In viaggio sulla Lione-Torino: esiste un'opposizione francese al progetto TAV?

In viaggio sulla Lione-Torino: esiste un'opposizione francese al progetto TAV?
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Mentre il governo italiano è impegnato nella ridiscussio del progetto, Euronews ha percorso la linea (finora immaginaria) della ferrovia ad alta velocità Lione-Torino per capire cosa ne pensano i residenti francesi dei paesi coinvolti dalla maxi opera.

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Mentre il caldo dibattito sulla linea alta velocità Lione-Torino, progetto comunemente noto come Tav, sembra essere finito in ghiacciaia, almeno per sei mesi, Euronews ha cercato di rispondere ad una delle domande che - almeno in Italia - ci si pone spesso: cosa ne pensano in Francia? Quale la posizione di chi vive nei paesi interessati dai 270km di linea (il 70% dei quali sul territorio transalpino)? Esiste un'opposizione al progetto che non sia quella del movimento valsusino No Tav?

Fedeli al nostro motto All Views, All Voices, All Welcome, abbiamo dato parola ai residenti di tre comuni francesi lungo il tracciato e abbiamo sondato l'umore in Val di Susa, dove a fine maggio, i residenti saranno chiamati alle urne per le elezioni amministrative.

Sito ufficiale della società che realizza i lavori transfrontalieri, TELT
La mappa del progetto TAVSito ufficiale della società che realizza i lavori transfrontalieri, TELT

Prima tappa. Chimilin, dove il comune non può disporre delle terre "congelate" per il Tav

Partendo da Lione, dopo meno di un'ora di autostrada arriviamo a Chimilin, paesino di poco più di mille abitanti immerso nella campagna ma affacciato sulla rumorosa autostrada A43. Qui il sindaco Monique Chabert dal 1992 si oppone ad una linea che dovrebbe sfociare in territorio comunale da una galleria di 7.5 km, tagliarlo in due e proseguire il suo percorso verso Chambery, passando per un viadotto alto 20 metri.

Chabert ha tre problemi principali. Da una lato la minaccia del milione e mezzo di metri cubi di detriti di scavo che resterebbero sul territorio dopo la realizzazione della galleria, definita "un disastro per gli agricoltori e l'economia totale perché i detriti trasformerebbero le terre agricole in terre aride e inadatte alla coltivazione". Dall'altro l'impossibilità di utilizzare alcuni terreni appartenenti al Comune, come quello di due ettari di fronte alla fabbrica Aluminium Martigny. "Lo avevamo comprato a caro prezzo per destinarlo ad attività commerciali e ora non possiamo sfruttarlo. Il Municipio è stato indennizzato al prezzo di un terreno agricolo", ovvero - calcola Chabert - ad un quarto del prezzo originale di acquisto. "Una perdita secca importante".

Il terzo problema è la totale assenza di certezze, soprattutto sulla data di avvio dei lavori. Un'incertezza che non riguarda solamente il tanto contestato tunnel di base sotto il Moncenisio, ma anche i 140km di linee ferroviarie in territorio francese che dovrebbero farvi giungere i treni merci e i TGV destinati ai passeggeri. Nel febbraio 2018, il Consiglio d’Orientamento delle Infrastrutture francese ha proposto di rinviare l'inizio della costruzione delle vie ferrate e dei tunnel sulla tratta nazionale al 2038. Una nuova galleria, insomma, ma senza nuovi collegamenti almeno fino a metà secolo.

“Siamo di fronte ad un problema economico difficile da trattare, non solo per il fatto che il dossier è cambiato molto negli anni. C’è un progetto ma è avvolto nell’incertezza. Non ci sono date. Tutti aspettano, soprattutto noi del Comune".

Foto: Lillo Montalto Monella
Monique Chabert, sindaco di ChimilinFoto: Lillo Montalto Monella

Seconda tappa. Chapairellan e quella montagna fragile da cui dovrebbe passare un tunnel

La protesta francese non ha assunto le stesse dimensioni di quella italiana anche perché, finora, "i danni ambientali sono stati minori: l’autostrada tra Lione e Chambéry esisteva già e, per ora, il cantiere ha toccato solo la zona di Saint-Jean-de Maurienne, dove il tunnel è stato visto anche come una promessa di nuovi posti di lavoro. L'assenza di un coeso movimento di protesta contro il progetto Tav, come quello valsusino, si spiega anche per una ragione prettamente geografica.

