Sea Watch, reportage dalla nave: "abbiamo fiducia nella giustizia italiana"

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Di Giorgia Orlandi
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La nostra corrispondente a bordo della nave che da due settimane è al centro di un nuovo scontro col governo italiano

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Mentre a Lampedusa continua ad andare in scena l'ennesima contesa tra il governo italiano e il mondo delle Ong, la nostra corrispondente Giorgia Orlandi è salita sulla nave da soccorso Sea watch; la cui capitana, la tedesca Carola Rackete, rischia ora conseguenze legali dopo aver forzato il blocco navale imposto sulle acque territoriali italiane. "Sono preoccupata per le persone a bordo" ha detto Rackete. "Abbiamo effettuato un salvataggio, abbiamo preso a bordo delle persone, compresi 3 minori - il piu giovane dei quali ha solo 12 anni - e all'improvviso sono legalmente responsabile per loro... e queste persone ora hanno bisogno di luogo sicuro. Credo che probabilmente ci sarà un'indagine, ma mi aspetto anche che la giustizia italiana comprenda la situazione, che dia valore alle vite umane e alla legge marittima e non credo ci sarà alcuna condanna e in realtà spero che non ci sia nemmeno un processo".

Sulla nave incontriamo anche alcuni dei migranti soccorsi: uno di loro, un 29enne di nome Henry, rimasto per tre anni in Libia, dice di essere fuggito dalla violenta crisi politica che attraversa il Camerun. "Volevo venire in Europa perché, perché nel mio paese la situazione non è più sostenibile, c'è una violenta crisi politica in Camerun, ma anche in Libia non è stato facile perché la Libia non è affatto un posto sicuro".

Carola Rackete  e il team a della Sea Watch sono pronti a fare tutto il possibile per portare al sicuro i rifugiati a bordo.  Rackete detto di non aver paura di qualsiasi conseguenza dovrà affrontare con le autorità italiane; ribadendo inoltre che non è possibile "giocare con la vita delle persone".

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