da un lungo articolo di Enrico Berlinguer, pubblicato su Rinascita, che si intitola 'Riflessione sui fatti del Cile'. Una riflessione che

spinse il Pci a prendere atto che in un mondo diviso dalla guerra fredda, in un Paese dell'Occidente un'alternativa  seccamente di sinistra non era realistica e occorreva fare un'alleanza con forze come la Dc. Ma i fatti del Cile spinsero anche frange della sinistra a radicalizzarsi". 

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La presa del potere di Augusto Pinochet

La presa di potere di Pinochet avvenne l'11 settembre 1973, quando fu rovesciato Salvador Allende, il presidente eletto che poi si suicidò nel palazzo presidenziale. Dal giorno del golpe, il regime pinochetista cominciò una durissima repressione. In realtà, fino al 27 giugno 1974 Pinochet era stato semplicemente uno dei quattro capi (nominato poi capo permanente) della junta militar, leadership che prese il potere e che avrebbe dovuto alternarsi con quelle dei comandanti delle altre forze armate in un sistema a rotazione.

Ma il 12 settembre 1974, esattamente un anno dopo il golpe che aveva spodestato il presidente eletto, Pinochet e la giunta militare assunsero anche il potere legislativo, insieme a 12 militari che furono nominati ministri. Pinochet assunse quindi il titolo di "Capo supremo della nazione", poi ufficializzato in presidente del Cile. La violenza e il bagno di sangue del colpo di Stato continuarono però durante tutta l'amministrazione di Pinochet, che governò con il "pugno di ferro" fino al 1990.

 Contro i dissidenti venivano comunemente usate torture, al fine sia di ottenere informazioni, sia per reprimere qualsiasi idea politica contrastante rispetto a quella del governo incutendo terrore. Molte delle persone sequestrate, a differenza di quanto avvenne in Argentina, furono poi rilasciate dopo tempi più o meno lunghi di detenzione, ma costrette all'esilio o all'isolamento sociale e politico (come accadde al futuro scrittore e regista Luis Sepúlveda e alla scrittrice Isabel Allende). I dissidenti assassinati per aver pubblicamente parlato contro la politica di Pinochet venivano invece definiti "scomparsi" (desaparecidos in spagnolo o portoghese). Non si sa quante persone furono realmente assassinate dalle forze del governo e dei militari durante i diciassette anni di governo di Pinochet, ma la Commissione Rettig, voluta dal nuovo governo democratico, elencò ufficialmente più di 3000 vittime (2.095 morti e 1.102 "desaparecidos") su 130.000 sequestri. 

L'ultimo computo aggiornato, presentato nell'agosto 2011 da una commissione incaricata dal governo, ipotizza il numero totale delle vittime come 40.018[7] e 600.000 incarcerati.

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