Dall'altro lato delle Alpi, infatti, la linea alta velocità interessa un territorio vasto, fatto da tre dipartimenti (Rhône, Isère e Savoie) per un totale di 71 comuni. Ognuno diverso dall'altro. C'è quello dell'agglomerato urbano di Lione, quello in aperta campagna, quello arroccato sui pendii alpini e, infine, quello dal territorio collinare, ai piedi dei grandi massicci montuosi.

In quest'ultima categoria rientra Chapairellan, nessun bar e quasi 3mila abitanti abituati a fare la spola con Chambery o Grenoble per lavoro, salvo poi godere della tranquillità rurale all'ombra del Mont Granier. Come spiega Stephane, che di professione si è reinventato fornaio, "molti abitanti della regione si oppongono al progetto della Lione-Torino per una ragione geologica. Il tunnel passerebbe sotto il Mont Granier che è molto fragile. In passato ci sono già state frane: nel 1248 ha fatto 3mila morti [in realtà gli storici concordano su un migliaio di vittime, n.d.R.], e l'ultima volta nel 2016", quando 10mila metri cubi di roccia si sono staccati dalla montagna e hanno quasi lambito il centro abitato. Tanto che il friabile monte è stato paragonato ad un vulcano, "sempre in attività".

Al di là delle preoccupazioni idrogeologiche, il vicesindaco Gilles Forte evidenzia che il Comune è turbato per il continuo crescere dei costi del progetto. "La nostra opposizione è di tipo istituzionale, anche grazie ai nostri comitati civici" come il CCLT. Forte è uno degli amministratori locali che si oppongono all'opera a colpi di ricorsi al Consiglio di Stato.

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Chapairellan, da questa collina dovrebbe sbucare il tunnel della linea alta velocità Lione-TorinoLillo Montalto Monella

Le sue parole confermano quanto sostiene Daniel Ibanez, economista e storico oppositore francese alla Lyon-Turin. "In Francia i primi oppositori sono gli amministratori: il Consiglio generale dei Ponti e delle Strade, l’Ispezione generale delle Finanze, la direzione del Tesoro", senza dimenticare il parere della Corte dei Conti nel 2012 e 2016.

Amministratori al più alto livello repubblicano ma anche locali, ovvero i sindaci. Non solo quelli dei piccoli comuni ma anche le amministrazioni di Aix-les-Bains e Grenoble, il cui primo cittadino Eric Piolle ha ritirato ufficialmente il sostegno finanziario al progetto nel 2016. Sul fronte opposto, spicca il sì convinto di Chambery, di Lione e di tutta la regione Auvergne-Rhone-Alpes.

Terza tappa: Villarodin-Bourget, isolata roccaforte del no alla Lyon-Turin

Villarodin-Bourget è un villaggio di 500 anime arroccato sulla montagna che sovrasta Modane. Siamo nelle Alpi savoiarde, a pochi chilometri dal tunnel del Frejus. Qui, al contrario che altrove, i lavori sono già iniziati, eccome.

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Il cantiere TELT di Saint-Martin-La-Porte, dove "Federica" sta scavando il tunnel geognosticoLillo Montalto Monella

Dal 2002, gli abitanti protestano contro lo scavo della discenderia di 4 km completata nel 2007. Siamo a meno di mezz'ora di strada da Saint-Martin-La-Porte, dove c'è il cantiere dell'altro tunnel di sondaggio in cui è in azione la fresa ribattezzata "Federica" (qui per approfondire).

Dal paesino di Villarodin-Bourget, divenuto negli anni roccaforte dell'opposizione francese al progetto, si vede chiaramente quella sorta di collina artificiale "a gradoni" piazzata lungo il fiume L'Arc e fatta di milioni di tonnellate di materiali di scavo. Un simile colle artificiale, fatto di scarti, si ritrova anche al cantiere di Chiomonte, sotto i piloni dell'autostrada A32.

Fuori da alcune case sventola bandiera "No TAV". Il vicesindaco Philippe Delhomme e i suoi concittadini hanno frequenti scambi con il movimento italiano No Tav. I rappresentanti francesi di Villarodin-Bourget non fanno mancare la loro presenza alle manifestazioni, alle marce per l'ambiente e alle "riunioni festive" a cui partecipano gli attivisti valsusini.

Anche Gilles Margueron, sindaco di Villarodin-Bourget, lamenta una compensazione non adeguata per i terreni su cui si è insediato il cantiere e sottolinea che da queste parti TELT, la società che si occupa di gestire i lavori di scavo del tunnel di base, agisce da vero e proprio attore politico. "Ha voce in capitolo su ogni dossier che presentiamo alla Regione, visto l'impatto del cantiere sul villaggio". Delle 58 municipalità della Mauriene, quella di Margueron e Delhomme è l'unica che si è schierata apertamente contro i lavori. I sindaci della valle sono "favorevoli al progetto a causa degli incentivi economici e della creazione di posti di lavoro sul territorio".

