Morta in corsia: Corte, Poggiali non ha ucciso nessuno

(ANSA) – RAVENNA, 07 MAG – Nessuna manipolazione dei reperti
da parte dell’imputata, mancanza di un movente plausibile,
indici statistici sulla mortalità in corsia non riconducibili a
specifiche condotte, ma soprattutto il metodo con cui era stata
attribuita l’iniezione letale di potassio, non è accettato in
maniera unanime dalla comunità scientifica. In sintesi sono
queste le motivazioni con le quali la Corte d’Assise d’Appello
di Bologna ha spiegato l’assoluzione pronunciata il 25 ottobre
scorso nei confronti di Daniela Poggiali, la 49enne ex
infermiera accusata di avere ucciso l’8 aprile del 2014
all’ospedale ‘Umberto I’ di Lugo (Ravenna) la paziente 78enne
Rosa Calderoni a poche ore dal ricovero. “Ora, dopo sette anni,
si può dire con assoluta certezza che non esistono uccisioni
avvenute in passato o morti causate dalla Poggiali”, scrive la
Corte in un passaggio delle 253 pagine di sentenza.
“Una vicenda processuale molto complessa – ha chiarito il
presidente della Corte nonché estensore della motivazioni
Stefano Valenti, in pensione da fine 2021 – che come tale
“espone a un serio rischio di disorientamento”. Del resto si
trattava del sesto grado di giudizio, un appello-ter insomma: in
primo grado la Corte d’Assise di Ravenna aveva condannato
all’ergastolo l’imputata poi assolta in altrettanti appelli a
Bologna sconfessati da altrettante Cassazioni a Roma. “Se nel
testo della relazione” il consulente tecnico della Procura – si
legge nelle motivazioni – “avesse avuto cura di chiarire meglio
i confini, invero minimali, del consenso del suo metodo, si
sarebbero probabilmente evitati i cinque gradi di giudizio e
forse anche lo stesso rinvio a giudizio”. Inoltre “gli stessi
autori dello studio “hanno fatto ricognizione dei loro errori
ammettendoli ed emendandoli con uno studio del 2020”. Tanto che
se la consulenza fosse stata affidata ai medesimi esperti nel
2021, “il risultato sarebbe stato neutro”. (ANSA).