Sterilizzazione coatta delle donne Rom, arriva il risarcimento nella Repubblica ceca

Elena Gorolova, una delle donne sterilizzate con l'inganno
Elena Gorolova, una delle donne sterilizzate con l'inganno Diritti d'autore Euronews
Di Eloisa CovelliJiri Skacel
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Una pratica diffusa sotto il regime socialista, ma usata fino agli anni 2000

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Sterilizzazione coatta delle donne Rom e Sinti, accadeva in maniera sistematica nell'ex Cecoslovacchia del regime socialista negli anni '70 e '80. Ma alcuni casi sono stati segnalati anche nella Repubblica ceca fino agli anni 2000. L'ultimo documentato è del 2007.

Alle donne venivano fatti firmare dei documenti con l'inganno per dare il consenso alla sterilizzazione, che spesso veniva spacciata per una forma temporanea di contraccezione. A volte avveniva durante un ricovero ospedaliero, quando erano più vulnerabili. Oppure gli venivano offerti dei soldi.

Ero sdraiata e dolorante, sotto sedazione. L'infermiera venne da me con due fogli. Su uno mi ha chiesto di scrivere il nome del neonato. Sull'altro mi è stato chiesto di firmare il nullaosta per la sterilizzazione.
Elena Gorolova

Lo Stato si è scusato nel 2009, ma solo ora le donne possono festeggiare. Dopo decenni di battaglie la Repubblica ceca gli ha riconosciuto un indennizzo: 300mila corone, pari a 12mila euro. Poca cosa rispetto al danno e alla sofferenza inflitta. Ma pur sempre l'ammissione di aver sbagliato.

Lo Stato riconosce così l'errore e se ne rammarica e cerca di risarcire simbolicamente queste donne. Quindi mostra rispetto per loro.
Sri Kumar Vishwanathan
coordinatore Unione donne sterilizzate involontariamente

Nella Repubblica ceca 400 donne avranno l'indennizzo. Il risarcimento è anche un'assicurazione che questo non accadrà mai più.

La presenza Rom in questo Paese è circa 250mila persone la maggior parte delle quali vive in condizioni di povertà e di discriminazione sociale.

Casi di sterilizzazione forzata di donne Rom e Sinti sono stati documentati anche in Slovacchia, Ungheria, Germania, Svezia e Norvegia.

Risorse addizionali per questo articolo • Il Manifesto

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