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Il cantiere Tav di Chiomonte, in Italia, visto da GiaglioneLillo Montalto Monella

A Villarodin-Bourget la linea dovrebbe passare in galleria, sotto il villaggio, e proseguire la sua corsa verso l'Italia.

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"Dopo aver iniziato ad esaminare il progetto nei dettagli, siamo giunti ad una posizione di completa opposizione", dice Margueron ad Euronews. "Abbiamo pensato che l'opera fosse stata ben pensata da persone super-intelligenti, che sapevano il fatto loro, ma presto ci siamo resi conto che ciò che è stato previsto per il 2020 era l'opposto di ciò che si è realizzato. Ci è stato detto: 'Abbiamo commesso un errore nei numeri nel 2006, ma abbiamo già iniziato i lavori e ora dobbiamo portarli avanti'".

Molti degli intervistati sostengono che la complessità del dossier Tav, e le modifiche al progetto che si sono succedute nel corso degli anni, siano un ostacolo decisivo per la formazione di un movimento di opposizione. Nessuno ha più voglia di mettersi al tavolo e studiarsi tutte le carte, insomma.

Dopo una "pausa" per considerare gli investimenti strategici della nazione, Tav incluso, il governo Macron ha di recente ribadito il suo impegno ad onorare i trattati bilaterali, chiedendo all'Italia - per bocca del Ministro dei Trasporti Élisabeth Borne - di decidersi.

A 700km da Parigi, a Villarodin-Bourget, la guida alpina Sylvan denuncia la deturpamento delle riserve naturali del territorio che avrà un impatto sul turismo e sull'economia locale. "Cosa faremo se i turisti non verranno più d'estate?"

Philippe Delhomme, vice sindaco e presidente del gruppo "Vivre et Agir en Maurienne", critica il processo decisionale che ha portato alla realizzazione del cantiere. "Prima di realizzare un progetto, bisognerebbe chiedere ai residenti coinvolti il loro parere. Gli Stati ne hanno davvero bisogno? La gente del posto ne ha davvero bisogno? Hanno fatto il contrario. Si sono inventati un progetto e alla fine hanno chiesto agli abitanti: di che colore volete che sia il treno?".

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Si sono inventati un progetto e alla fine hanno chiesto agli abitanti: di che colore volete che sia il treno?
Philippe Delhomme
Vicesindaco di Villarodin-Bourget

Ultima tappa: Valle di Susa, dove i residenti sono stanchi di parlare di Tav

Dopo tre decenni di opposizione al cantiere, la Valle di Susa sembra essere scissa in due anime che respirano due tipi di aria differente. Una stanca, l'altra battagliera. La ribalta nazionale degli ultimi mesi non ha fatto altro che alimentare i due opposti sentimenti.

Il 26 maggio, 40 comuni su 48 saranno chiamati a rinnovare gli organi amministrativi (le elezioni saranno accorpate con le Europee). Al mercato del martedì, una commerciante locale di nome Marta ci dice: "Da quanti anni si parla di Tav, 30? Sembra che il problema dell’Italia sia solo la Tav. Che si faccia o che non si faccia hanno già stufato, non se ne può più”.

Dopo la grande crisi economica vissuta sul territorio tra gli anni '70 e '80, con la chiusura di molte fabbriche storiche soprattutto del settore siderurgico, negli ultimi anni in molti si sono ritrovati senza lavoro. "Questo porta ad una valutazione differente del progetto Tav. Sono stati promessi dai promotori dell’opera 50mila posti di lavoro, e questo ha acceso le speranze in chi fatica a trovare lavoro, di chi è rimasto senza o ha i figli che devono trovare occupazione. Ha diviso le opinioni della popolazione", racconta Giorgio Brezzo, redattore del settimanale storico della Valle, La Valsusa, foglio diocesano con sede nella piazza principale del paese.

Al momento, gli operai locali impegnati a Chiomonte, dove i lavori sono fermi, sono appena una decina. I 4mila posti di lavoro per il solo cantiere di cui si è parlato in passato sono in realtà poche centinaia all'anno, spalmati in dieci anni, fa i conti Il Fatto Quotidiano.

