Le manifestazioni, le occupazioni delle scuole e le violenze della polizia che hanno fatto il giro del mondo
Un anno fa in Catalogna si teneva il referendumnon autorizzato sull’indipendenza. Tutto inizia con una lunga notte di manifestazioni e l’occupazione delle scuole. Prima dell’inizio della votazione, la Generalitat autorizza un censimento universale per permettere a più di cinque milioni di cittadini di rispondere alla domanda: "Vuoi che la Catalogna sia uno Stato indipendente sotto forma di repubblica?".
La polizia nazionale e la guardia civil vengono schierate per impedire l’apertura dei seggi elettorali. Nel giorno del referendum le forze di sicurezza intervengono sequestrando le urne per ostacolare il voto. Si avvertono i primi segni di tensione a Sant Julià de Ramis dove Carles Puigdemont deve inserire la sua scheda nell’urna. Ci sono scontri tra manifestanti e polizia in tenuta anti-sommossa.
Il presidente della Generalitat catalana cambia seggio e vota a sorpresa a Cornella del Terri, vicino a Girona.
Nel frattempo le immagini delle cariche della polizia si diffondono sui social e fanno il giro del mondo. Vengono annunciati 400 feriti, che poi raddoppieranno.
Il Partito popolare al potere dichiara che il governo catalano è l’unico responsabile della situazione. Dopo l’irruzione delle forze di polizia, la sindaca di Barcellona Ada Colau attacca Mariano Rajoy definendolo un "codardo".
A fine giornata, a urne chiuse, il premier dichiara che "il referendum non c’è mai stato". "Quella alla quale abbiamo assistito oggi - dice - è stata una messa in scena. La spagna è uno Stato di diritto, mantiene la sua forza e resta in vigore, reagisce di fronte a chi vuole sovvertirlo”.
Al contrario, gli indipendentisti proclamano che la Catalogna ha guadagnato il diritto di essere uno Stato indipendente. Il referendum, secondo le autorità locali, ha avuto un'affluenza del 43%, con il 90% dei voti a favore del divorzio da Madrid.