Ormai sono solo il 14% dei punti di ristoro della capitale francese e si candidano a diventare patrimonio dell'umanità.
Come i tetti di Parigi sono uno dei volti della "douce France", rifugi sicuri nel caos della città, con un bicchiere di vino e un croque monsieur sempre pronti. Sparsi per i vicoli di Saint Germain de près, di Montmartre e di Montparnasse; "se Parigi è una festa lo si deve a loro", scrisse Ernest Hemingway.
Sono i bistrot della capitale francese, che ora si candidano ad essere riconosciuti come patrimonio UNESCO.
"I parigini non vogliono che i turisti vengano solo per il Louvre, Notre Dame o la Torre Eiffel: vogliamo che vengano nei nostri bistrot e non nelle paninoteche o nei fast food; i parigini non si rendono conto che il primo social network fisico sono i bistrot e le terrazze, sono luoghi di libertà, uguaglianza, perché siamo tutti uguali davanti a un caffè da 1.20 euro; e sono luoghi cari, perché le storie più belle d'amore e amicizia sono spesso nate in bistrot o sulle terrazze di Parigi".
Alcuni di loro, come il Deux Magots caro a Jean-Paul Sartre sono stati consegnati alla storia, eppure rischiano di sparire divorati dalle catene. Rappresentano ormai solo 14 % dei punti di ristorazione della capitale francese. Pochi ma decisi a difendersi.