Caso riaperto 12 anni dopo incidente,forse gara auto clandestina

A processo amico della vittima,. Difesa, è estraneo
A processo amico della vittima,. Difesa, è estraneo
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Di ANSA
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(ANSA) - ANCONA, 07 LUG - A distanza di 12 anni è stato riaperto il caso della morte di Andrea Bolchi, deceduto il 30 gennaio 2010, dj, 28enne, residente a Senigallia, in un incidente stradale: la sua auto era finita contro un albero lungo la strada che da Serra De' Conti porta ad Arcevia. Ma per la Procura di Ancona la morte potrebbe essere avvenuta durante una corsa clandestina e un amico del giovane è a processo con l'accusa di omicidio stradale. A chiedere il giudizio immediato per Marco Pierantoni, 38 anni, commercialista di Macerata, è stato il pm Daniele Paci e oggi, al Tribunale di Ancona, si è tenuta la prima udienza davanti alla giudice Paola Moscaroli. A riportare il caso a galla sono state delle intercettazioni fatte dal Nucleo Investigativo del comando provinciale dei carabinieri di Ancona nell'ambito di una indagine per spaccio di droga, che non riguardavano l'imputato ma un suo conoscente. Da quelle intercettazioni sarebbe emerso che quella notte Bolchi non finì fuori strada da solo, ma ci sarebbe stata in corso una corsa clandestina di auto a cui avrebbero partecipato la vittima, il 38enne e una terza vettura. Per l'accusa sarebbe stato Pierantoni a mandarlo fuori strada, durante una gara di accelerazione, non agevolando una manovra di sorpasso e limitandosi a rallentare solo pochi istanti prima dell'impatto fatale per Bolchi. I familiari del dj, il padre Gabriele D'Annunzio, che in passato è stato l'elicotterista di Berlusconi, e la madre Virginia Vassena, si sono costituiti parte civile con l'avvocato Corrado Canafoglia e chiedono un risarcimento danni pari ad un milione di euro complessivo. La famiglia è originaria del Cremonese e per un lungo periodo ha abitato a Senigallia. L'imputato, a cui vengono contestate anche due violazioni del codice della strada, velocità e sorpasso, è difeso dall'avvocato Pierfrancesco Tasso del foro di Macerata. La difesa sostiene che "non c'era una gara in atto, le due auto si erano solo accostate perché il mio assistito avvisava l'altro che sarebbe andato a fare benzina" e intende dimostrare l'estraneità del 38enne durante il processo. (ANSA).

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