Guerra in Iraq, Chilcot: "Si poteva evitare". Blair si difende: "Ero in buona fede"

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Di Euronews
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Tony Blair invase l’Iraq nel 2003 senza che ci fosse una minaccia imminente di Saddam Hussein contro l’Occidente.

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Tony Blair invase l’Iraq nel 2003 senza che ci fosse una minaccia imminente di Saddam Hussein contro l’Occidente. Secondo il rapporto britannico sulla guerra in Iraq, l’allora premier presentò prove sul fatto che Saddam Hussein avesse armi di distruzione di massa “con una certezza che non era giustificata” .

“È ormai chiaro che la politica in Iraq è stata costruita sulla base di valutazioni e informazioni errate che non sono state contestate come avrebbero dovuto essere. Blair ha detto che le difficoltà incontrate in Iraq dopo l’invasione non potevano essere note in anticipo. Non siamo d’accordo”, ha detto John Chilcot, il presidente della commissione d’inchiesta sulla partecipazione del Regno Unito all’intervento militare in Iraq del 2003.

“Ho agito in buona fede e nell’interesse del Paese”, si è difeso l’ex premier. Tony Blair respinge l’accusa di aver mentito, il parlamento e il governo non furono ingannati e non si trattò in segreto l’impegno ad andare in guerra.

“La decisione di andare in guerra in Iraq e deporre Saddam Hussein, all’interno di una coalizione di 40 Paesi guidata dagli Stati Uniti è stata la più difficile e sofferta che ho dovuto prendere nei miei dieci anni da primo ministro. Di questa scelta mi prendo la piena responsabilità, senza eccezioni o scuse”, ha dichiarato Blair.

Parole che non hanno alleviato il dolore né acquietato la fame di giustizia delle famiglie dei 179 soldati britannici uccisi nel conflitto. Persone che non hanno mai smesso di denunciare le menzogne di Tony Blair.

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