Le parole sono dell'agente del romanziere britannico di origine indiana, che resta ricoverato in ospedale in condizioni comunque definite critiche, dopo l'accoltellamento nello Stato di New York
Salman Rushdie è sulla "via della guarigione" ma il percorso di recupero sarà lungo: parole dell'agente del romanziere britannico di origine indiana, che resta ricoverato in ospedale in condizioni definite critiche.
Suo figlio Zafar ha detto in un tweet che gli è stato rimosso un ventilatore, il che gli ha permesso di parlare e mostrare "il suo solito senso dell'umorismo esuberante e provocatorio".
L'aggressore di Salman Rushdie, Hadi Matar, si è presentato in tribunale a Mayville (Stato di New York) indossando una tuta a strisce bianche e nere, mani, ammanettate.
Accusato di aggressione e tentato omicidio, l'uomo, 24enne americano (nato in California, residente a Fairview, nel New Jersey), di origine libanese, si è dichiarato "non colpevole".
L'avvocato d'ufficio di Matar, Nathaniel Barone, si è però dichiarato colpevole a suo nome, durante l'udienza preliminare.
Dieci coltellate
Matar è accusato di aver aggredito Rushdie con dieci coltellate (tre al collo, quattro allo stomaco, una all'occhio destro, una al petto e una alla coscia destra): è avvenuto venerdì mattina, il 12 agosto, mentre lo scrittore inglese era ospite ad una conferenza alla Chautauqua Institution, nel sud-ovest dello stato di New York.
Rushdie, 75 anni, è tuttora ricoverato all'ospedale di Erie, in Pennsylvania, in condizioni ancora critiche, ma leggermente migliorate, nonostante i danni all'occhio, ai nervi di un braccio e al fegato.
Sabato sera è stato staccato dal respiratore e ha potuto riprendere a parlare.
A confermare la notizia è stato l'agente di Rushdie, Andrew Wylie.
Il procuratore Jason Schmidt ha definito l'attacco "mirato e premeditato".
L'aggressore, Hadi Matar - con evidenti simpatie per l'Iran e per l'estremismo sciita, almeno per quanto è stato trovato sul suo telefono cellulare - era giunto a Chautauqua giovedì, utilizzando un documento falso, una patente intestata ad un martire di Hezbollah.
Una vita da braccato
Salman Rushdie conduce da oltre 30 anni una vita da braccato. Da quando nel 1989. subi una fatwa - di fatto una condanna a morte - da parte l'Ayatollah iraniano Khomeini, a causa del romanzo "I Versi satanici", scritto nel 1988 da Rushdie, cittadino inglese nato in India (a Bombay) da famiglia musulmana.
Intanto a Yaroun, in Libano, al confine con Israele, la città natale del padre dell'aggressore Hadi Matar, in molti plaudono all'attacco.
E nella capitale dell'Iran, Teheran, la stampa di regime esalta l'attentatore definendolo "un eroe".