In Ungheria è scoppiata la guerra degli slogan. Da un lato quelli del governo, che recitano: “Se vieni in Ungheria non puoi togliere il lavoro agli
In Ungheria è scoppiata la guerra degli slogan. Da un lato quelli del governo, che recitano: “Se vieni in Ungheria non puoi togliere il lavoro agli ungheresi”.
Dall’altro, quelli ideati da un piccolo movimento di opposizione per dare il benvenuto ai migranti e scusarsi per un primo ministro come Victor Orban.
L’accoglienza è più che mai terreno di scontro politico, da quando l’esecutivo ha iniziato a distribuire questionari che accostano i migranti ai terroristi.
“Siamo solo curiosi di sapere cosa ne pensano gli ungheresi – si giustifica Zoltán Kovács, portavoce del governo – perché, lo si voglia o no, l’immigrazione è una questione politica, tanto per l’Europa quanto per l’Ungheria”.
A rispondergli è Gergő Kovács, leader del mini-partito Two-tailed Dog Party, che dice: “Non è giusto che vengano spesi soldi pubblici per una campagna di odio. Molti ungheresi non la pensano come il governo”.
La cosidetta “consultazione nazionale sull’immigrazione” è un formulario in cui si chiede, tra l’altro, se gli ungheresi concordino con l’affermazione che gli immigrati rappresentano un pericolo per il lavoro e per le prestazioni sociali.
Un’iniziativa che ha attirato su Orban la condanna del Parlamento europeo, con tanto di richiesta alla Commissione Juncker di valutare lo stato della democrazia in Ungheria.
La corrispondente di euronews da Budapest, Andrea Hajagos, spiega che “il governo tenta di riconquistare gli elettori sensibili alla retorica dell’estrema destra xenofoba. Ma così facendo rischia di perdere ancora più consenso”.