Bosnia: elettori al voto in un Paese logorato da corruzione e fuga di cervelli

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Di Chris Harris
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E' il sistema elettorale più complesso d'Europa: domenica i cittadini di Bosnia ed Herzegovina saranno chiamati alle urne per eleggere il parlamento nazionale, la presidenza tripartita e i parlamenti delle due entità che compongono il Paese

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Domenica i cittadini di Bosnia ed Erzegovina saranno chiamati alle urne per eleggere il parlamento nazionale, la presidenza tripartita e i parlamenti delle due entità che compongono il Paese: la Federazione di Bosnia-Erzegovina, a maggioranza bosgnacca (i bosniaci musulmani) e croata, e la Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina, a maggioranza serba.

La federazione è inoltre divisa in altri 10 cantoni, ciascuno con la propria assemblea e il proprio governo. Quello bosniaco è uno dei sistemi elettorali più complessi in Europa, un'eredità dell'accordo di pace che ha posto fine al conflitto del 1992-95, con i serbo-bosniaci contrapposti a croati e musulmani.

Anche la presidenza nazionale è frutto di un compromesso. Invece di avere un solo presidente, l'ufficio è un organo condiviso, composto da tre membri, ciascuno dei quali rappresenta uno dei tre principali gruppi etnici.

Tra i problemi principali del Paese c'è la fuga di cervelli causata da disoccupazione e corruzione dilagante, ma è un tema che ha trovato poco spazio nel dibattito elettorale, dominato dalla retorica nazionalista e, secondo gli analisti, da un'eccessiva attenzione verso le divisione etniche che hanno alimentato la guerra civile degli anni '90.

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Chi sono i candidati favoriti?

La presidenza nazionale è la posizione di maggior rilievo. Sono più di una decina i candidati in corsa per ricoprire le tre posizioni.

Tra i favoriti, per i serbi, ci sono Mladen Ivanicm, uno dei tre presidenti attualmente in carica, e Milorad Dodik, presidente uscente della Repubblica Serba. Quest'ultimo si è battuto per una maggiore autonomia e l'eventuale secessione della regione dominata dai serbi.

Dragan Covic spera di ottenere il voto della popolazione croata della Bosnia e, sulla stessa linea di Dodik, vuole la creazione di una regione croata separata. I suoi avversari includono il candidato anti-nazionalista Zeljko Komsic.

Secondo Jasmin Mujanovic, esperto di politica bosniaca, i bosniaci sceglieranno probabilmente Sefik Dzaferovic o Fahrudin Radoncic.

Il favorito è Radoncic, un magnate dei media a volte chiamato il "Berlusconi bosniaco", ma lui e il suo partito, secondo Mujanovic, avrebbero legami con la criminalità organizzata.

Dzaferovic è dello stesso partito di Bakir Izetbegovic, attuale membro bosgnacco della presidenza, che non si è potuto ricandidare avendo raggiunto il limite massimo di mandati.

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I tre presidenti attualmente in carica con Papa Francesco: da sinistra a destra Mladen Ivanic, Bakir Izetbegovic e Dragan CovicReuters

Quali sono le questioni principali?

L'anno scorso la disoccupazione giovanile in Bosnia si è attestata intorno al 54,8% e questo, insieme alla corruzione diffusa, sta spingendo la gente a lasciare il Paese.

Secondo gli esperti il sistema sanitario sta crollando, le strutture pubbliche sono in sofferenza e l'istruzione è in una spirale discendente.

Un quadro cupo che però, stando agli analisti, non influenzerà il modo in cui la gente voterà domenica.

"C'è una catastrofica fuga di cervelli che si è acuita negli ultimi quattro anni. Tutti i partiti hanno cominciato a parlarne - ha detto Mujanovic -. La situazione è aggravata da un calo delle nascite e a breve termine dovremo fare i conti con il collasso demografico".

"In pratica, però, di questi problemi non si è discusso in modo significativo. Il discorso politico rimane intriso di retorica nazionalista, paranoia e sciovinismo".

Alida Vracic, politologa e fondatrice del think-tank Populari, ha detto a Euronews che nel futuro immediato la situazione non sembra destinata a cambiare, a causa dell'apatia degli elettori e del mecenatismo diffuso in politica.

