Biden riconosce il massacro di Tulsa. "Suprematismo bianco la minaccia più grave"

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Diritti d'autore Evan Vucci/Copyright 2021 The Associated Press. All rights reserved
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Di Giulia Avataneo
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Biden riconosce il massacro di Tulsa. "Suprematismo bianco la minaccia più grave"

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Un altro muro che cade. Joe Biden è il primo presidente in carica a recarsi a Tulsa e a riconoscere uno dei più dei più oscuri e soppressi momenti di violenza razziale della nazione. Lo ha fatto nel giorno del centenario degli eventi di Tulsa, dove ha definito il suprematismo bianco la più grande minaccia per il Paese.

Un massacro sotto silenzio

"Per troppo tempo - ha esordito Biden -  la storia di ciò che ha avuto luogo qui è stata mantenuta sotto silenzio, ammantata di oscurità. Ma solo perché la storia è silenziosa, non significa che non abbia avuto luogo. E mentre l'oscurità può nascondere molto, non cancella nulla. Alcune ingiustizie sono così atroci, così orribili, così gravi, che non possono essere sepolte, non importa quanto duramente si provi a rimuoverle".

Il presidente ha rimosso quel muro di omertà che per molto tempo ha fatto sì che i fatti di Tulsa fossero definiti "disordini" anziché un vero e proprio massacro a sfondo razziale. A testimoniare questa presa di coscienza c'erano gli ultimi tre sopravvissuti di quella strage, Viola Fletcher, Hughes Van Ellis e Lessie Benningfield Randle, all'epoca tutti bambini.

Gli eventi del 2921

Il 31 maggio e 1 giugno 1921, una falsa accusa di violenza nei confronti di un nero fece iniziare una feroce rappresaglia nel quartiere Greenwood, all'epoca fiorente e noto come la "Wall Street nera".

Centinaia di bianchi si armarono e saccheggiarono, bruciarono, uccisero 300 neri. Altri vennero internati in campi sorvegliati dalla Guardia nazionale. Diecimila rimasero senza casa. Leggi e politiche capestro impedirono la ricostruzione anche nei decenni successivi. Il massacro rimase senza colpevoli, con effetti che si riverberano nelle tensioni odierne: le polemiche per i mancati risarcimenti ai familiari delle vittime, la riesumazione delle vittime, l'allerta per i timori di contromanifestazioni suprematiste. 

Pagina mai risolta

Joe Biden ha deciso di andare oltre il riconoscimento ufficiale della strage e delle responsabilità del governo federale, cogliendo l'occasione per invitare il Paese a riflettere sul "razzismo sistemico" che permea gli Stati Uniti d'America. I dati parlano chiaro: per ogni dollaro nelle tasche di una famiglia bianca, una famiglia nera non supera i 13 centesimi (statistiche del Center for American Progress).

Cento anni dopo il pericolo le tensioni razziali nel Paese sono forti più che mai. Lo dimostra il caso George Floyd e il movimento Black Lives Matter

Il piano Biden

L'amministrazione ha in programma tre i piani di azione principale per ridurre le disuguaglianze nel Paese. Il primo è quello di usare i poteri di spesa federale per aumentare del 50% i contratti con le piccole imprese detenute dalle minoranze, una mossa che secondo la Casa Bianca si tradurrà in ulteriori 100 miliardi di dollari in cinque anni.

Il secondo è investire 10 miliardi del piano infrastrutture per rivitalizzare le comunità meno servite e sviluppate, come la stessa Greenwood.

Il terzo è uno sforzo tra agenzie governative per superare le discriminazioni razziali nelle politiche abitative e una serie di sgravi fiscali per incentivare lo sviluppo di case per persone a basso reddito.
Un piano che non accontenta tutti: sono in molti a chiedere anche la cancellazione del debito universitario, che grava sulle famiglie più povere. Questa è una promessa dell'amministrazione Biden su cui la Casa Bianca sta facendo valutazioni.

Voto soppresso

C'è un'ulteriore minaccia messa in atto da un numero crescente di Stati americani, ed è la soppressione del diritto di voto per le minoranze.

Georgia, Florida e Arizona hanno approvate delle norme molto restrittive, che pongono ostacoli all'esercizio del diritto di voto universale. In Texas un provvedimento simile potrebbe essere approvato a breve.

Il presidente Biden ha affidato alla sua vice, Kamala Harris, il compito di coordinare gli sforzi della Casa Bianca per invertire la rotta e garantire alle urne l'inclusione di tutti. Un inicarico che si aggiunge al pacchetto delle politiche sull'immigrazione, già supervisionate dal braccio destro di Biden.

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