Svezia: un rifugio per i profughi cristiani del Medioriente

Svezia: un rifugio per i profughi cristiani del Medioriente
Di Euronews
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Robert e la sua famiglia sono fuggiti dal nord della Siria. Ora sono al sicuro: Sono in Svezia, a Södertälje.

La città industriale è ben nota tra le minoranze cristiane in fuga Siria e Iraq: 30.000 dei suoi 90.000 abitanti ha radici in Medioriente. Dall’autunno dello scorso anno la Svezia assicura un permesso di soggiorno permanente alla maggior parte dei rifugiati siriani. Robert e la sua famiglia vengono accolti da Ayoub Stefan, il sacerdote ortodosso di Saint-Gabriel, una delle sei chiese assire della città . Per i prossimi mesi nella città svedese sono attesi nuovi flussi di rifugiati, oltre che dalla Siria anche dall’Iraq.

“I cristiani – spiega Ayoub Stefan, sacerdote ortodosso – che provengono dall’Iraq arrivano dopo aver sofferto moltissimo. Senza un governo non esistono regole civili e i cristiani sono in difficoltà. Molti sono stati uccisi”.

Sono milioni i profughi che vivono nei campi rifugiati. Solo una minoranza si mette in viaggio verso l’Europa.
Södertälje è diventata una meta, dopo l’arrivo 50 anni fa di una prima comunità cristiana dal Medioriente.

Ora il punto d’incontro della comunità è il Centro Ronna, che si trova in un quartiere popolare della città. Qui si riuniscono anche rifugiati iracheni, che non beneficiano automaticamente del permesso di soggiorno permanente, malgrado abbiamo vissuto lo stesso orrore dei profughi siriani. Kheder è stato perseguitato in Iraq.

“All’inizio abbiamo pagato – racconta Kheder, rifugiato iracheno – Ma quando sono tornati per chiedermi altri soldi mi sono trovato in difficoltà. Allora mi hanno sequestrato insieme a mia figlia. Sono stato fortunato solo perché il conducente ha avuto un incidente. A quel punto ho aperto la portiera e sono scappato”.

Robert e famiglia hanno ora una nuova casa. Ricevono spesso degli ospiti, in questo caso il prete della loro chiesa. Ma si aprono a nuove culture. Lo fanno anche cercando di apprendere velocemente lo svedese.

Ma Robert non dimentica il passato: i sequestri gestiti dai terroristi, il racket delle estorsioni in Iraq e Siria che colpisce le minoranze, come i cristiani.

“So che due cristiani, un giovane e suo padre, sono stati sequestrati e uccisi – dice Robert Kouki, rifugiato siriano – Ora vengono rapiti tutti, i poveri, i benestanti, i ricchi. Tutti. Avevo paura non solo per me ma anche per le mie figlie”.

Le due figlie, hanno dieci e quattordici anni. Hanno già molti amici svedesi. E per il loro compleanno la festa rispecchia le tradizioni del loro nuovo paese di accoglienza.

“Quando sono arrivata in Svezia – racconta Adella, figlia di Robert – imparavo dieci parole al giorno e con i miei cugini che vivono qui da un po’ parlavo svedese. Conoscono abbastanza bene la lingua”.

Incontriamo Ibrahim. Da quando è arrivato dalla Siria sei mesi fa gioca nella squadra di calcio più esotica della Svezia, “L’assiro Super Stars”. La maggior parte dei giocatori sono cristiani provenienti dal Medioriente. Ma l’accesso alla squadra non è preclusa a nessuno. Hanno vissuto già una realtà drammatica nei loro paesi di origine.

“In Siria – sottolinea Ibrahim Touma, rifugiato siriano – c‘è una vera persecuzione contro i cristiani. Le donne sono molestate sessualmente. Gli uomini vengono discriminati quando indossano la croce. Sono considerati degli infedeli”.

Mentre il padre di Ibrahim, ha ottenuto un permesso di lavoro regolare ed è potuto entrare legalmente in Svezia con la famiglia. Aho si è affidato ai trafficanti. Partito dalla Siria ha attraversato Turchia, Grecia e Lettonia.

“Per arrivare in Svezia – dice Aho Gabriel, rifugiato siriano – ho pagato ai trafficanti più di 12 mila euro”

“Ora, con gli islamisti e il loro cosiddetto Stato islamico – racconta Ninous Toma, allenatore e rifugiato siriano – ci troviamo di fronte a una cosa completamente nuova: vogliono cacciare al più presto i cristiani della regione. La paura è tangibile all’interno della comunità cristiana dell’area. L’atmosfera nella regione è incandescente”.