"La società civile deve svegliarsi  - sottolinea Vracic -. Le persone al di fuori della Bosnia sono attive su ogni questione che le preoccupa. Il modo di farlo è esercitare una maggiore pressione sul governo, non credo che facciamo abbastanza".

"Senza nessuna pressione, i politici non faranno niente, perché mai dovrebbero? Dormono sonni tranquilli, perché sanno di non avere nessuna pressione addosso. In un Paese fragile come la Bosnia, in guerra negli anni '90, sembra che i politici non debbano fare granché per restare al potere".

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Il serbo-bosniaco Nedjeljeljko Matic, un profugo interno di Donji Vakuf, posa per una fotografia davanti alla sua casa in un centro di accoglienza a Bratunac, in BosniaReuters

Quanto è grave la corruzione in Bosnia?

Secondo Transparency International (TI), ONG che si occupa di lotta alla corruzione, nel corso della campagna elettorale c'è stata un'ondata senza precedenti di violazioni delle norme, abusi di fondi pubblici e discorsi improntati all'odio.

Una campagna, stando a TI, intrisa della stesa retorica etnica che ha contribuito ad innescare la guerra del 1992-95, sollevando dubbi sulla capacità del Paese di perseguire un percorso verso l'Unione europea e l'adesione alla NATO dopo il voto.

Secondo un rapporto di TI Bosnia i funzionari dei principali partiti serbi, croati e bosgnacchi hanno anche cercato di "comprare" i voti dei dipendenti pubblici aprendo nuove strade pubbliche e offrendo visite mediche gratuite, oltre a minacciare coloro che rifiutavano le lusinghe.

"Le funzioni del partito si sono totalmente fuse con le funzioni pubbliche", ha detto Ivana Korajlic, responsabile del programma di TI Bosnia, aggiungendo che non c'è stata una campagna elettorale così palesemente sporca dalla guerra degli anni '90.

"Gli abusi sono stati condotti nel modo più esplicito possibile. Le minacce dirette e gli attacchi, le pressioni sugli elettori e l'acquisto di voti, che in passato erano stati messi in atto in modo più discreto, sono diventati completamente trasparenti. Non c'è stato nessun tentativo di nasconderli".

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Milorad Dodik, in corsa per uno dei tre seggi della presidenza nazionale, stringe la mano al ministro degli esteri russo Sergei Lavrov dopo una riunioneReuters

C'è qualche speranza per la Bosnia?

Secondo Mujanovic, politologa dell'università di Elon nella Carolina del Nord, è improbabile che la situazione migliori fino a che Covic e Dodik avranno un'influenza così grande sulla politica bosniaca.

Questo perché, sostiene la politologa, entrambi ostacolano le riforme tanto necessarie e sono pronti a proteggere i loro feudi nelle rispettive regioni.

Dopo la guerra, Dodik si è presentato come l'uomo nuovo della Bosnia quando ha assunto le sue prime cariche nel 1998, soprattutto agli occhi della UE e degli Stati Uniti.

Dopo aver perso il potere, si è riproposto in una versione più estema nel 2006. "Oggi la sua retorica - sottolinea Mujanovic - è simile a quella di politici come Radovan Karadzic negli anni novanta".

"Dodik ha sostenuto più volte non solo che il genocidio di Srebrenica non sia mai avvenuto, ma anche che le forze nazionaliste serbe non abbiano mai commesso dei crimini di guerra".

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"Non rinuncerà pacificamente al potere e non è neanche il tipo che si atterrà ai risultati delle elezioni. Inoltre il suo rapporto con i russi è sempre più profondo".

Le cose possono migliorare?

"Si può dire che la Bosnia è uno Stato fatto fallire di proposito - afferma Mujanovic -. Ciò è dovuto in non piccola parte agli accordi di Dayton, anche se all'epoca erano necessari".

"La comunità internazionale, e in particolare l'UE, ha completamente abbandonato l'idea di una riforma costituzionale e politica sostanziale in Bosnia. Tutto ciò ha favorito l'affermarsi dei politici reazionari che vediamo oggi".

"A questo punto è molto difficile capire cosa fare. A mio avviso, la priorità è la lotta contro crimine organizzato e corruzione. Perché questo è il modo migliore per allontanare queste persone dal potere e creare i mezzi e le capacità per un lento processo di riforma".

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