Salvate i visoni in Grecia. Il Covid riporta sotto i riflettori la produzione di pellicce nell'Ue

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Di Julian GOMEZ
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La questione della salute dei visoni in tempi di pandemia ha risollevato il problema della produzione di pellicce in Europa. Un business che crea profitto e posti di lavoro, ma che alimenta anche molte polemiche.

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La questione della salute dei visoni in tempi di pandemia ha risollevato il problema della produzione di pellicce in Europa. Un business che crea profitto e posti di lavoro, ma che alimenta anche molte polemiche.

La quarantena dei visoni in Grecia

Lo scorso novembre la Danimarca ha annunciato l'abbattimento dei suoi 17 milioni di visoni per prevenire la diffusione del virus Sars-Cov-2 e l'eventuale trasmissione agli esseri umani. Uccisioni di massa di questi animali sono state effettuate anche nei Paesi Bassi e in Spagna.

Ma nel nord della Grecia, altro attore chiave del settore della pellicceria in Europa, le cose sono andate diversamente.

Questa regione, una delle più povere del paese, dipende fortemente da questa controversa attività. Abbiamo visitato uno dei circa 80 allevamenti della zona, dove vengono allevati un milione e mezzo di animali. Gli allevatori ci hanno autorizzati a entrare a condizione di rispettare rigide procedure, fra cui test pcr negativi. Una di loro, Nicole Bauduin, elenca le misure prese per proteggere i visoni: "Siamo rimasti molto sorpresi di sapere che questi animali fossero così sensibili al virus. Abbiamo cominciato subito a indossare mascherine e a disinfettarci le mani. Abbiamo smesso di lavorare in due nello stesso capannone. Abbiamo fatto tutto il possibile per tenere fuori il Covid. In questo momento tutti i lavoratori dell'allevamento sono vaccinati".

Misure, queste, oltre ai test periodici sui visoni, che sono fortemente consigliate dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie per prevenire contagi in quello che è definito un "ambiente ad alto rischio".

Quest'allevamento finora non ha registrato casi di Covid. Non è così per almeno il 15 per cento degli allevamenti in Grecia. Meno che nei Paesi Bassi ma sostanzialmente in linea con i paesi grandi produttori di pellicce come Danimarca o Svezia.

Qui però gli animali malati non sono abbattuti ma vengono messi in isolamento sotto stretto controllo veterinario. La dottoressa Zoi M. Thomou spiega in che modo: "Se troviamo animali positivi al Covid, scatta il protocollo di quarantena. Non uccidiamo più gli animali, aiutiamo gli animali malati in ogni modo possibile. Sappiamo che gli animali malati possono sviluppare immunità. Ma bisogna fare più ricerche".

Un'economia dipendente dalla produzione di pellicce

A spiegare la differenza d'approccio è la situazione economica della regione, dove la produzione di pellicce è il secondo settore che dà più lavoro dopo quello dell'energia. Solo nella città di Kastoria nella pellicceria lavora il 60 per cento dei 35 mila abitanti.

Visitiamo una conceria che lavora circa un milione di pelli all'anno. L'artigianato delle pellicce è un'antica tradizione nella zona, risalente all'epoca bizantina. Il proprietario della conceria è l'attuale presidente dell'associazione locale di pellicciai. Senza la pellicceria, sostiene, la regione andrebbe al collasso: "Il settore dà lavoro a migliaia di persone. C'è il settore dell'allevamento e poi c'è il settore della trasformazione, che produce abiti e pellicce prêt-à-porter. Sono oltre 2 mila le aziende della zona. Alcune sono piccole imprese familiari, altre sono grandi aziende".

Un grosso rivenditore della zona, per esempio, dà lavoro a circa 500 persone. Le pellicce sono disegnate e prodotte da abili artigiani. 18 mila di queste pellicce sono destinate ai mercati di Russia, Ucraina, Monaco o Svizzera. 

Le esportazioni di pellicce dalla Grecia hanno prodotto entrate per circa 70 milioni di euro nel 2020, erano 200 milioni di euro all'anno prima della pandemia.

La pandemia ha quindi costretto le autorità locali a cercare un delicato equilibrio fra tutela della salute pubblica e protezione di quella che per molte famiglie è l'unica fonte di reddito. Georgios Vavliaras, vice governatore della regione per lo sviluppo aziendale, conferma: "Qui la pellicceria è la principale fonte di reddito. Tutti gli altri settori dipendono dalla pellicceria e le crescono attorno. Quindi perderla creerebbe problemi molto seri. Ma al tempo stesso incoraggiamo la gente del posto a fare altri lavori. Vogliamo convincerli a convertirsi in altri settori. L'obiettivo è trattenere i giovani nella zona e farli lavorare. Vorremmo anche che quelli che se ne sono andati tornassero".

Ma non tutti sono convinti.

La risposta degli ambientalisti: "La pandemia ha peggiorato la condizione degli animali"

Gli ambientalisti, tradizionalmente contrari alla produzione di pellicce, sostengono che la pandemia stia aggravando le sofferenze degli animali. In un rifugio per specie selatiche ferite vicino alla città di Salonicco, incontriamo Stavros Karageirgakis, esperto di etica animale, convinto avversario degli allevamenti di animali da pelliccia. Per lui "Con la pandemia le condizioni di reclusione per questi animali sono peggiorate. Non possono evitare di contrarre il virus perché sono intrappolati in gabbie piccole, di pochi centimetri quadrati. In condizioni diverse potrebbero sviluppare l'immunità in altro modo, ma all'interno delle gabbie purtroppo non possono".

Gli ambientalisti non accettano le giustificazioni legate alla crescita economica. Dicono che l'allevamento degli animali da pelliccia è stato proibito o è in fase di graduale eliminazione in vari stati membri dell'Unione europea, indipendentemente dal potenziale economico. In altri paesi sono attualmente allo studio proposte di legge per vietare l'allevamento di animali da pelliccia.

Le Grecia non fa parte di nessuno di questi gruppi. Eppure il turismo, l'agricoltura e i servizi, sostiene Karageorgakis, potrebbero benissimo riempire il vuoto lasciato dalla produzione delle pellicce: "Penso che l'Unione europea possa svolgere un ruolo decisivo in questa sinistra realtà che stiamo vivendo, semplicemente vietando la produzione di pellicce in tutti i paesi europei. Naturalmente bisogna motivare e incoraggiare le persone, per scongiurare un'emorragia di denaro. Vanno offerte alternative attraverso programmi appropriati, in modo che questa pratica crudele finisca".

Rivenditori e allevatori non vogliono perdere la loro fonte di reddito. Gli artigiani vogliono trasmettere le loro abilità ancestrali. Le autorità cercano di proteggere salute pubblica e posti di lavoro. Gli ambientalisti continuano a lottare per il benessere degli animali. La pandemia ha esacerbato una situazione già estremamente complessa.

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