Brexit, il primo dei tre voti decisivi a Westminster: cosa è cambiato?

Brexit, il primo dei tre voti decisivi a Westminster: cosa è cambiato?
Diritti d'autore Theresa May e il capo negoziatore per la Brexit, Michel Barnier, a Strasburgo, Francia, 11 marzo 2019. RUETERS/Vincent Kessler
Diritti d'autore Theresa May e il capo negoziatore per la Brexit, Michel Barnier, a Strasburgo, Francia, 11 marzo 2019. RUETERS/Vincent Kessler
Di Alasdair SandfordLillo Montalto Monella
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Vi spieghiamo cosa succede: il 12 marzo i deputati inglesi votano sulle nuove modifiche all'accordo di divorzio; se dovesse andare male, il 13 marzo dovranno pronunciarsi sull'uscita "caotica", senza accordo; se dovessero dire di no, il 14 marzo ultimo voto sulla possibile estensione.

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Nella lunga ed estenuante partita a poker tra Ue e Regno Unito per la Brexit, siamo arrivati al momento dello showdown, quello in cui a Londra si mostrano le carte e si vedono i bluff. Inizia infatti la tre giorni di votazioni al Parlamento inglese che ci farà capire se, come e quando Theresa May saprà condurre il suo Paese fuori dall'Unione Europea.

  • Martedì 12 marzo: i Parlamentari votano le nuove [modifiche all'accordo](Parlamento inglese vota:) ottenute a Strasburgo dalla premier; se vince il sì, il 29 marzo sarà Brexit Day. In caso vincesse il no...
  • ...mercoledì 13 marzo Westminster chiarirà se il Regno Unito lascerà la Ue senza accordo o meno; in un voto simile, quest'anno, la House of Commons ha già espresso parere contrario (318 voti contro 310);
  • Se dovesse vincere il no in entrambi i voti precedenti, giovedì 14 marzo ai deputati britannici verrà chiesto: volete chiedere alla Ue un'estensione dei termini per terminare i negoziati? Tre mesi, non di più. In tal caso, il Consiglio europeo dovrà pronunciarsi all'unanimità al summit del 21 marzo; alcuni leader europei come Barnier e Macron hanno già detto che il Regno Unito dovrà giustificarsi adducendo motivazioni negoziali concrete.

Qui trovate un'utile infografica de Il Post.

L'appello finale di Theresa May

Durante il dibattito alla Camera che anticipa il primo dei tre voti decisivi, Theresa May ha avvertito i deputati che dire no oggi alla sua Brexit rappresenterebbe un salto nel buio e che "non ci sono garanzie" che l'Ue sia disposta a concedere un rinvio rispetto alla data d'uscita del 29 marzo per evitare un no deal, né sulla durata di questo eventuale slittamento che dovrebbe essere approvato "all'unanimità da 27 Paesi".

La premier britannica ha poi elencato tra i "vantaggi" del suo accordo, "la fine della libertà di movimento dei cittadini Ue" nel Regno Unito, "la piena tutela reciproca dei cittadini", la fine della politica agricola europea e la possibilità di usufruire di un periodo di transizione per permettere a tutti di adattarsi alla Brexit. Ma soprattutto ha rivendicato la sua intesa come "un compromesso" rispettoso delle tradizioni del pragmatismo britannico e della "volontà popolare" espressa sia "nel referendum" del 2016, sia nelle "elezioni politiche" del 2017. Mentre ha sottolineato come il piano alternativo del leader dell'opposizione laburista, Jeremy Corbyn, per una Brexit più soft sia stata "già rigettato dal voto della Camera".

In cosa consiste la modifica all'accordo tra Ue e Regno Unito

Theresa May si è recata a sorpresa a Strasburgo per incontrare Juncker. Nella conferenza stampa congiunta, ha sottolineato i tre cambiamenti principali rispetto all'accordo già negoziato l'anno scorso (e bocciato a Westminster):

  • Uno "strumento comune" che consentirà al Regno Unito di ricorrere e abbandonare il meccanismo di backstop qualora la Ue dovesse cercare deliberatamente di mantenere il Regno Unito al suo interno in modo permanente, non negoziando in buona fede un nuovo accordo commerciale;
  • Una "dichiarazione congiunta Regno Unito-UE" in aggiunta alla dichiarazione politica sulle relazioni future tra le due parti. Impegnerebbe entrambi i contendenti a cercare soluzioni alternative per la frontiera irlandese al fine di sostituire il backstop entro dicembre 2020;
  • Il governo britannico dovrà presentare una propria "dichiarazione unilaterale" in cui si afferma che nulla impedirà al Regno Unito di prendere tutte le misure per abbandonare il meccanismo di backstop in caso di rottura delle relazioni.

Cosa ne pensa "l'avvocato" del governo britannico

Il principale consigliere legale del governo, il procuratore generale Geoffrey Cox, ha emesso un nuovo parere martedì mattina. Afferma che lo "strumento comune" dà "forma giuridicamente vincolante" agli impegni UE e rappresenta materialmente "obblighi giuridici nuovi".

Aggiunge che le modifiche giuridiche riducono il rischio che il Regno Unito possa essere tenuto in scacco a tempo indeterminato contro la sua volontà. Tuttavia, in modo cruciale, egli scrive anche che l'accordo di divorzio riveduto non darà al Regno Unito i mezzi legali per uscire unilateralmente dal backstop in caso di "differenze intrattabili".

La sua opinione gode di un'alta considerazione presso l'ala dura dei Brexiteers.

Il gruppo europeo di ricerca antieuropeo (ERG) dei deputati conservatori ha riunito un gruppo di avvocati per determinare se i cambiamenti soddisfino o meno le richieste iniziali. Il leader dell'opposizione laburista Jeremy Corbyn ha dichiarato che i negoziati sono falliti e che i deputati del suo partito saranno nuovamente invitati a votare contro l'accordo.

Come ha osservato il Guardian, se stasera l’accordo su Brexit venisse bocciato con un margine di voti ridotto – quindi se almeno si evitasse l’enorme batosta incassata da May nel primo voto di gennaio – il governo potrebbe proporre un terzo e ultimo voto sull’accordo originale già bocciato: una specie di tentativo disperato di evitare un “no deal”.

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