Beethoven e Rodrigo dall'Orchestra Rossini a Bologna

(ANSA) – BOLOGNA, 23 FEB – Dopo l’ottima accoglienza ottenuta
lo scorso anno con l’esecuzione del Requiem di Mozart nella
Cattedrale Metropolitana di San Pietro, l’Orchestra Sinfonica G.
Rossini di Pesaro torna a Bologna il 25 febbraio alle 21 per una
serata nel Salone Bolognini del Convento di San Domenico
organizzata, come quella mozartiana, dall’Associazione Amade’.
Oltre ad essere una delle formazioni in residence al Rossini
Opera Festival (una delle manifestazioni musicali più
prestigiose al mondo), l’orchestra pesarese vanta anche una
intensa attività sinfonica e da poco è stata riconosciuta dal
Ministero dei beni e delle attività culturali.
La Sinfonia N. 7 in la maggiore Op. 92 di Beethoven e il
Concerto de Aranjuez per chitarra e orchestra di Joaquin Rodrigo
sono due capolavori amatissimi dal grande pubblico della musica
classica a fare da colonna sonora principale della serata, la
quale sarà aperta da un brano in prima esecuzione assoluta,
“Leviathan”, del compositore ravennate Mario Quaggiotto.
Trentunenne, nel 2018 Quaggiotto si è aggiudicato il primo
premio al concorso di composizione bandito dalla Cineteca di
Bologna per musicare alcuni cortometraggi muti da poco
restaurati. Il Concerto di Aranjuez (il cui celeberrimo adagio è
stato utilizzato anche nel mondo del pop) verrà eseguito dal
chitarrista Carlos Rivero Campero, artista messicano laureatosi
al Conservatorio Martini di Bologna nella classe di Walter
Zanetti. Rodrigo descrive il suo concerto come ritmico e
vigoroso. Il secondo tempo, Adagio, una conversazione tra la
chitarra e l’orchestra, assume un carattere mistico, in cui
Rodrigo cerca di sfogare il dolore per la perdita del figlio.
Sul podio della Rossini salirà Juan Diego Miranda, che
dell’Associazione Amade’ è direttore artistico, anche lui
laureato al Conservatorio bolognese, che dovrà vedersela con
quel capolavoro assoluto che è la Settima Sinfonia di Beethoven.
Opera dedicata all’amico e benefattore, il conte Moritz Von
Fries, è considerata da Beethoven stesso “la più felice dei miei
lavori”. Governata dalla forza primordiale del ritmo, spirito e
motore di tutta l’opera, Richard Wagner la definì “L’apoteosi
della danza”. (ANSA).