In quali paesi europei ci sono più o meno diritti per le comunità LGBTI

In quali paesi europei ci sono più o meno diritti per le comunità LGBTI
Diritti d'autore REUTERS/Florion Goga
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Di Alice CuddyLillo Montalto Monella
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Un nuovo indice mette confronto leggi e politiche in Europa: mostra come la corsa verso pari diritti stia rallentando, in Europa. L'Italia ha ottenuto un punteggio di 27 su 100.

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I paesi europei devono fare di più per proteggere i diritti delle persone gay, lesbiche, bisessuali, transessuali e intersex (LGBTI), Italia inclusa. Lo indica un nuovo indice secondo cui i progressi in tema di politiche e legislazioni stiano procedendo con il freno a mano tirato in tutto il continente. 

L'indice Rainbow Europe, pubblicato oggi dal gruppo di advocacy ILGA-Europe, classifica 49 paesi in base al loro sistema legislativo e alle politiche adottate per garantire parità di diritti alla comunità LGBTI, assegnando un punteggio compreso tra 0% (gravi violazioni dei diritti umani, discriminazione) e 100% (rispetto dei diritti umani, piena uguaglianza).

L'Azerbaigian ha ottenuto il punteggio peggiore nella classifica di quest'anno, con semaforo verde nel 5% dei criteri che misurano le politiche di uguaglianza e non discriminazione, il riconoscimento giuridico delle differenze di genere, i crimini motivati dall'odio e lo spazio occupato in seno alla società civile.

L'ILGA-Europe cita i raid della polizia contro esponenti della comunità LGBTI e le dichiarazioni pubbliche offensive da parte dei politici come alcuni dei problemi principali del paese.

L'Italia ha ottenuto un punteggio di 27 su 100.

Male la situazione in Armenia, Turchia e Principato di Monaco. San Marino figura appena sopra la Russia. 

Qui la lista completa dei criteri utilizzati che includono adozioni, politiche sanitarie, diritto all'asilo, possibilità di effettuare comizi pubblici, diritto al matrimonio o all'unione civile. 

All'interno dell'Unione Europea è la Lettonia la nazione ad avere il punteggio più basso, 16%, seguita dalla Polonia (18%) e dalla Lituania (21%).

Malta è in testa alla classifica per i diritti LGBTI con un punteggio superiore al 91%, con passi positivi nell'ultimo anno, tra cui la legalizzazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso in luglio.

Anche Belgio, Norvegia, Regno Unito e Finlandia hanno ricevuto punteggi più alti per via delle norme progressiste in termini di politiche LGBTI. 

L'indagine ha rilevato che solo 16 dei 49 paesi valutati ha ottenuto punteggi superiori al 50%, e che diversi stati storicamente considerati "pionieri della parità" non hanno compiuto progressi significativi nell'ultimo anno.

"In fatto di uguaglianza LGBTI, la percezione che lo stato dell'arte sia positivo al 100% è ben smentita. Il lavoro è ben lungi dall'essere fatto", ha detto il gruppo a euronews, invitando i governi a "sostenere pienamente" politiche e leggi progressiste e a mettere in atto quanto già deliberato.

"Sono in gioco gli incredibili risultati dell'ultimo decennio. Non commettiamo l'errore di pensare che abbiamo raggiunto l'uguaglianza", ha dichiarato Evelyne Paradis, Direttore Esecutivo di ILGA-Europa. "Ci sono troppi segnali che tendenze come populismo e nazionalismo non siano solamente definizioni poltiche ma possono avere un impatto duraturo sulla vita delle persone LGBTI in Europa".

La sentenza della cassazione, non trascrivibili i matrimoni "omoaffettivi" fatti all'estero

Proprio il giorno della pubblicazione di questa classifica arriva notizia che la Cassazione ha deciso che non sono trascrivibili, all'anagrafe italiana per contrarietà all'ordine pubblico, i matrimoni omoaffettivi celebrati all'estero tra un cittadino italiano e uno straniero. 

Queste nozze però non sono prive di tutela e riconoscimento perchè sono 'convertibili' in unioni civili, anche quelle contratte prima che il nostro Paese approvasse la legge sulle unioni civili del 2016. 

Lo sottolinea la Cassazione nella prima sentenza che affronta il tema della validità del matrimonio celebrato all'estero tra partner omosessuali, di cui uno italiano. Così la Suprema Corte ha respinto il ricorso di un brasiliano e di un italiano, sposati in Brasile nel 2012 e in Portogallo nel 2013, che avevano chiesto all'ufficiale dello stato civile di Milano di trascrivere le loro nozze. Davanti al rifiuto, convalidato dalla Corte di Appello nel 2015, hanno protestato in Cassazione, insieme alla 'rete Lenford', dicendo che la "conversione" e' un "downgrading" discriminatorio. Per gli 'ermellini', invece, è il frutto di una "discrezionalità legislativa" rientrante nel "potere degli Stati".

Una delle raccomandazioni di ILGA-Europe all'Italia è proprio quella di garantire l'uguaglianza del matrimonio - oltre a consentire le adozioni.

**Questa la checklist italiana. **

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