Huang Yong Ping al "Monumenta" di Parigi

Huang Yong Ping al "Monumenta" di Parigi
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Il Grand Palais di Parigi ospita nei suoi ampi spazi alcune grandi installazioni. Come lo scheletro di un serpente gigante, arrotolato su una pila di

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Il Grand Palais di Parigi ospita nei suoi ampi spazi alcune grandi installazioni. Come lo scheletro di un serpente gigante, arrotolato su una pila di container e sotto un enorme cappello napoleonico.

Sin dal 2007 gli artisti contemporanei fanno a gara per esporre le loro opere piú stravaganti in «Monumenta».

Quest’anno tocca all’artista cinese Huang Yong Ping. La sua installazione si chiama «Imperi», una metafora che richiama la brama di potere che anima l’ascesa e la caduta di nazioni e business nel mondo globalizzato.

Jean de Loisy, curatore della mostra: “È interessante vedere che questa mostra è carica di simbolismo. Ad esempio, un serpente potrebbe rappresentare un grande gioco del Go su un territorio; i container possono essere visti come pezzi di mahjong (gioco cinese) e il cappello di Napoleone emblema del gioco degli scacchi. Qui ci sono già tre elementi che dimostrano come quei giochi di potere e strategia siano gli stessi che rappresentano lo spettacolo della globalizzazione. Vorrei aggiungere che i container possono essere visti come contenitori di ricchezza, ma anche utili per trasportare o proteggere coloro che sono infelici; lo spazio, che rende possibile il gioco tra i due, è determinante per un artista come Huang Yong Ping.”

Nato nel 1954, Ping si trasferisce a Parigi, dopo le proteste di Piazza Tiananmen del 1989. È il settimo artista chiamato a creare un’installazione personalizzata per la Mostra «Monumenta» al Grand Palais, tra gli altri, Anselm Kiefer, Anish Kapoor e Daniel Buren.

Huang Yong Ping, artista: “La mia esperienza personale è parte di questo progetto, ma anche il mondo di oggi fa la sua parte. Quest’opera non può essere affrancata dalla realtà”.

L’installazione di 305 container, disposti uno sull’altro, svetta nello spazio espositivo per raffigurare la potenza e l’impatto della globalizzazione.

Il serpente è fatto di 316 vertebre e 568 stecche di lega di alluminio, prodotte in quattro diverse fabbriche in Francia e in Cina.

Ci sono voluti 11 giorni di lavoro da parte di circa 60 uomini per assemblare i vari elementi. L’intera opera pesa 980 tonnellate.

“Stando a terra, quando si cammina accanto ai container – dice un visitatore – si prova una senzazione di oppressione di questa installazione sopra di noi. La sensazione è che ci stia schiacciando, ma se ci spostiamo, se andiamo più lontano, più in alto, allora potremmo osservare una sorta di battaglia, come se fossimo su una collina, lontano. Qui, invece, ci sentiamo sicuri e impotenti.”

“La mostra è anche un po’ Zen – spiega una donna -. C‘è una sorta di meditazione che la compone, che mi piace ».

La mostra rimarrà aperta al pubblico al Grand Palais di Parigi fino al 18 giugno 2016.

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