Ibrahim vive nella periferia di Södertälje. È felice del suo percorso personale.

La città svedese è guidata da un sindaco socialdemocratico. La politica di accoglienza è un aspetto importante anche se nelle ultime elezioni il partito anti-immigrati è cresciuto. Una realtà complicata a fronte del fatto che per Ibrahim lasciare la Siria è stata l’unica salvezza.

“Un nostro parente è stato rapito dal gruppo terrorista di Al-Nousra mentre si trovava per la strada – racconta Ibrahim Touma – Hanno minacciato di tagliargli la testa. Non sappiamo se è ancora vivo. Per questo la mia famiglia ci ha spinto a lasciare il paese”.

La Cattedrale ortodossa di Södertälje e il Centro Culturale assiro si trovano in una zona industriale. Recentemente hanno subito due attacchi incendiari.

Il presidente della Federazione assira di Svezia, sottolinea che l’esodo a cui sono costretti migliaia di cristiani dal Medioriente minaccia la sopravvivenza di una cultura millenaria.

“In questi mesi, ogni giorno tra le dieci alle venti famiglie lasciano l’Iraq – testimonia Afram Yakoub, presidente della Federazione assira di Svezia – Di fatto stiamo per essere sradicati dalla regione. Chiediamo ai governi e ai loro politici di aiutarci a rimanere in Medioriente”.

Yakoub ha un appuntamento via skype con un amico in Iraq di fede cristiana, fuggito da Mosul per l’avanzare dei terroristi. Ha trovato rifugio in Dohuk, nel Kurdistan iracheno. Per motivi di sicurezza ha scelto lo pseudonimo, “Elia”.

“Ci sono state – chiede Afram Yakoub – discriminazioni tra musulmani e cristiani?”

“Le discriminazioni non sono iniziate ora – dice Elia, rifugiato all’interno dell’Iraq – I cristiani non hanno mai vissuto liberi qui, nemmeno durante l’era di Saddam Hussein. Non sono mai stati rispettati. Mi ricordo che ad ogni preghiera musulmana del venerdì denunciavano le tradizioni, i valori e i precetti cristiani”.

“Cosa ne pensi – prosegue Afram Yakoub – sull’armare le comunità assire in Iraq?”

“Certo che dovrebbero essere armate – dice Elia – Hanno il diritto di difendersi”.

La mattina seguente incontriamo di nuovo Ibrahim, alla sua scuola a Södertälje. Vuole vivere per sempre in Svezia. Il suo sogno è diventare ingegnere o architetto.

Chiediamo alla sua insegnante, Lena, qual è il metodo che utilizza per facilitare l’integrazione dei rifugiati nel paese.

“All’inizio spiego loro la nuova società in cui vivono – dice Lena Boström, insegnante – Poi facciamo molte gite, per scoprire la capitale, Stoccolma, o per imparare a gestire la vita quotidiana. Tanti rifugiati rischiano di rimanere intrappolati nel loro proprio mondo. Ma è importante partecipare alla società. “

I servizi sociali e l’Università svedesi hanno lanciato un’iniziativa per aiutare i rifugiati come Robert a rimettersi al lavoro nel loro nuovo paese. Con questa speranza , oggi, Robert ha un altro appuntamento con Horea, l’assistente sociale che segue il suo percorso professionale.

“In futuro – dice Robert Kouki – spero di poter iniziare la mia attività in proprio. Come ho fatto nel mio paese, la Siria”

“Cerchiamo di tenere presente le qualifiche dei rifugiati – dice Horea Arizcurinaga, assistente sociale – Le loro esperienze sono utili per la Svezia! Le aziende apprezzeranno di poter utilizzare la loro professionalità”.

Considerato il numero di abitanti, nessun altro paese dell’Unione Europea accoglie richiedenti d’asilo quanto la Svezia.
Chi seguirà questo corso sulla scia della solidarietà?

BONUS 1: Boel Godner

La città svedese di Södertälje accoglie rifugiati da Siria e Iraq molto più di qualsiasi altra città svedese o europea. Euronews ha incontrato il sindaco di Södertälje, Boel Godner (del partito social- democratico). A questo link potete ascoltare l’intervista (in inglese)

BONUS 2: Afram Yakoub

A questo link potete ascoltare l’intervista con il presidente della Federazione assira di Svezia, Afram Yakoub (in inglese) Euronews lo ha incontrato a Södertälje, a sud di Stoccolma.

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