Rifugiati Rohingya: "Meglio la morte che tornare in Myanmar"

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Di Euronews
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Manifestazioni nei campi profughi in Bangladesh, dove la minoranza musulmana Rohingya, perseguitata in Myanmar, ha trovato rifugio. Le proteste hanno prodotto per il momento il blocco dei rimpatri

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"Non torneremo in Myanmar senza cittadinanza e senza diritti": manifestano i Rohingya nei campi profughi in Bangladesh, per protestare contro il programma di rimpatri, il cui inizio era previsto in queste ore. Sono sopravvissuti a un genocidio - così è stato definito dalle Nazioni Unite - e non vogliono rientrare.

"Non chiedeteci di tornare indietro", dice una donna, scampata alle persecuzioni dell'esercito del Myanmar, "Preferiamo che ci uccidiate qua. Hanno commesso abusi sessuali contro di noi, violenze. Hanno ucciso mio marito. Io ero incinta di tre mesi, e scappare da lì è stato difficilissimo".

Il Bangladesh ha assicurato che nessuno verrà riportato in patria con la forza, e che ci saranno missioni in Myanmar di leader Rohingya e rappresentanti delle Nazioni Unite, per verificare le condizioni di sicurezza. Il piano del Governo birmano, al momento bloccato, prevedeva il rimpatrio di 150 persone al giorno, per un totale di 2251 rifugiati degli oltre 700.000 arrivati in Bangladesh.

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