Città che si riparano da sole: il drone che vola e riempie le buche con stampante 3D

Città che si riparano da sole: il drone che vola e riempie le buche con stampante 3D
Diritti d'autore Cortesia: University of Leeds
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Di Lillo Montalto Monella
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Abbiamo intervistato il professor Richardson, esperto di robotica: ci ha spiegato come prevenire la formazione di grandi buche facendo riparare a dei droni autonomi il manto stradale, con notevole risparmio di soldi (e tempo) per la collettività. "Città capaci di badare a se stesse in modo discreto"

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La città di un futuro neanche troppo lontano potrebbe essere in grado di ripararsi da sola: le buche nell'asfalto non esisterebbero grazie a droni volanti, dotati di stampanti 3D, in grado di effettuare manutenzione sul manto stradale prima che esso sprofondi.

Questa la visione del progetto di un consorzio di università inglesi, Self-Repairing Cities, che tra le varie sperimentazioni nel campo della robotica sta sviluppando dei robot in grado di stampare asfalto 3D per coprire le buche (nel video qui sopra potete vedere una dimostrazione, n.d.R.).

Il costo per la collettività delle voragini sulle strade è stimato in almeno un miliardo di sterline all'anno nella sola Gran Bretagna. L'auspicio del team di ricerca è quello che le città diventino simili a "foreste urbane, capaci di badare a se stesse in maniera discreta", "ecosistema sostenibile per i propri abitanti in armonia con la natura".

Proprio nei giorni in cui Beppe Grillo ha negato all'altoparlante l'esistenza di buche sull'asfalto di Roma, (Il Messaggero ha rifatto lo stesso tragitto, trovandone una ogni 60 metri, mentre Mattia Feltri su La Stampa scrive: "Grillo si prenda una mezza giornata e gliene facciamo vedere sei o settecentomila"), abbiamo intervistato uno dei responsabili del progetto, il professor Robert C Richardson, direttore dell'istituto di Design, Robotica e Ottimizzazione (iDRO) alla Università di Leeds (la cui municipalità è co-finanziatrice della ricerca).

Tra le innovazioni proposte dal suo team:

  • il drone a sei eliche che vola a riparare le fratture nell'asfalto ma anche quello "terrestre" con i sensori che valutano le condizioni del manto stradale e inviano report dettagliati;

  • il robot in grado di ispezionare le condizioni delle infrastrutture urbane in autonomia;

  • il robot che raccoglie la spazzatura nei quartieri;

  • i droni in grado di effettuare sopralluoghi e riparazioni subacquee o sotterranee;

  • veicoli volanti autonomi in grado di effettuare manutenzione e piccoli lavori sui lampioni stradali;

Richardson riferisce ad euronews che il drone ripara-asfalto è ancora in fase di sviluppo e dovrebbe essere pronto al lancio sul mercato, con dimostrazioni nelle fiere di settore, in un paio d'anni. "La visione finale è quella delle strade che si riparino da sole, senza che nessuno comandi il drone da remoto con un joystick. Quando è rilevata una crepa - da una macchina a guida autonoma, un robot o un uomo - il drone viene inviato a ripararla".

"Non parliamo qui di grandi buche di mezzo metro di diametro. Se si riesce a riparare piccole o medie crepe sull'asfalto prima che esse si ingrandiscano, non avremo più un asfalto pieno di buche. Si tratta di una situazione molto proattiva. In questo scenario, una piccola quantità di materiale potrebbe prevenire l'ingrandirsi del problema. Un circolo virtuoso in cui si usa meno energia e vengono prodotti meno scarti che evita l'invio di grandi camion, i quali devono versarvi dentro grandi quantità di materiale riparatore. Una soluzione di solito goffa e temporanea".

Al momento il drone può riparare crepe lunghe 5mm "senza problemi". Grazie alla stampa 3D, è possibile aggiungere nella miscela diversi componenti chimici per una maggiore efficacia della riparazione, così da renderla più resistente.

Nessuno pensa ai posti di lavoro persi?

Rispetto alla viabilità commerciale e al tema etico della sostituzione della manodopera umana, Richardson risponde così: "Se si pensa allo stipendio di un operaio con un badile, allora il business case potrebbe non reggere. Ma le due cose non si possono comparare. Il drone costa sulle 20mila sterline al momento, ma una volta entrato in produzione costerebbe sensibilmente meno. La viabilità economica, tuttavia, ruota intorno al fatto di non avere più lavori stradali, ritardi o grandi camion per le arterie di traffico", dice il professore di robotica. "La visione è ovviamente quella di non avere più interruzioni nel traffico che fanno perdere grandi quantità di denaro alla collettività".

Rivoluzione a portata di mano: i robot che riparano i tubi dall'interno

Ironicamente, aggiunge il prof. Richardson, i primi droni che potremmo vedere in azione saranno quelli invisibili all'occhio umano, ovvero i robot che lavorano per riparare le tubature dall'interno.

"Si tratta del miglior business case che abbiamo al momento", anche perché "molti problemi stradali derivano dall'esplosione di tubature sotterranee che creano delle perdite. Rompere l'asfalto, scavare per risolvere la perdita e poi riempire il buco, se non fatto propriamente, può causare ulteriori danni".

Cortesia: Università di Leeds

Regno Unito: una buca riparata ogni 21 secondi

Nel Regno Unito, l'anno scorso sono state riempite 1.7 milioni di buche per un costo complessivo di 102.3 milioni di sterline. Una ogni 21 secondi. Le cause intentate contro i consigli municipali per i danni alle macchine sono stati di oltre 28 milioni di sterline. Per una riparazione a tappeto ci vorrebbero 14 anni per un costo di 9.3 miliardi di pound.

Negli Stati Uniti, i danni ai mezzi sono stati stimati in 3 miliardi di dollari l'anno, calcola l'AAA. In India, uno dei paesi che potrebbero essere più interessati agli sviluppi, secondo Richardson, nel 2015 ci sono stati 10.876 incidenti per via delle buche. Senza contare gli ingorghi che si creano per favorire le riparazioni e aggravano ancor più la situazione del traffico nelle megalopoli del paese.

"Almeno nel Regno Unito, il tasso di apparizione delle buche sulle strade è maggiore rispetto a quelle riparate, è una battaglia persa", conclude il prof. Richardson. "L'obiettivo è quello di usare la tecnologia per liberare i lavoratori con più competenze dal riempire le buche di bitume - non che ci sia nulla di male - e farli dedicare ad altri lavori in cui si richiede una maggiore competenza tecnica, con maggiore soddifazione".

In Italia, Roma è forse l'esempio mediaticamente più eclatante ma la situazione in molte aree non è certo migliore ed è stato calcolato che per rimettere in sesto l'intera rete stradale ci vorrebbero almeno 42 miliardi di euro.

La speranza del progetto Self-Repairing Cities è quella di avere "ogni parte dell'infrastruttura in Gran Bretagna mantenuta da robot" nel 2050 ma iniziare a vedere in azione droni intelligenti, che possono prescindere dall'intervento umano, già nel 2025, fra sette anni.

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