Brexit, cosa succede dopo il voto del Parlamento? Gli scenari possibili

Brexit, cosa succede dopo il voto del Parlamento? Gli scenari possibili
Diritti d'autore Dimostrazione contro la Brexit fuori dal Parlamento inglese il 9 gennaio scorso - REUTERS/Henry Nicholls
Diritti d'autore Dimostrazione contro la Brexit fuori dal Parlamento inglese il 9 gennaio scorso - REUTERS/Henry Nicholls
Di Emma Beswick
Condividi questo articoloCommenti
Condividi questo articoloClose Button

Martedì 15 gennaio, il primo ministro britannico Theresa May affronta alla Camera dei Comuni il verdetto sull'accordo per la Brexit proposto dal suo governo. Ecco cosa potrebbe succedere se la House of Commons lo rigettasse

PUBBLICITÀ

Martedì 15 gennaio potrebbe essere ricordato come il D-Day per il primo ministro inglese Theresa May: il Parlamento inglese è infatti chiamato a decidere se accettare o meno l'accordo raggiunto tra Downing Street e Bruxelles.

Se la House of Commons non approverà il piano, potrebbe riprendere forza l'ipotesi di una permanenza del Regno Unito nell'UE, tradendo così l'esito del referendum del 2016. È questo il messaggio che la Premier sta mandando tramite i media ai deputati, chiamati a esprimersi martedì sull'accordo.

Dopo cinque giorni di dibattito, i parlamentari diranno la loro su un documento di 599 pagine legalmente vincolante per il Regno Unito. Un testo che scandirebbe le modalità di uscita dalla UE e il quadro politico di riferimento per i rapporti commerciali tra le due parti. La pressione per May monta in maniera crescente e il voto arriva dopo una settimana di sconfitte per la premier: mercoledì scorso, i deputati hanno votato in favore di una finestra temporale limitata per presentare i prossimi passi qualora l'accordo venisse respinto.

Se il voto sull'accordo si fosse tenuto, come previsto in origine, nel dicembre scorso, il governo avrebbe avuto 21 giorni di tempo per ritornare alla Camera dei Comuni e stabilire il da farsi in caso di no all'accordo. Questa volta, invece, Theresa May avrà solo tre giorni di tempo pre presentare un piano B.

Gli scenari dopo il voto del 15 gennaio

Se i deputati dovessero accettare l'accordo proposto, il Regno Unito uscirà sicuramente dalla UE il prossimo 29 marzo 2019. Se dovessero bocciarlo, si aprirebbero scenari politici senza precedenti - almeno da decenni a questa parte.

Nel dicembre scorso euronews aveva parlato con Pieter Cleppe, responsabile dell'ufficio Open Europe di Bruxelles. "La maggior parte delle persone si aspettano che il trattato venga respinto dal Parlamento", ha dichiarato. Finora, Theresa May ha avuto una maggioranza di 13 voti alla Camera dei Comuni grazie al sostegno del Partito Democratico Unionista (DUP), ma la formazione nordirlandese ha promesso di votare contro questo accordo. Dello stesso avviso sono laburisti, Scottish National Party e liberaldemocratici. Circa 100 parlamentari hanno criticato l'accordo.

Nessuno al momento sa prevedere quanto dura potrebbe essere la sconfitta alla Camera per la May, ovvero quanti deputati faranno pollice verso.

Voto di sfiducia

Il leader dell'opposizione laburista Jeremy Corbyn ha ribadito la sua posizione: l'unica soluzione è il voto anticipato. Si sono impegnati a proporre un voto di sfiducia qualora l'accordo venisse respinto e, se sostenuto dalla maggioranza dei deputati, potrebbe costringere a indire elezioni generali.

Tuttavia Corbyn non ha indicato una specifica data per la mozione di sfiducia e attende di capire quando May sarà più vulnerabile.

Finora il primo ministro è rimasta saldamente al timone, sopravvivendo ad una mozione di sfiducia proposta da 48 membri del suo partito lo scorso dicembre dicembre. Per i successivi 12 mesi la sua leadership non potrà subire attacchi da parte dello stesso partito conservatore.

Secondo Cleppe, dato che la May gode della maggioranza in Parlamento, questo voto di sfiducia "dovrebbe essere un fallimento". In linea di massima, se dovessero essere convocate elezioni generali e dovesse cambiare l'inquilino di Downing Street, potrebbe succedere di tutto, da un secondo referendum sulla Brexit ad una soluzione no deal.

Nel caso di un secondo referendum o di elezioni generali, l'UE potrebbe decidere di prorogare l'articolo 50 oltre il marzo 2019. In tutta questa confusione, non si può escludere neanche l'ipotesi di un no deal caotico.

Sulla questione di un secondo referendum, in caso la Gran Bretagna dovesse eleggere un nuovo primo ministro, Cleppe ritiene che "tutto è possibile, ma sono tante le condizioni da soddisfare prima perché ci si arrivi".

Il partito laburista dovrà essere apertamente in favore di questa soluzione, ma finora Corbyn è rimasto nell'ambiguità. Proprio la settimana scorsa ha affermato che se dovesse vincere le elezioni, il partito laburista prenderà in considerazione una proroga dell'articolo 50 per guadagnare tempo per negoziare un altro accordo con l'UE.

Dimissioni di Theresa May

Boris Johnson, ex sindaco di Londra, arriva al lavoro in bicicletta REUTERS/Henry Nicholls

Perdere il voto di martedì farebbe certamente aumentare la pressione su Theresa May e la premier sarebbe chiamata da più parti alle dimissioni. Se dovesse lasciare, i conservatori dovrebbero eleggere un nuovo leader e in quel caso sarebbero due i candidati tra cui optare dopo uno scrutinio segreto. I membri del partito conservatore, circa 124mila (dato: marzo 2018), sarebbero dunque chiamati alla scelta binaria.

Theresa May rimane al suo posto

PUBBLICITÀ

Se May dovesse superare tutti questi ostacoli, potrebbe cercare un altro voto sul suo accordo. Potrebbe anche apportare qualche ritocco al pacchetto Brexit ma questo avrebbe bisogno dell'ok di Bruxelles e del Parlamento inglese.

Ma la scadenza del 29 marzo si avvicina e con esso lo scenario no deal, nessun accordo.

Tuttavia, come detto in apertura, May ha avvertito i parlamentari che a questo punto è più probabile che la Brexit verrà annullata del tutto piuttosto che lasciare la UE senza un patto chiaro. La Corte di giustizia europea ha stabilito in dicembre che il Regno Unito potrebbe legalmente annullare Brexit senza chiedere l'autorizzazione ai leader 

Aggiornamento: Uno degli Assistant Whip (sorta di vice capigruppo) del Partito Conservatore alla Camera, Gareth Johnson, ha annunciato le sue dimissioni per poter votare contro il testo proposto dalla premier. La decisione di Johnson conferma che la fronda in seno alla maggioranza stenta a rientrare. E che, anzi, l'annuncio di alcuni ex ribelli Tory di voler rientrare nei ranghi (una mezza dozzina fra ieri e oggi) appare almeno in parte compensato da nuove defezioni

Condividi questo articoloCommenti

Notizie correlate

Brexit, l'ultimo appello di Theresa May ai parlamentari: "Leggete di nuovo l'accordo"

Irlanda del Nord: Londra approva l'intesa sulla fine dello stallo politico

Irlanda del Nord: raggiunto un accordo con il governo del Regno Unito, fine al boicottaggio