In migliaia che vivevano nei pressi del viadotto non hanno più una casa
Genova il giorno dopo. Oltre ai danni materiali si fanno i conti con quei danni che si protrarranno più a lungo: i palazzi sventrati o costruiti in zone ormai troppo pericolose. E alle vittime dell'incidente mortale, costato la vita a una quarantina di persone, si sommano le famiglie che vivevano nella zona.
Così il nostro inviato: "Alle nostre spalle i palazzi che, costruiti sotto al viadotto, molto probabilmente non vedranno mai più i loro inquilini. Oltre 660 le persone sfollate e oltre 300 i nuclei familiari".
Col senno di poi quelle costruzioni a ridosso di un'arteria talmente importante sembrano ancora più assurde, ma questa era Genova sino a questo maledetto ferragosto 2018.
Dice un uomo: "È stata una disgrazia soprattutto perché a soffrire di più sono state le persone anziane. I giovani sono pochissimi. Anche a noi sono venuti a casa e ci hanno che forse dobbiamo andare via".
I sommersi e gli sfollati, oltre ai familiari delle vittime e a chi si è visto in un attimo scorrere la vita davanti, ci sono anche loro, persone che in un attimo hanno perso tutto e che non hanno più una casa.
Dice il presidente del municipio: "Le persone hanno bisogno di supporto fisico e psicologico. Nell'immediatezza dell'incidente le persone erano sotto shock. Il comune sta predisponendo un piano per appartamenti a lungo termine da dare a disposizione di queste persone che non possono rientrare a casa propria".
I genovesi però sono dubbiosi che i problemi possano risolversi in fretta e molti continuano a ritenere che il ponte non abbia ancora finito di fare danni. Lo pensano soprattutto quelli che non hanno più una casa.