Dopo l'adozione del nuovo progetto nel 2005, alcuni valligiani hanno pensato che la protesta No Tav avesse raggiunto il suo obiettivo e hanno assunto posizioni più favorevoli al dialogo. "La divisione è molto netta, alcune famiglie non si parlano più tra loro. Diventa difficile trovare punti in comune tra favorevoli e contrari al Tav”, conclude Brezzo.

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Questa scissione condiziona la vita pubblica e la formazione delle liste elettorali in vista delle prossime elezioni amministrative, anche se secondo Brezzo il tema Tav non sarà più decisivo come in passato.

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Un murales nei pressi di Bussoleno, Val di SusaLillo Montalto Monella

Un altro ambulante del mercato, Carlo, ritiene che il Tav "potrà dare occupazione a una valle che ha perso tante industrie e lavoro. Gli operai faranno girare l'indotto, le imprese occuperanno gli alberghi, e per una Valle in cui gran parte della popolazione è costretta ad andare a lavorare nella zona di Torino è importante".

I No Tav non demordono: "Ce ne andremo un minuto dopo che se ne sono andati loro"

A Susa e dintorni quasi tutti conoscono il dossier a menadito. Stupisce il livello di dettaglio tecnico che si può raggiungere tirando fuori l'argomento Tav ai tavolini del bar. Ogni giorno, mentre la vita quotidiana prosegue nella sua lenta normalità, al cantiere del tunnel geognostico di Chiomonte - qualche km a ovest di Susa - il movimento No Tav fa "sentire la propria presenza" alle forze dell'ordine in maniera pacifica.

"La nostra presenza costante intorno al cantiere è più che giornaliera. La parte cattolica del movimento va a pregare quasi giornalmente per la terra devastata dal cantiere e, contemporaneamente, monitora quanto succede al uso interno. Tutte le settimane, che piova, nevichi o faccia caldo, persone del movimento partecipano a dei presidi. C'è quello del mercoledì in corrispondenza del Museo della Maddalena; c'è l'apericena del venerdì sera in corrispondenza di quello che viene definito da loro 'checkpoint' e, in maniera randomica, tutte le settimane, viene organizzata una cena in Val Carea".

A raccontarlo è Diego Fulcheri, attivista No Tav in pensione ormai da qualche anno, valligiano "acquisito" a partire dall'inizio degli anni '90. "L'aspetto più bello [del movimento] è la trasversalità, ovvero l'unione di persone provenienti da esperienze politiche e sociali diverse. Ci sono gli anarchici, ma anche i cattolici per la difesa della terra, i pensionati, i centri sociali... tutte persone che hanno due caratteristiche in comune: sono anti-fascisti e anti-razzisti".

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Lillo Montalto Monella
L'ingresso del cantiere per il tunnel geognostico di ChiomonteLillo Montalto Monella

Dalle reti metalliche con filo spinato che circondano il cantiere geognostico, Guido Fissore, altro attivista No Tav, mette l'accento sul ricambio generazionale in corso tra chi protesta contro il Tav. "Anziché aprire il cantiere a Susa, dopo le nostre proteste hanno deciso di aprirlo qui a Chiomonte, che è un posto isolato e militarmente controllabile. Loro sospettano che il movimento nel frattempo si sieda e tra 4-5 anni pensano di aprire tranquillamente il cantiere a Susa, in un’area che non è militarizzabile come qua. Noi che abbiamo iniziato siamo vecchietti, ma ci sono parecchi giovani che stanno crescendo e quindi troveranno opposizione anche quando cercheranno di aprirlo a Susa”.

L'ultima tappa del nostro viaggio è al presidio No Tav di Venaus, nato come gazebo sui terreni di esproprio ma diventato col tempo centro nevralgico della contestazione e luogo di socialità. Qui vive Fulvio, attivista che da quattro anni ha deciso di spostarvi la residenza per non lasciare mai sguarnito l'avamposto.

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Il presidio No Tav a VenausLillo Montalto Monella

"Col passare degli anni, il movimento No Tav è andato oltre la mera lotta al treno", racconta Fulvio ai microfoni di Euronews, "è diventato la ricerca di un modello di sviluppo diverso, attento ai bisogni del territorio e della società che ci vive. Qui si parla di buttare via miliardi e miliardi ma poi per le cose che sarebbero necessarie e servono, e darebbero occupazione, non c'è nulla. C'erano parecchie industrie in Valle, ora non c'è più nulla. Non dico che ci stanno prendendo per fame... ma abbiamo resistito, resistiamo e resisteremo".

La moglie di uno degli attivisti No Tav con cui abbiamo parlato è incinta, partorirà a breve. La loro secondo genita nascerà a Torino: all'ospedale di Susa il punto nascite ha chiuso i battenti.

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