Siria: il dramma dei rifugiati palestinesi, costretti a fuggire di nuovo

Siria: il dramma dei rifugiati palestinesi, costretti a fuggire di nuovo
Di Euronews
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La guerra civile in Siria ha costretto migliaia di rifugiati palestinesi ad abbandonare di nuovo le proprie case, 65 anni dopo l’esodo.

Sono 85mila le persone che hanno già lasciato la Siria per dirigersi in Libano (dati UNRWA). Molti di loro vivono nel campo profughi di Shatila, a Beirut. Nel 1982 in questo luogo e nel vicino campo di Sabra le milizie cristiane libanesi massacrarono centinaia di palestinesi, mentre l’area era controllata dall’esercito israeliano.

Il numero delle vittime non è stato mai quantificato con precisione. Alcune fonti parlano di almeno 800 i morti, altre di 3500.

Sawsan (nome di fantasia) vive qui. Racconta: “Per primo è arrivato mio marito in cerca di un lavoro. La situazione economica in Siria è insostenibile. Non esiste più un Paese. Qui è difficile vivere ma non avevamo scelta”.

“A dire il vero quando la situazione sarà migliorata, voglio tornare in Siria”, prosegue, “Il nostro futuro è lì. Vogliamo che i nostri figli abbiano un avvenire migliore”.

Nonostante gli aiuti che arrivano dall’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione (UNRWA) dei profughi palestinesi, la vita in Libano per questi rifugiati è piena di ostacoli.

Ci raccontano di come il governo li sottoponga a numerose restrizioni, ad esempio impedendo loro di esercitare diverse professioni.

Mahmoud Abbas, direttore di un centro giovanile a Shatila aggiunge: “Il governo libanese nega ai palestinesi di esercitare i loro diritti, di istituire associazioni, di muoversi liberamente dentro e fuori dai campi. I Palestinesi non possono avere una casa fuori dai campi profughi. Questa è una tragedia”.

Shatila nacque nel 1948 per accogliere 3000 persone. Ora qui vivono in 16mila. L’acqua e l’elettricità non sono sempre garantite.

Abbas dice ancora: “Sono condizioni in cui non possono vivere neanche i topi, neanche gli animali… Tantomeno gli esseri umani. Quelli che si lagnano di non avere fondi a sufficienza per sostenere l’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione (UNRWA) dei profughi palestinesi, hanno invece soldi per comprare le armi. Quei Paesi donatori, quei ricchi governi che trovano il denaro per la gente che combatte al confine con la Siria, non ne hanno per i campi di Bekaa e Akkar, e per questi poveri rifugiati”.

Secondo il governo in Libano ci sono più di un milione di rifugiati provenienti dalla Siria. Poiché il conflitto siriano non accenna a diminuire di intensità, Beirut ha dichiarato che non sarà più in grado di gestire i flussi di persone che varcano il confine.

Abu Yamen è arrivato in Libano un anno fa e racconta: “Ho deciso di lasciare Damasco per i miei sei figli. Tre di loro sono studenti universitari. Abbiamo sofferto molto sotto le bombe e i raid aerei. Non abbiamo nessun tipo di aiuto. Qui pago un affitto di 250 dollari al mese. Sono disoccupato, ma sto cercando di trovare un lavoro. L’ho cercato viaggiando qui in Libano, ma non ho trovato niente… Neanche come camionista. I miei figli anch’essi non riescono a lavorare. Stiamo aspettando degli aiuti da associazioni, istituti di carità e dall’Unione Europea… Ma non è ancora arrivato nulla”.

“Siamo in una situazione disastrosa, ma vogliamo tornare in Palestina, subito! Vogliamo tornarci perché la nostra terra è quella”, conclude Yamen.

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